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GUERRA INFINITA

Via dall'Afghanistan: gli Usa trattano con i Talebani

Riprenderanno a breve i colloqui fra il governo di Kabul e i Talebani, dopo la scarcerazione degli ultimi jihadisti ancora in carcere. Ma soprattutto a cambiare le carte in tavola sono le trattative riservate fra l'amministrazione statunitense e i Talebani, per riportare i soldati a casa il prima possibile

Esteri 13_08_2020
Truppe alleate in Afghanistan

Potrebbero riprendere molto presto in Afghanistan i colloqui sugli accordi di pace tra Talebani e il governo di Kabul, dopo che l'esecutivo del presidente Ashraf Ghani ha annunciato la liberazione degli ultimi 400 ribelli detenuti. La decisione di liberare i miliziani, che si aggiungono ai quasi 5mila già liberati negli ultimi mesi scioglie definitivamente lo spinoso nodo delle scarcerazioni, uno dei punti chiave degli accordi che gli Stati Uniti e i Talebani hanno siglato il 29 febbraio a Doha, in Qatar, secondo il quale Washington avrebbe ritirato le sue truppe in cambio dell'impegno dei guerriglieri a negoziare con il governo di Kabul.

La Loya Jirga, la grande assemblea del popolo afghano, aveva approvato nei giorni scorsi la scarcerazione degli ultimi detenuti talebani per “spianare la strada ai negoziati di pace” ed evitare ulteriore “spargimento di sangue”. Il portavoce talebano Suhail Shaheen ha dichiarato che "La nostra posizione è chiara. Non appena le scarcerazioni saranno concluse, saremo pronti per iniziare i colloqui intra-afghani, quindi entro una settimana". Soddisfazione per il positivo sviluppo è stata espressa anche da Washington: "Una storica opportunità per la pace è ora possibile", ha commentato l'inviato speciale degli Usa nel Paese, Zalmay Khalilzad.

L’8 agosto Washington aveva comunicato ufficialmente che le sue forze in Afghanistan scenderanno sotto la soglia dei 5mila militari (la più bassa da quando nel 2001 iniziarono le operazioni nel paese asiatico) entro la fine di novembre, cioè entro la data del voto per le elezioni alla Casa Bianca. Lo ha annunciato il segretario alla Difesa Mark Esper, in un’intervista a Fox News spiegando che il Pentagono deve ancora informare i membri del Congresso sul piano e che vuole comunque assicurarsi che “gli Usa non siano minacciati dai terroristi che escono dall’Afghanistan”.

Per il ministro della Difesa italiano, Lorenzo Guerini “l’annuncio della nuova riduzione di militari americani è in linea con quanto concordato alla NATO, anche nei giorni scorsi, tra i paesi contributori, tra cui l’Italia. Gli Stati Uniti continueranno ad assicurare il supporto strategico e il personale necessario all’intera operazione. La decisione si inquadra nell’evoluzione dell’operazione NATO Resolute Support, che prevede la progressiva riduzione delle capacità presenti in Afghanistan, condizionata allo sviluppo del negoziato interno al paese”. L’Italia, che sta avvicendando il proprio contingente con il cambio avvenuto ieri a Herat tra i militari della brigata Ariete guidato dal generale Enrico Barduani e gli alpini della brigatra Julia al comando del generale Alberto Vezzoli., ha al momento una presenza in Afghanistan progressivamente vicina ai 650 effettivi previsti fino a giugno 2021, quando dovrebbe completarsi il ritiro dell’intero contingente italiano.

Il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, ha avuto il 5 agosto un colloquio in videoconferenza con il vice capo dei Talebani dell’Afghanistan, Mullah Abdul Ghani Baradar. Lo ha annunciato il portavoce del gruppo estremista islamico, Suhail Shaheen, che ha diffuso una foto del segretario di Stato Usa mentre parla in videoconferenza con Baradar. Un annuncio che potrebbe aver provocato qualche imbarazzo a Washington considerato che il dipartimento di Stato non aveva fatto cenno al colloquio di Pompeo col numero 2 dei Talebani, il secondo in un mese. Secondo quanto riferito dal portavoce dei talebani, i due hanno discusso dell’avvio dei colloqui intra-afgani e dell’attuale processo politico dopo il cessate il fuoco di tre giorni annunciato dai talebani per la festa dell’Eid al Adha, oltre che del rilascio dei prigionieri da parte del governo di Kabul. In precedenza l’inviato speciale Usa per l’Afghanistan, Zalmay Khalilzad, si era recato in Qatar, Pakistan, Afghanistan, Norvegia e Bulgaria per aggiornare alleati Nato e partner sul processo di pace in Afghanistan.

Il mese scorso, il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha annunciato una riduzione del numero di militari in Afghanistan a 8.600 da circa 12mila, in base all’accordo di Doha. Un rapporto del Pentagono diffuso a luglio mette però in dubbio l’impegno degli insorti jihadisti a porre fine alle violenze e a tagliare completamente i legami con i gruppi terroristici come al-Qaeda. Al tempo stesso, un numero troppo ridotto di truppe USA e NATO in Afghanistan non permetterebbe di disporre di capacità tattiche e operative utili a sostenere in combattimento le truppe di Kabul in caso di necessità.