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IL CASO

Violenza, non è nella scuola la radice del problema

Le crescenti violenze nelle scuole italiane sono soltanto il riflesso di una violenza generalizzata che c'è nella nostra società e che tutti respiriamo. È violenza l'ideologia gender, la dissoluzione della famiglia perseguita sistematicamente, l'eutanasia, l'equiparazione delle unioni gay al matrimonio tra un uomo e una donna.

Editoriali 18_02_2018

Caro direttore,

alcuni giorni fa c’è stata l’ennesima strage in una scuola americana, ad opera di uno studente che ha sparato all’impazzata su compagni e compagne di scuola, uccidendone ben 17. Una tragedia della follia, che però negli Usa purtroppo non è più una novità. Ne ha scritto in modo commovente e con grande lucidità padre Vincent Nagle proprio ieri su questo giornale.

Fortunatamente, nel nostro Belpaese simili gesti non accadono. In questi ultimi giorni, tuttavia, si fa un gran parlare della violenza che si manifesta sempre più frequentemente nelle scuole, e non solo nel rapporto fra alunni, ma anche nei confronti dei docenti da parte dei loro studenti o di genitori inferociti per presunti torti subiti dai figli. Fino a poco tempo fa certi episodi erano davvero rari e confinati in scuole collocate in realtà sociali già note come problematiche. Oggi scopriamo che la violenza si sta diffondendo e manifestando ovunque. 

Su un altro quotidiano online (clicca qui) è stato riportato un riepilogo di questi episodi che non può non far riflettere: nei primi 45 giorni del 2018, in Italia ci sono stati numerosi episodi di bullismo scolastico e para-scolastico e almeno 5 casi gravi di aggressioni contro i professori compiute da studenti o genitori. Un professore di educazione fisica di Avola è finito all'ospedale con le costole rotte dai pugni e calci dei genitori di un alunno rimproverato. Una professoressa del casertano ha ricevuto una coltellata in faccia da un 17enne furibondo per una nota sul registro. Un vicepreside di Foggia ha avuto una prognosi di trenta giorni per trauma cranico, rottura del setto nasale e lesioni all'addome provocate da un babbo indignato per il rimprovero ricevuto dal figlio. Una professoressa di prima media ha ricevuto un pugno in faccia da un suo alunno, mentre un'altra professoressa è stata presa d'assalto a colpi di chewing-gum nei capelli. 

Questi sono i più eclatanti, ma tanti altri, magari di minore entità o di pura violenza psicologica, accadono quotidianamente e nel silenzio fra i banchi e persino nelle sezioni di scuola materna, dove sempre più spesso si ha a che fare con bambini la cui irrequietezza sfocia in atteggiamenti fortemente aggressivi verso i compagni e le stesse maestre, provocando talvolta danni fisici.

Le analisi degli “esperti” portano tutte alle medesime conclusioni: i giovani non sono più in grado di reggere lo stress e sopportare l’insuccesso; i genitori sono diventati troppo protettivi e concedono tutto ai figli, difendendoli a oltranza anziché punirli quando necessario; la scuola da parte sua ha perso prestigio e autorevolezza, e così pure chi vi lavora….

Tutte cose vere, per carità, ma ritengo che il problema stia più a monte e pertanto la soluzione vada cercata altrove, perché la violenza non nasce nei microcosmi della scuola o della famiglia, che ne sono semmai i terminali ultimi, ma è la filigrana vera e propria della società contemporanea. I giovani respirano quotidianamente violenza - spesso edulcorata sotto altri nomi - senza accorgersene, e poi la vomitano perché è un veleno che intossica l’anima. Vediamone alcuni esempi, che toccano anche il mondo della scuola. 

Violenza spacciata per libertà è l’ideologia gender che viene ormai diffusa a pioggia sulla scuola italiana dalle materne alle superiori, perché nega in modo arbitrario e irrazionale un dato di realtà incontrovertibile: l’essere umano nasce maschio o femmina e negarlo porta a drammi esistenziali inenarrabili.

Violenza spacciata per conoscenza è la negazione di ogni verità assoluta, insegnata da tanti docenti ogni giorno a piccoli e grandi, e affermata a livello sociale come emancipazione da ogni dogma, sia perché è a sua volta una affermazione presentata in modo apodittico, sia perché l’uomo senza verità non può vivere e affonda nella melma del relativismo e del non-senso.

Violenza spacciata per uguaglianza è l’orribile pretesa di femminilizzare nomi maschili e viceversa, per affermare una pretesa parità di genere fra uomo e donna, producendo in realtà – oltre a disgustose o ridicole distorsioni linguistiche - una esasperazione della contrapposizione fra maschio e femmina, anziché esaltare l’assoluta complementarietà nella diversità. Non mi piegherò mai a scrivere “Ministra”!

Violenza spacciata per amore è la dissoluzione della famiglia, calpestata dai politici e dai governi che si susseguono e rovinata da una cultura edonista e godereccia, che priva i bambini dei genitori biologici facendoli vivere con figure di riferimento provvisorie, mutevoli e perlopiù inaffidabili, a causa di adulti che vanno dietro ai propri capricci e sono pronti a mandare all’aria il nucleo familiare di fronte alla prima difficoltà.

Violenza spacciata per felicità è una legge che ha equiparato le unioni omosessuali alle famiglie composte dalla unione di un uomo e di una donna (l’unica realtà che possa definirsi famiglia), aprendo la strada alle adozioni da parte di coppie omosessuali e facendo in modo che i bambini possano crescere in contesti affettivi in cui è tragicamente assente l’elemento insostituibile della diversità e complementarietà dei sessi.

Violenza spacciata per compassione è la possibilità di mettere fine alla propria esistenza o a quella di un’altra persona perché in condizioni ritenute non più adeguate a una vita di “qualità”, mentre questa ha un valore intangibile e su questo si fonda(va) la sicurezza del valore trascendente del proprio esserci.

Violenza camuffata da accoglienza è il fragoroso stracciarsi le vesti del politically correct e del ministro di turno, che in nome di parole d'ordine usate per fini ideologici come inclusione e integrazione, hanno messo alla gogna un dirigente scolastico solo perché ha detto una cosa elementare, evidente a tutti e, in ogni caso, desunta dalla realtà, e cioè che nelle classi senza alunni stranieri si riesce a lavorare meglio. Qualsiasi alunno può verificare e confermare che la presenza di alunni con gravi difficoltà di comprensione linguistica rallenta il cammino di tutti.

Potrei continuare a lungo, purtroppo. Ma preferisco fermarmi qui, penso che sia sufficiente a far comprendere quanta violenza sia intrecciata ormai nelle maglie della nostra società: quella peggiore, mascherata sotto altri nomi, di fronte a cui si abbassano le difese e, senza rendersene conto, la si assimila. La violenza esplicita, che ci propina continuamente la televisione, in confronto è roba da ridere....
E allora, di cosa possiamo stupirci se i nostri ragazzi (o i loro genitori) si permettono di prendere a calci e pugni un docente? Forse, nella loro testa, anche questa è una forma di libertà e progresso…

Quella speranza di cui ha scritto in modo così profondo padre Vincent Nagle, allora, non è necessaria solo negli USA. Anche qui, come in ogni parte del nostro pianeta, l'uomo ha bisogno non tanto di leggi migliori, non solo di sistemi di sicurezza adeguati, ma innanzitutto di una "speranza vissuta comprovata sulla nostra stessa pelle". Quella Speranza che la tradizione cristiana ci ha donato per secoli e che l'uomo moderno ha deciso improvvidamente di buttare alle ortiche.