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UN LEGGE PRO CASTA

Vietato dire "Renzi ci ricorderemo": è una minaccia

Il Senato approva una legge per tutelare i sindaci minacciati dai cittadini, ma estende aggravanti per intimidazioni e ritorsioni a parlamentari e premier come minacciare di non dare il voto a seguito di un provvedimento non condiviso. Un inquietante privilegio che sa di casta. 

Politica 09_06_2016
Il celebre striscione al Family Day

E poi dicono che uno si butta sul genere anti Casta. Il Parlamento ieri ha approvato una norma chiamata Disposizioni in materia di contrasto al fenomeno delle intimidazioni ai danni degli amministratori locali. Letta così è meritoria. In Italia ci sono centinaia di sindaci o assessori che vengono minacciati per non aver concesso il permesso di costruire anche solo una tettoia su una scogliera incontaminata, quindi un'aggravante prevista dal codice penale che sanzioni maggiormente il guappo che si trova a urlare al consigliere comunale “te la faccio pagare”, può avere un suo senso. Anche perché in terre di Mafia questa è una delle modalità di approccio per varianti non approvate o licenze non concesse. Ma nel testo, presentato dal senatore Doris Lo Moro (Pd), è bastata una parolina per stravolgere il senso della legge e darle anche un’estensione non propriamente trasparente.

“Anche”. Cinque lettere anteposte ad amministratore locale. Ne consegue che la norma colpisce la minaccia non solo all’amministratore locale, ma viene estesa anche al parlamentare, al membro del governo e ai magistrati. Una manina ha modificato all’ultimo secondo il testo pronto per la votazione in Senato, che è passata con le astensioni dei Cinque Stelle e della pattuglia di Idea. Con il testo passato a Palazzo Madama, e che dovrà essere ratificato alla Camera, qualunque cittadino dovesse rivolgersi ad un parlamentare con espressioni giudicate intimidatorie, potrà essere incriminato per il reato di minaccia, ma aggravato dal fatto che a riceverla è un parlamentare.

Un modo per blindare la casta? A quanto pare sì e il senatore di Idea Carlo Giovanardi è stato l’unico ad accorgersene. “Colpa di un emendamento all'articolo 339-bis in cui si conferma che sono aumentate da un terzo alla metà le pene, ma solo nei casi in cui la condotta abbia natura ritorsiva”.

E qui viene il bello. Perché sulla natura ritorsiva della minaccia sarà il giudice a decidere, quindi il reato diventa giurisprudenziale, al pari di quello per omofobia.

“Io sono stato padre della legge Fini-Giovanardi sulla droga, che a me andava bene e ad altri no. Cosa sarebbe accaduto se avessi dovuto considerare tutte le minacce e gli insulti che ho ricevuto a causa della legge, da coloro che non la condividevano? È vero che in alcuni casi li ho querelati, ma non mi aspetto mica di avere una tutela particolare perché sono un parlamentare, rispetto a quanto accadrebbe viceversa, se a ricevere le offese fosse un cittadino o un giornalista”, ha spiegato Giovanardi al Senato.

E per essere più convincente ha portato l’esempio del Family Day, dove al termine dell’imponente manifestazione del Circo Massimo è stato srotolato lo striscione “Renzi ci ricorderemo”.

“Non ti voto più”, “ti mando a casa”, “voto "no" al referendum”, “hai votato una legge che non ci vuole”. Secondo Giovanardi, che si basa su sentenze della Cassazione, queste sono giudicate dal giudice come minacce. “In questo caso – ha proseguito Giovanardi - tendiamo ad aggravare le pene in maniera sensibile per i cittadini o i giornalisti se qualifichiamo come ritorsiva una loro opinione, che noi riteniamo diffamatoria, nei confronti dell'attività del Parlamento, di un legislatore o dell'attività di un magistrato”.

E si badi: questo non c’entra nulla con il sindaco che si ritrova l’auto bruciata per non aver accontentato un suo cittadino pretenzioso. “Qua siamo nel campo delle opinioni, del diritto di critica politica”. Per esempio quelli che dicono che al referendum voteranno "no" per mandare a casa Renzi e questo Parlamento fanno una minaccia? È una minaccia collettiva? È una ritorsione?

“Certo, è una ritorsione – ha proseguito -: Gandolfini ad esempio (leader del Comitato Genitori & figli ndr) ha detto che avete fatto passare la legge sulle unioni civili con la fiducia, impedendo al Parlamento di votare gli emendamenti e noi voteremo "no" al referendum. È una ritorsione. È una minaccia ritorsiva”.

Solo che se il deputato o lo stesso Renzi si sentissero minacciati per questi slogan, potrebbero far valere un’aggravante in sede di condanna, che però non è riconosciuta agli altri cittadini. Solitamente questo si chiama privilegio. E il Parlamento a guida Pd, se n’è cucito uno su misura.