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ADOZIONI

Utero in affitto: così le femministe hanno svelato l’inganno

Un gruppetto formato da una decina di onorevoli del Pd abbia proposto agli alfaniani un compromesso onorevole: votateci la Cirinnà – la proposta di legge sulle unioni civili omosessuali – e noi stralceremo dal testo di legge la stepchild adoption, facoltà che permetterebbe ad un partner della coppia omosessuale di adottare il figlio naturale riconosciuto o adottivo dell’altro partner. 

Vita e bioetica 08_12_2015
Femministe contro l'utero in affitto

In queste ore il premier Renzi starà con una margherita in mano ripetendo: «Stepchild adoption sì, stepchild adoption no, stepchild adoption sì, stepchild adoption no…». Pare, infatti, che un gruppetto formato da una decina di onorevoli del Pd abbia proposto agli alfaniani un compromesso onorevole: votateci la Cirinnà – la proposta di legge sulle unioni civili omosessuali – e noi stralceremo dal testo di legge la stepchild adoption, facoltà che permetterebbe ad un partner della coppia omosessuale di adottare il figlio naturale riconosciuto o adottivo dell’altro partner. «Credo si possa giungere a una soluzione utile per tutti. Non è quindi peregrino pensare a uno stralcio della stepchild adoption», dichiara la senatrice renziana Rosa Maria Di Giorgi. 

Cede al compromesso anche Carlo Giovanardi: «Se l’obiettivo è quello di cancellare ogni forma di eventuale discriminazione e di garantire i diritti alle coppie omo ed etero sessuali che non vogliono o non possono accedere al matrimonio previsto dall’articolo 29 della Costituzione, il consenso in Parlamento è pressoché unanime». Ma c’è chi si oppone a questo compromesso. Ivan Scalfarotto e Monica Cirinnà scrivono una lettera a Repubblica con l’intento di «mettere un po’ di laico ordine sul tema della stepchild adoption». In realtà, come vedremo, cercano invano di far quadrare il cerchio attraverso mal riusciti salti mortali. Da una parte affermano che la stepchild adoption rappresenta un «istituto che è parte qualificante del ddl sulle unioni civili» e quindi non può essere stralciata dal disegno di legge. Dall’altra rifiutano l’utero in affitto, pratica che – come è intuibile – riguarda soprattutto le coppie omosessuali maschili. Perché questo riferimento alla maternità surrogata?

Lo scorso 4 dicembre le femministe di “Se non ora quando libere” hanno lanciato un appello «per chiedere all’Europa di mettere al bando la pratica dell’utero in affitto». La motivazione, nella prospettiva da loro sposata, è intuibile: tale pratica prevede di usare la donna come un’incubatrice di carne perlopiù a pagamento. Una prostituzione procreativa (ovviamente della dignità del bambino che nasce in questo modo non si fa cenno). Ma dire no all’utero in affitto significa dire no alla stepchild adoption e quindi no alle unioni civili. Proviamo a spiegarne i motivi. Se passa la legge sulle unioni civili non si potrà che aprire le porte alla stepchild. Altrimenti che uguaglianza ci sarebbe tra uniti civilmente e coppie coniugate etero? Ma attenzione a questo passaggio. La stepchild permette di adottare il figlio legittimo dell’altro compagno. A seguito di una famigerata sentenza della Corte Costituzionale figlio legittimo è anche quello avuto tramite fecondazione artificiale eterologa. Ergo il compagno gay potrà adottare anche il figlio dell’altro partner avuto tramite eterologa. 

La pratica dell’utero in affitto è alla fine – dal punto di vista tecnico - una mera variante dell’eterologa: un gamete o entrambi i gameti che provengono da soggetti esterni alla coppia con l’aggiunta dell’uso di un utero di una donna, anche essa terza, che non crescerà il bambino. A ben vedere è un’eterologa al cubo. E dunque se sarà possibile adottare il figlio nato da eterologa sarà ugualmente possibile adottare il figlio avuto tramite utero in affitto (pratica che oggi viene pelosamente definita “Gestazione per altri”). Qualcuno obietterà: tale pratica è vietata dalla legge 40. Il divieto presto cadrà almeno per due motivi. Primo perché legittimata l’eterologa non si vede perché non legittimare la maternità surrogata, dato che appunto è tecnica procreativa in stretta cuginanza con l’eterologa. All’inizio si permetterà solo come gesto di liberalità, con qualche rimborso spese, e poi questo rimborso spese sarà un vero e proprio compenso. E’ solo questione di tempo. In secondo luogo apparirà irragionevole e discriminatorio adottare il figlio avuto tramite eterologa e non quello avuto tramite madre in affitto.

Arrivati a questo punto il prossimo passo sarà brevissimo da compiersi.  Potendo adottare il figlio avuto tramite utero in affitto dall’altro compagno risulterà nuovamente irragionevole e discriminatorio vietare che la coppia stessa non possa avere un proprio figlio per mezzo della maternità surrogata, apparendo l’istituto della stepchild adoption ormai superato e strumento macchinoso per dare dei figli alle coppie gay. E dunque se compiamo questo percorso a ritroso, vietare l’utero in affitto significa vietare la stepchild e quindi le stesse unioni civili. Lo ha capito bene Scalfarotto: «Il risultato politico di tutto questo è la messa in pericolo della legge sulle unioni civili». Si è dunque creato un corto circuito imbarazzante sia per le femministe sia per i promotori del disegno di legge sulle unioni civili. Entrambi,  infatti, si trovano tra l’incudine dello spirito progressista e liberal che impone di essere a favore delle unioni civili e il martello dello stesso spirito che li obbliga a rifiutare la maternità surrogata come strumento di asservimento della donna a fini procreativi di terzi.

Il duo Cirinnà-Scalfarotto cerca di risolvere il cortocircuito esternando su Repubblica affermazioni contraddittorie. Da una parte, al fine di non vedere smontato l’intero ddl, si trovano costretti tra i denti a dire sì all’utero in affitto: «Rifiutiamo l’idea che i bambini paghino una presunta colpa legata alle modalità del loro concepimento. No a discriminazioni per una presunta colpa legata al modo di concepimento». Quindi, ben vengano anche bambini, da adottare, la cui gestazione è avvenuta nel corpo di una donna che mai li crescerà. Dall’altro però rifiutano la pratica della maternità in conto terzi: «Ribadiamo che la “Gestazione per altri” in Italia è e resterà vietata, e nulla cambierà con l’approvazione del ddl”». Quale è la morale di tutta questa ingarbugliata vicenda? Che se approvi un solo grammo di male – riconoscere giuridicamente le convivenze omo o etero che siano – poi ti tocca ingollare quintalate di altro veleno.