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MUSICA

Addio alla Schola di Loreto. Per ideologia e tirchieria

O gratis o niente: dopo 500 anni la Schola Cantorum della Santa Casa di Loreto viene licenziata. Il vescovo Dal Cin avrebbe addotto problematiche economiche, ma i cantori ricevevano soltanto un rimborso spese di appena 150 euro al mese. Dietro il licenziamento anche l'allontanamento dello storico maestro perché la presenza della Schola non consentirebbe all'assemblea di cantare. Falsità e motivazioni ideologiche, cui faranno seguito ora nuovi cori melensi e decadenti. Tradendo il Concilio che raccomandava proprio di promuovere le scholae cantorum.
- DA LORETO UNA RETTIFICA CHE CONFERMA

Ecclesia 05_02_2020

L’interpretazione del Concilio Vaticano II ha dato luogo ad innumerevoli diatribe. Eppure ci sono disposizioni che dovrebbero essere chiare, direi lampanti. Per esempio la Sacrosanctum Concilium dice: “Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra. Si promuovano con impegno le « scholae cantorum » in specie presso le chiese cattedrali”. Si chiede di far partecipare di più l’assemblea nelle parti proprie, ma mai e poi mai si è chiesto l’esclusione dei cori e della tradizione musicale della Chiesa. Si badi bene, si chiede di promuovere con impegno le “scholae cantorum”, non cori in senso generico, diocesani o meno. Questi complessi sono più specializzati rispetto ad un normale coro parrocchiale, hanno in carico di poter eseguire la grande musica polifonica e il canto gregoriano più elaborato. Sono poi a sostegno dell’assemblea nei momenti alla stessa deputati, perché come dice lo stesso Concilio, ognuno deve partecipare a suo modo.

Allora non si spiegano le notizie che vengono dalla Santa Casa di Loreto, in cui i cantori della importante cappella musicale che risale al Rinascimento si sono visti costretti alle dimissioni in quanto il vescovo delegato pontificio, Fabio dal Cin, li avrebbe informati che il contributo economico ad appannaggio della Cappella non sarebbe stato più erogato. Se volevano, sarebbe stato loro detto, avrebbero dovuto cantare gratuitamente “da buoni cristiani”.

Questo è interessante, perché ci si dovrebbe chiedere come mai questa esortazione non venga rivolta ai fiorai che adornano le chiese, agli elettricisti che curano gli impianti audio, ai sacrestani e ai custodi delle chiese, agli stessi sacerdoti che usufruiscono di una somma di denaro per la celebrazione della messa. Io non mi scandalizzo che tutte queste categorie siano retribuite, perché devono anche vivere, all’operaio sia data la sua mercede. Allora facciamo in modo che tutti, ma tutti lavorano gratis et amore Dei per la Chiesa. Ma non è possibile, anzi è profondamente ingiusto. Questo cristianesimo disincarnato dalla realtà materiale delle cose diviene un’utopia religiosa.

Poi, di cosa stiamo parlando? I 16 cantori professionisti non si ingrassavano certamente grazie a quello che gli veniva elargito. Da quanto risulta alla Nuova BQ, la Cappella poteva usufruire di 30.000 euro annue (che poi non venivano neanche spese tutte) che significa che ogni cantore mediamente percepiva, per 4 prove ed una celebrazione mensile, 156 euro al mese (chi più, chi meno) che in realtà era più un rimborso spese per il viaggio (in quanto molti cantori venivano da fuori) che uno stipendio. Ma veramente un Santuario frequentato come Loreto (per numero di visitatori in un anno, da una recente classifica della World Trade Organization, la Santa Casa è nella top five del turismo religioso in Italia assieme a San Pietro, Assisi, Padova e San Giovanni Rotondo) non può permettersi di rimborsare una cifra così ridicola per spese di viaggio? Evidentemente ci sono cose che non sappiamo, se veramente è così.

Praticamente, con lo stipendio mensile per una persona, si manteneva un’intera cappella musicale. Non sembra essere veramente una spesa che un santuario importante come Loreto non poteva affrontare. Del resto, ho parlato ampiamente di questo problema in un mio libricino appena uscito, “Non ti pago!”, a cui rimando per approfondimenti.

Ma i veri motivi sembra non siano stati quelli economici. Un sentore di come le cose stessero andando era stato dato dall’allontanamento del maestro storico della cappella musicale, padre Giuliano Viabile, che aveva dedicato alla stessa più di trent’anni della sua vita, cercando di mantenerne alte le tradizioni artistiche, liturgiche e culturali. Ai primi di settembre, al padre cappuccino è stato chiesto di lasciare Loreto per un’altra destinazione.  

In effetti i dissidi sull’utilizzo liturgico della cappella non mancavano. Si affermava da parte di alcuni ambienti, anche interni ai padri cappuccini che reggono il santuario, che doveva cantare soltanto l’assemblea, che il coro toglieva spazio all’assemblea, ed altri miti simili. Ma tutto questo va direttamente contro il Concilio tanto decantato e contro tutti i documenti precedenti e successivi. Quindi, ci si dovrebbe interrogare se queste persone difendono veramente l’interesse della Chiesa o difendono una ideologia che non ha nessuna base nella realtà.

In realtà, anche se il coro prende in carico alcuni momenti della messa, c’è ancora molto spazio per l’assemblea, ci sono tante risposte, acclamazioni. Il problema è che l’assemblea non canta per tanti motivi che non hanno a che fare con la cappella musicale, uno dei quali è che i sacerdoti per primo non cantano! Dovrebbero sapere che nella Musicam Sacram (1967), viene detto che il più alto grado di partecipazione, il più importante, e quello del popolo che risponde al sacerdote nel canto (“Comprenda prima di tutto le acclamazioni, le risposte ai saluti del sacerdote e dei ministri e alle preghiere litaniche; inoltre le antifone e i salmi, i versetti intercalari o ritornelli, gli inni e i cantici”).

Ma se il sacerdote per primo non si avvale di questa facoltà, perché vuole imporre agli altri di fare quello che lui stesso non fa? Inoltre, la partecipazione “deve essere prima di tutto interna: e per essa i fedeli conformano la loro mente alle parole che pronunziano o ascoltano, e cooperano con la grazia divina”. L’esterno viene dall’interno e non è un mezzo per riempire una dimensione di partecipazione quando non esiste. Se veramente l’assemblea deve partecipare, c’è chi ha contato che, anche con la Schola, eseguendo brani liturgici del Proprio e dell’Ordinario, ci sono almeno 20 possibilità d’intervento in canto ulteriori per essa. Non è questo considerato partecipare?

Non sappiamo cosa succederà ora a Loreto, immaginiamo che verrà messo un coro che eseguirà i soliti canti melensi che ascoltiamo ogni domenica nelle nostre parrocchie. Siamo in una fase di grandissima decadenza, e il declino della musica sacra e della liturgia è soltanto un elemento di questa decadenza. Eppure lo stesso papa Francesco in discorsi recenti ha ribadito l’importanza della tradizione musicale della Chiesa. Ma naturalmente si prende da lui solo quello che conferma la narrativa che si vuole imporre. Ci sono tanti sacerdoti, vescovi, cardinali, che si rendono conto di questo stato di decadenza e ne soffrono. Purtroppo, devono anche loro sottostare ad una narrativa ecclesiale che da decenni impone le sue falsità facendo il bello e il cattivo tempo.