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EDITORIALE

Uno spaccato dell'umanità davanti allo scandalo del male

Jaume Huguet, artista spagnolo del XV secolo, dipinge un’ultima cena solenne. È una mensa che ci apre alla verità della nostra origine e ci riconsegna alla grazia un tempo perduta. E ci richiama alla posta in gioco, alla lotta profonda che si scatena sotto la superficie, al mistero dell'iniquità in atto.

Editoriali 02_04_2015
Jaume Huguet, Ultima Cena (circa 1470), Museo di Arte Catalana, Barcellona

Jaime Huguet, Ultima Cena (circa 1470), Museo di Arte Catalana, Barcellona

 

Jaume Huguet, artista spagnolo del XV secolo, dipinge un’ultima cena solenne. Gli apostoli siedono a mensa con abiti ricamati d’oro, degni del banchetto eterno al quale sono stati convocati. Non lo sanno ancora però e i loro volti tradiscono pensieri quotidiani e il carattere proprio di ciascuno. Sono come noi: per la Pasqua ci vestiamo a festa ma non sempre siamo compresi del senso profondo dei gesti che la liturgia ci dona di compiere. L’abitudine, un pizzico di superficialità, l’obnubilamento della coscienza hanno spesso la meglio su di noi.

Nessuno ci guarda qui, tranne Gesù, la sua figura vestita di bruno, colore della terra con cui denuncia la sua vera umanità, è già proiettata verso un futuro lontano. Proprio come il suo sguardo. Gesù infatti, regge anacronisticamente il calice e l’ostia. Quel pane e quel vino sono il suo corpo e il suo sangue. Ora noi lo sappiamo.

Sulla tavola del resto ci sono i simboli della fede cristiana: l’agnello al centro della tavola (simbolo dello stesso cristo Redentore); l’acqua e il vino e sette pani rimando all’eucaristia offerta a tutti, anche ai non ebrei. Un vasetto porta sale in primo piano e un bicchiere d’acqua dorato sono segni del battesimo che ci rende partecipi della sapienza del Padre. Cristo è benedicente e solleva tre dita, rivelando il Mistero della Trinità. Delle tre dita, l’indice e il medio sono uniti, per indicare la verità delle sue due nature, quella umana e quella divina. 

Il placido abbandono di Giovanni contrasta con il gesto rapido e quasi furtivo di Giuda, vestito di bruno come Gesù, che sta intingendo del pane nel piatto dell’Agnello. Davanti a lui, infatti, c’è l’unico pane spezzato. I sinottici indicano il traditore come Colui che intinge il boccone nel piatto del Salvatore. Ed eccolo qui immortalato nel gesto profetico che segna il suo sacrilegio. A ben vedere è l’unico distratto, l’unico non reattivo di fronte alla rivelazione di Gesù del tradimento che lo porterà a morire.  Gli altri, escluso il placido Giovanni, s’interrogano reagiscono, Pietro già impugna il coltello con il quale nel Getsemani taglierà l’orecchio al servo Malco.

Jaume Huguet ci offre lo spaccato dell’umanità di fronte allo scandalo del male. Giuda è l’uomo dalla coscienza sporca che fa l’indifferente, finge di non aver capito di essere interessato ad altro. Forse è anche infastidito della reazione scomposta di tutti gli altri. Sembra il fotogramma di una certa fetta della nostra società, anche cristiana, che di fronte allo scandalo dei tanti sacrilegi che s’impetrano contro l’uomo e contro i sacramenti, finge di non vedere, è infastidita di fronte a chi denuncia, a chi reagisce.

La firma dell’autore, però, è proprio in primo piano. Quasi quasi non la si vede, tanto è ben occultata. Non la si vede ma c’è. In primo piano, sotto le panche dove siedono gli apostoli, ci sono due animali: un gatto e un corvo. L’uno guarda l’altro sfidandolo. Il gatto, considerato simbolo del maligno perché usato per certi riti esoterici, è accanto a Giuda, sembra pronto a balzare sul corvo per ucciderlo.  Il corvo invece è ritto, tranquillo, trattiene la sua preda, un’arancia tagliata a metà. Talora il corvo è pure un simbolo di sventura per la sua abitudine a cibarsi di carne putrefatta, ma qui rappresenta il bene, il segno dell’uomo di Dio. Un corvo, infatti portò a Elia il cibo (pane e carne) per ordine di Dio. Ora qui il corvo custodisce un frutto che nell’iconografia cristiana è sempre un rimando all’albero della vita. Adamo ed Eva avevano mangiato indegnamente di quell’albero, ora però il giardino è riaperto e il frutto riconsegnato all’uomo nella liceità. Infatti davanti al piatto con l’Agnello (che al pari del corvo verso il gatto sembra aggressivo verso il traditore), c’è un’arancia. Ecco svelato al fine il mistero: questa mensa ci apre alla verità della nostra origine e ci riconsegna alla grazia un tempo perduta.

La verità è che noi, al pari degli apostoli non capiamo quale sia la posta in gioco, rimaniamo con lo sguardo a livello della superficie senza accorgerci che sotto si scatena un’altra lotta. Nel dibattito recente che tocca aborto ed eutanasia, identità di genere e distruzione della famiglia, ci perdiamo in mille questioni, mentre la realtà in gioco è più occulta e c’è qualcun altro che manovra, anche i Giuda della situazione. Forse varrebbe la pena di fermarsi un po’ e ponderare nel silenzio e aprire gli occhi, per vedere il mistero dell’iniquità in atto, che c’è, ma come il gatto e il corvo di Huguet non subito si vede.