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UCRAINA

Zelensky, il mistero del comico eletto presidente

Volodymyr Zelensky ha vinto le presidenziali ucraine con uno spettacolare 73%. E’ la prima volta che un comico che interpreta la parte del cittadino qualunque che diventa presidente per caso, realizza nella realtà quel che aveva appena finito di interpretare nella fiction. Ma adesso che cosa farà dell'Ucraina. Gli indizi sui suoi intenti sono rari.

Esteri 23_04_2019
Volodymyr Zelensky

Il candidato alla presidenza ucraina Volodymyr Zelensky ha avuto una conferma quasi unanime dal voto del secondo turno. Ha vinto con uno spettacolare 73%. Si tratta di un caso studio già da adesso. E’ la prima volta, infatti, che un comico che interpreta la parte del cittadino qualunque che diventa presidente per caso, realizza nella realtà quel che aveva appena finito di interpretare nella fiction. Ma è anche un cambiamento radicale nella geografia politica dell’Ucraina che apre scenari futuri totalmente imprevedibili.

Zelensky, per tutti, era Servo del popolo il titolo della serie televisiva di successo, ora anche d’esportazione. Interpretava un professore di storia che diventa presidente. Ora che l’attore che lo interpreta è diventato presidente per davvero, è lecito chiedersi se la sua fiction fosse già una campagna elettorale, o se si sia trattato di un caso più unico che raro di realizzazione della fiction nella vita politica. Nel primo caso, si confermerebbero le voci di coloro che sostengono che Zelensky sia solo un uomo di facciata, ma che il vero presidente sia Ihor Kolomoisky, magnate bancario e televisivo, proprietario della Tv 1+1 che ha trasmesso Servo del popolo, nonché acerrimo rivale dell’ex presidente Petro Poroshenko.

Una cosa è chiara: la vittoria di Zelensky ha cambiato per la prima volta la geografia elettorale dell’Ucraina. Fino ad oggi era un paese diviso fra Est e Ovest, un Est propenso a votare per il filo-russo Partito delle Regioni (ora scomparso) e un Ovest per i riformatori liberali più vicini all’Ue. In queste elezioni del 21 aprile, a parte l’occidentale ed ex austro-ungarica Leopoli che ha riconfermato la fiducia in Poroshenko, tutte le altre regioni ucraine hanno eletto Zelensky con percentuali bulgare. Un voto così oceanico può spiegarsi solo con un altissimo tasso di sfiducia nella classe dirigente attuale, che ha promesso la vittoria nella guerra del Donbass senza ottenerla, le riforme senza effettuarle (se non in minima parte), la lotta alla corruzione senza farla recedere. Quando successive classi dirigenti sprecano per ben tre volte in una generazione le finestre di opportunità che si aprono per una riforma radicale di un sistema inefficiente e corrotto (la prima fu con l’indipendenza nel 1991, la seconda con la Rivoluzione Arancione nel 2004, la terza con la Rivoluzione del Maidan nel 2014), la reazione della popolazione è spesso quella di fidarsi di chi è totalmente estraneo all’ambiente politico e promette ricette quasi miracolistiche.

Però resta ancora da capire che cosa voglia il nuovo presidente. Non ha mai pubblicato un vero e proprio programma dettagliato, riservandosi di “farlo scrivere dal popolo”, come Grillo ha fatto con il programma del Movimento 5 Stelle in Italia. Non si può capire il suo programma neppure dai dibattiti: come i pentastellati nel 2013, ha rifiutato ogni confronto televisivo. Provocando, Zelensky ha affermato di poter affrontare un dibattito elettorale solo in uno stadio. Non ci sono neppure proclami o comizi. Se dobbiamo capire cosa pensi in modo indiretto, cioè registrando le reazioni di altri alla sua vittoria, la confusione, se possibile, aumenta. Perché ad applaudirlo sono stati subito l’ex presidente (spodestato dalla Rivoluzione del Maidan) Viktor Yanukovich, il leader ceceno Ramzan Kadyrov (un fedelissimo di Putin che ha mandato volontari a combattere contro i regolari ucraini nel Donbass) e la galassia del nazionalismo russo, a partire dallo storico leader di destra Vladimir Zhirinovski. A giudicare dal loro plauso, parrebbe lui il vero nuovo candidato filo-russo dopo la scomparsa del Partito delle Regioni. Ma anche no: ad applaudire la vittoria di Zelensky ci sono anche l’ex presidente riformatore liberale della Georgia, Saakashvili, che Poroshenko aveva espulso dal paese e privato della cittadinanza con legge contra personam. Fra i fan c’è Alexei Navalnij, leader carismatico dell’opposizione russa a Putin. E quindi è difficile inquadrare questo nuovo presidente ucraino seguendo gli schemi classici.

