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SCISSIONI

2017, la grande fuga dal governo Gentiloni

Alfano e Bersani prendono le distanze dal governo Gentiloni. Il primo promette battaglia sull'abolizione dei voucher e sulla Rai. Il secondo apre incredibilmente al Movimento 5 Stelle. Al di là dei pretesti, la vera causa della grande fuga è la prossima Finanziaria, una stangata su cui nessuno vuol mettere la propria firma.

Politica 30_03_2017
Scissionisti: Alfano e Bersani

Il primo a prendere le distanze è stato il Ministro degli Esteri Angelino Alfano. Poi è arrivato Pierluigi Bersani, che è andato dritto al punto: "Il governo? Non può avere la nostra fiducia a tutti i costi". L’hanno ribattezzata “Gentilexit”. I segnali sono ancora impercettibili ma non sfuggono all’occhio attento degli osservatori della politica: la fuga dal carro del Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni è ufficialmente iniziata. Nessuno vuole legare il suo nome e quello del suo partito a una manovra finanziaria come quella che si profila all’orizzonte per il prossimo autunno. Non a caso si vocifera che lo stesso Renzi, una volta vinte le primarie del 30 aprile, se ci riuscirà, tenterà di forzare la mano e di andare presto alle urne, per non intestarsi quella manovra.

E’ stato il leader di Alternativa popolare, Alfano a lanciare il guanto della sfida. E lo ha fatto attraverso un tema molto caro al centrodestra, quello dei voucher. Aboliti dal governo Gentiloni per evitare il referendum della Cgil con un decreto che deve essere convertito, i centristi hanno deciso di cavalcare le rimostranze degli imprenditori e hanno lasciato intendere che potrebbero arrivare a non votare il provvedimento sul quale sarà quasi certamente posta la fiducia. Un modo per gli alfaniani di marcare la distanza dalla sinistra filo-Cgil, che su questo argomento ha di fatto messo alle corde il governo, costringendolo alla resa.

Altro fronte caldo è quello della Rai. Alfano ha apertamente chiesto le dimissioni del direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto, criticandone aspramente la gestione e si prepara a dare battaglia sul rinnovo della concessione decennale alla tv di Stato (anche in commissione di vigilanza), sul tetto ai compensi agli artisti e sulla programmazione del servizio pubblico.

L’altra spina nel fianco del governo Gentiloni, come si diceva, è rappresentata dagli scissionisti del Pd. Bersani, dopo essersi parzialmente corretto in merito al suo “endorsement” ai grillini ("sono il partito di centro dei tempi moderni", aveva dichiarato giorni fa in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera), ora spiega più chiaramente le sue intenzioni. "Vogliamo garantire il percorso del governo Gentiloni – ha detto l’ex segretario del Pd - ma lo misureremo sulle proposte e presenteremo le nostre. Il premier deve realizzare che c'è una forza che ha un certo numero di parlamentari che non è nel governo, ma è nella maggioranza". Insomma: "Le intenzioni ci sono, ma non a tutti i costi". E poi aggiunge che non esclude, su alcune materie, di votare provvedimenti presentati dal Movimento Cinque Stelle, qualora risultassero più vicini alle posizioni del nuovo partito nato a sinistra. "Mi aspetto che Gentiloni convochi un tavolo con i nostri capigruppo – ha aggiunto Bersani -  e che dica la verità sull’economia agli italiani". Già, ma perché avanzare proprio adesso questa richiesta? E in vista di che cosa? Non è che Speranza e soci si preparano a offrirsi come stampella nella prossima legislatura ai pentastellati, e per questo iniziano a contestare e a fare le pulci all’attuale governo?

E’ proprio l’economia – per l’appunto - l’arma che i centristi e gli scissionisti Pd potrebbero utilizzare per sferrare il colpo finale al governo Gentiloni. La prossima legge finanziaria, infatti, si annuncia tutta “lacrime e sangue”. Riuscendo a sfilarsi dall’esecutivo poco prima del varo della manovra, centristi e scissionisti eviterebbero di finire nel burrone dell’impopolarità e potrebbero proporsi all’elettorato come distinti e distanti da Gentiloni. A Renzi, in quanto probabile futuro segretario del Pd, resterebbe il cerino in mano, perché lui non potrebbe abbandonare per nessun motivo e fino all’ultimo la barca che affonda. Gentiloni è stato un Ministro del suo governo ed ha avuto fin dall’inizio il suo imprimatur, altrimenti ora non sarebbe a Palazzo Chigi. E’ dunque molto probabile che gli elettori darebbero al Pd tutto intero la colpa di una manovra vessatoria e piena di spiacevoli sorprese per le tasche degli italiani.