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PAPA FRANCESCO

Vivere senza Verità non è vivere, ma vivacchiare

Papa Francesco esorta gli studenti degli atenei romani a non cedere alla noia e a non perdersi nel pensiero debole. Citando il beato Frassati ha detto loro: «Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, non è vivere ma vivacchiare».

Editoriali 01_12_2013
Papa Francesco

Nella serata del 30 novembre Papa Francesco ha celebrato i Vespri con gli universitari degli atenei romani, a conclusione di un’impegnativa giornata d’incontri nei quali ha continuato a illustrare aspetti dell’esortazione apostolica «Evangelii gaudium» relativi ai rischi per la libertà religiosa che pone un pensiero debole che vuole omologare tutti alle opinioni dominanti imposte dal relativismo.

Il Papa è partito dall’augurio che san Paolo rivolge ai Tessalonicesi, che Dio «li santifichi fino alla perfezione». San Paolo, ha detto Francesco, ha fiducia nella grazia ma vede «la loro santità di vita messa in pericolo». «Questa preoccupazione dell’Apostolo è valida anche per noi, cristiani di oggi. La pienezza della vita cristiana che Dio compie negli uomini, infatti, è sempre insidiata dalla tentazione di cedere allo spirito mondano». Potremmo chiederci: «perché Dio, dopo che ci ha elargito i suoi tesori spirituali, deve intervenire ancora per mantenerli integri?». Non basta un singolo intervento iniziale di Dio? No, risponde Papa Francesco, «perché noi siamo deboli, la nostra natura umana è fragile e i doni di Dio sono conservati in noi come in “vasi di creta” (cfr 2 Cor 4,7)». Davanti alle «sfide del momento presente», per gravi che siano, possiamo avere fiducia nell’intervento di Dio, che però richiede «la nostra collaborazione attiva e coraggiosa».

Questa collaborazione – ha detto il Papa i giovani – implica «essere non spettatori, ma protagonisti degli accadimenti contemporanei». Ma quali sono questi accadimenti che si presentano come «sfide»? La prima sfida è costituita «dalla mediocrità e dalla noia» che diventano «contesto socio-culturale». «Non bisogna rassegnarsi alla monotonia del vivere quotidiano – ha affermato Francesco –, ma coltivare progetti di ampio respiro, andare oltre l’ordinario: non lasciatevi rubare l’entusiasmo giovanile!».

Tornando su temi già presentati in due recenti omelie di Santa Marta, il Pontefice ha aggiunto che «sarebbe uno sbaglio anche lasciarsi imprigionare dal pensiero debole e dal pensiero uniforme, come pure da una globalizzazione intesa come omologazione». Riproponendo ancora una volta l’esortazione apostolica «Evangelii gaudium», il Papa ha ripetuto che «il modello da seguire non è la sfera, in cui è livellata ogni sporgenza e scompare ogni differenza; il modello è invece il poliedro, che include una molteplicità di elementi e rispetta l’unità nella varietà». Il pensiero debole divenuto pensiero unico omologa all’opinione dominante imposta dai poteri forti. Il vero pensiero umano invece «è fecondo quando è espressione di una mente aperta, che discerne, sempre illuminata dalla verità, dal bene e dalla bellezza. Se non vi lascerete condizionare dall’opinione dominante, ma rimarrete fedeli ai principi etici e religiosi cristiani, troverete il coraggio di andare anche contro-corrente».

Che oggi la libera espressione del cristianesimo sia minacciata il Papa lo ha ripetuto anche al patriarca ortodosso Bartolomeo I, nella lettera di auguri del 30 novembre per la festa di sant’Andrea, tanto caro ai cristiani d’Oriente. «La memoria del martirio dell’apostolo sant’Andrea – ha scritto Francesco – ci fa anche pensare ai tanti cristiani, di tutte le Chiese e comunità ecclesiali, che in tante parti del mondo sperimentano la discriminazione e qualche volta pagano con il loro sangue il prezzo della professione di fede. Stiamo celebrando il 1.700° anniversario dell’Editto di Costantino, che pose fine alle persecuzioni religiose dell’Impero Romano in Occidente come in Oriente». Ma ancora oggi occorre «salvaguardare ovunque il diritto di esprimere pubblicamente la propria fede e di essere trattati con equità quando promuoviamo il contributo che il cristianesimo continua a offrire alla società e alla cultura contemporanea».

Nella stessa giornata, il Papa ha pure ricevuto in udienza – oltre a bambini polacchi malati di tumori e leucemie, ai quali ha detto: «fate tanto bene alla Chiesa con le vostre sofferenze, sofferenze inspiegabili», di cui Dio però conosce il senso – i pellegrini della Chiesa Greco-Melchita. A essi ha ricordato l’importanza dell’esortazione apostolica di Benedetto XVI «Ecclesia in Medio Oriente», che insiste tra l’altro sui «diritti inalienabili della persona, compresa la libertà religiosa» per tutte le martoriate terre medio-orientali. «Ripeto anche a voi – ha detto Francesco –: non ci rassegniamo a pensare al Medio Oriente senza i cristiani».

Agli universitari, il Pontefice ha indicato una regola per muoversi nella globalizzazione difendendo la propria identità: «non abbassare il livello etico». Esiste una «pluralità di pensiero e di individualità [che] riflette la multiforme sapienza di Dio», ma sempre all’interno di un patrimonio etico che per il cristiano è rafforzato e garantito dalla fede. Papa Francesco ha citato il beato Pier Giorgio Frassati (1901-1925), il quale diceva: «Vivere senza una fede, senza un patrimonio da difendere, senza sostenere in una lotta continua la verità, non è vivere ma vivacchiare. Noi non dobbiamo mai vivacchiare, ma vivere».