Dal sito del movimento che sostiene Zelensky si trovano sette punti programmatici. L’idea su cui si fonda il tutto è la democrazia diretta, che sarà strumento di decisione politica nelle mani del popolo. A questo proposito, “Lo stato fornirà a tutti i residenti l’accesso a Internet veloce. Promuoveremo lo sviluppo della cultura digitale della popolazione indipendentemente dall’età. I cittadini ucraini saranno in grado di unire importanti decisioni delle autorità attraverso Internet, in particolare, prima delle elezioni e dei referendum”. Suona familiare, per chiunque si sia occupato del Movimento 5 Stelle in Italia. La democrazia diretta, secondo Zelensky, si dovrebbe applicare anche alle decisioni strategiche della politica estera: “Il processo  dell’Ucraina verso la NATO e altre associazioni simili è una garanzia della nostra sicurezza, alla quale credo e che dovrebbe ricevere conferma attraverso un referendum ucraino”. Anche se non dichiarato nero su bianco, nella campagna elettorale sono emersi altri due temi importanti: la ri-nazionalizzazione delle imprese privatizzate e l’introduzione di un reddito di cittadinanza. Altri due punti programmatici che rendono il nuovo presidente ucraino molto simile alla nostra principale forza di governo.

Ci sono anche proposte totalmente incomprensibili, come quella del “passaporto economico”: “Un passaporto economico per ogni ucraino. Ogni bambino avrà il diritto di accumulare nel suo conto parte della ricchezza naturale dello Stato (sottosuolo, terra, ecc.). Dopo aver raggiunto l’età adulta, il bambino riceverà questi risparmi come proprio capitale iniziale”. E’ un tema che ricorda vagamente i programmi dei populisti russi della rivoluzione del 1917. Prima che i bolscevichi prendessero il potere… Simile alla retorica grillina, anche la lotta alla corruzione, contro cui “non si lotta, si vince”: “Tolleranza zero per la corruzione a tutti i livelli. Il condannato per corruzione, sarà punito con la confisca dei beni e un divieto per tutta la vita di detenere un ufficio pubblico”. Mentre incentivi sono previsti per i burocrati onesti e chi denuncia sarà protetto.

Poi all’improvviso si trovano proposte  liberiste. Come per la sanità, tuttora un carrozzone sovietico inefficiente. Si prevede una: “Transizione verso la medicina assicurativa. Il paziente determinerà personalmente il programma di assicurazione, sceglierà l’istituto, il medico, il metodo di trattamento. Il livello base di assicurazione per i gruppi a basso reddito della popolazione sarà a spese dello Stato”. e anche per quanto riguarda l’istruzione si introduce: “Il principio del bonus per lo studente di talento. Ogni talento riceverà un buono educativo, che può essere speso per studiare in qualsiasi istituto di istruzione superiore di sua scelta. Apriremo il mercato ucraino per le migliori istituzioni educative straniere”. Anche per quanto riguarda le imprese, quelle di piccola dimensione che lavorano in nero, si prevede una sorta di condono per farle emergere. “Introdurremo una ‘dichiarazione zero’ una tantum per le imprese. Ogni uomo d’affari può dichiarare e legalizzare i propri redditi con il 5%”.

Un mix di statalismo e liberismo. Cosa prevarrà? Sarà un leader affidabile? Le domande avranno una risposta ben presto, i primi mesi saranno cruciali.