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INTERVISTA / Ptasznik

“Vi racconto Giovanni Paolo II e il suo legame con Fatima”

L’attentato del 13 maggio 1981, la decisione di conoscere il Terzo Segreto una ventina di giorni più tardi e la collocazione, un anno dopo, del proiettile nella corona della statua della Madonna di Fatima in segno di ringraziamento. In occasione della memoria liturgica dei santi Giacinta e Francesco Marto, la Bussola intervista monsignor Pawel Ptasznik, tra i collaboratori più stretti di Giovanni Paolo II negli ultimi dieci anni del suo pontificato.

Ecclesia 20_02_2021

I tre pastorelli di Fatima e Maria: l’apparizione della Vergine in quel giorno che segnerà la storia della Chiesa, il 13 maggio 1917. Sono trascorsi quasi 104 anni da quello storico momento. Ma un’altra data si incrocia con quella dell’apparizione. È la data dell’attentato a Giovanni Paolo II a Piazza San Pietro, a Roma: 13 maggio 1981. A parlare di questo particolare incrocio di eventi è monsignor Pawel Ptasznik, responsabile della sezione polacca della Segreteria di Stato della Santa Sede, già noto ai lettori di questo quotidiano.

Monsignor Ptasznik è stato tra i collaboratori più stretti di san Giovanni Paolo II negli ultimi dieci anni del suo pontificato. Il ricordo di Wojtyla rivive sempre fervido in don Paolo, come mons. Ptasznik viene “semplicemente” chiamato da molti. La Nuova Bussola lo ha intervistato, in occasione della memoria liturgica dei santi Giacinta e Francesco Marto.

Monsignor Ptasznik, tornando indietro con la mente a quel 13 maggio 1981, cosa può raccontarci in merito all’ istante in cui quel proiettile colpì Giovanni Paolo II? Lei non era presente, ma immaginiamo che ricordi bene quei fatti.
Tutti abbiamo in mente quelle tragiche immagini. Forti nella memoria di ognuno. Tornando dalla chiesa dopo la Messa di sera, incontrai la vicina di casa, tutta in lacrime. Riuscì a dirmi due frasi: “C’è stato un attentato al Papa. Sta morendo…!”. Tornato a casa, accesi la televisione e vidi le immagini che rimarranno nella storia della Chiesa, nella storia dell’uomo Wojtyla, nella storia del Santo Padre.

Soffermiamoci su quella data, assai significativa. Il 13 maggio.
La data di quella giornata è unica nella storia. Ed è nota a tutti. Il 13 maggio 1981 si festeggiava l’anniversario della prima apparizione della Madonna a Fatima ai pastorelli Giacinta, Francesco e Lucia. Facciamo un passo indietro: era il 13 maggio 1917 quando la Vergine apparve per la prima volta ai tre piccoli pastori. Il giorno dell’attentato era mercoledì, giorno dell’udienza generale. Erano le 17:17. Solito giro di benedizioni. Quanti visi accarezzati! Lo sguardo del pontefice incrociava altri sguardi, tutte persone che avevano bisogno di un padre, di una mano forte e coraggiosa che tendesse loro la mano.

E mentre la mano del pontefice accarezzava i bambini, un’altra mano era pronta, invece, a commettere un assassinio.
Una mano che voleva ferire mortalmente. E così avvenne al secondo giro della vettura su cui si trovava il Santo Padre. Quel lampo, quel rimbombo e il dopo, tutti lo conosciamo: smarrimento, paura, turbamento per la sorte di Giovanni Paolo II. Le parole del pontefice, ferito quasi mortalmente, sono importanti per comprendere - fin da subito - il suo affidamento alla Madonna. In fondo, lo stesso suo intero pontificato, fin dall’inizio, era stato messo sotto il manto materno di Maria.

Giovanni Paolo II come conobbe il terzo segreto di Fatima?
Parliamo sempre - è importante ribadirlo - di avvenimenti che non coinvolsero me direttamente. Ma posso affermare che il 3 giugno 1981, dunque venti giorni dopo l’attentato di Piazza San Pietro, chiese a don Stanislao di reperire le buste contenenti il terzo segreto di Fatima. Il prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinal Franjo Seper, consegnò al sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Eduardo Martinez Somalo, due buste. La busta esterna era di colore giallo-arancione. Era la busta che conteneva la traduzione in italiano. Invece, quella interna - che era di colore bianco - conteneva il testo originale di suor Lucia. Era in lingua portoghese, ovviamente. Il 14 agosto Giovanni Paolo II ritornò in Vaticano.
Disse, a braccio, quel giorno: «Prima di tutto, sono andato a rendere omaggio a san Pietro apostolo nel suo sacrario per ringraziarlo di aver voluto mantenere questo suo successore ancora un po’, nonostante tutti i rischi. Poi ho visitato anche le tombe dei miei predecessori e ho pensato che ci poteva essere una tomba in più. Ma il Signore ha fatto diversamente; e la Madonna - perché tutti ricordiamo bene che era il giorno 13 maggio - ha cooperato a quel “diversamente”. “Misericordiae Domini, quia non sumus consumpti” (Lam 3, 22)».
Citò una frase delle Lamentazioni. La sua sarà una continua riflessione sull’accaduto. Un particolare e misterioso intreccio tra i pastorelli di Fatima, Maria, e lui.

Quale fu il primo atto del Papa, al suo arrivo a Fatima, un anno dopo l’attentato?
La collocazione del proiettile nella corona della statua della Madonna di Fatima non può che essere letto se non come un segno di ringraziamento e devozione di Giovanni Paolo II alla Madonna. A quella Vergine che apparve ai pastorelli di Fatima. In fondo, quell’attentato, possiamo dire che sia stato per il pontefice un momento di prova e che solo la Fede, e l’abbandono a Dio e Maria, abbia potuto rendere Giovanni Paolo II - forse - ancora più coraggioso di quanto già non lo fosse prima. Forse sarebbe utile riflettere, proprio in questo momento quaresimale, sull’abbandono a Dio. Gesù Cristo lo ha vissuto sulla Croce. E così, Giovanni Paolo II, quel 13 maggio del 1981, lo visse in Piazza San Pietro.

Quali parole di Giovanni Paolo II potrebbero racchiudere la visita del Santo Padre, avvenuta successivamente a quell’evento?
Mi vengono in mente queste sue parole: «“Convertitevi, e credete al Vangelo” (Mc 1,15), sono queste le prime parole del Messia rivolte all’umanità. Il messaggio di Fatima è nel suo nucleo fondamentale la chiamata alla conversione e alla penitenza, come nel Vangelo. Questa chiamata è stata pronunciata all’inizio del XX secolo, e, pertanto, a questo secolo è stata particolarmente rivolta. La Signora del messaggio sembra leggere con una speciale perspicacia i segni dei tempi, i segni del nostro tempo». Le pronunciò a un anno di distanza da quel giorno terribile a San Pietro. Era il 13 maggio del 1982. E, in una certa maniera, credo possano anche essere una buona meditazione per il periodo di Quaresima che stiamo vivendo.