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LE PRIMARIE

Affluenza e fair play, la lezione francese

Oltre 4,3 milioni di cittadini per le primarie del centrodestra francese; Sarkozy che accetta la sconfitta e si "inchina" all'ex delfino Juppè. Quante lezioni per il centrodestra italiano, diviso e lacerato dove le sconfitte sono fatali non per i leader, ma per i loro delfini. E' tempo di voltare pagina: i leader politici non possono più essere scelti ad Arcore. 

Politica 22_11_2016
Sarkozy e Fillon

Il centrodestra francese sceglie in massa i suoi due candidati che gareggeranno al secondo round per la corsa all’Eliseo e soprattutto mette fuori gioco – per sempre – Nicolas Sarkozy.  I francesi ci stanno dando una sonora lezione politica. Anzi due. E vale la pena di prendere nota. 

Innanzitutto l’affluenza alle urne per il primo turno delle primarie del centrodestra: secondo le stime di Elabe per BFM-TV, hanno votato tra i 3,9 e i 4,3 milioni di persone. Su radio, tv e quotidiani on-line si parla di "mobilitazione record". E in effetti di questo si tratta. Basti sapere che nel 2011 le primarie della sinistra a Parigi e nel resto della Francia richiamarono 2,8 milioni di elettori. «Siamo sommersi», hanno giustamente esultato gli organizzatori del centrodestra. Segno chiarissimo, questo, che i cittadini francesi hanno voglia di cambiamento e di far sentire la propria voce. 

Esercitando il sacrosanto diritto di voto, il centrodestra  d’Oltralpe ha parlato forte e chiaro: ad aggiudicarsi il primo turno delle primarie aperte del centro-destra francese sono stati i due ex premier François Fillon e Alain Juppé, che hanno ottenuto rispettivamente il 44,2% dei consensi (1.737.327 di voti) e il 28,5% (1.118.701), umiliando Sarkozy, che li segue con il 20,6% (810.143). Per Sarkozy si trattava dell’ultimo banco di prova. Lo sapeva lui, lo sapevano i francesi. E la sua sconfitta è la seconda lezione dalla quale dobbiamo imparare. 

L’ex presidente, infatti, ha ammesso senza giri di parole il fallimento alle urne e ha dichiarato forte e chiaro che ora si ritirerà dalla politica. «Non sono riuscito a convincere una maggioranza di elettori e rispetto questa scelta – ha detto – è tempo per me di cominciare una vita con più passioni private e meno passioni pubbliche. Francese sono e francese resto, tutto quello che riguarda la Francia mi toccherà sempre nel profondo del cuore. Nessuna amarezza, nessuna tristezza».

Con un tocco di fair play, Sarkozy ha infine pubblicamente dichiarato che il suo voto andrà a Fillon. E’ questo, infatti, quello che dovrebbe fare ogni personaggio politico che, dopo una vita spesa al servizio della cosa pubblica, non riesce più a guadagnare il consenso elettorale. 

Cosa che dovrebbe succedere anche in Italia. Dove però dopo i verdetti elettorali sfavorevoli, solitamente, le uniche figure che vengono silurate sono i “delfini”, quelli che aspirano al ruolo di leader politico. Si tende a cogliere l’occasione del fallimento alle urne, insomma, per eliminare un potenziale pericolo. Mentre gli “impiegati”, gli “yes-men” della politica rimangono ben saldi al proprio posto, mantenendosi in equilibrio nelle sabbie mobili delle politica. 

Guardando il (provvisorio) dato elettorale francese, poi balza agli occhi un altro dato: il centrosinistra francese è allo sfascio. Il presidente uscente Hollande è ai minimi storici di popolarità (4%) e la sinistra resta divisa. 

In corsa all’Eliseo, inoltre, per le presidenziali delle prossima primavera ha già annunciato la sua discesa in campo l’ex banchiere e già ministro dell’Economia del governo Hollande,  Emmanuel Macron, 38 anni, molto amato dai francesi. Che però la sinistra francese reputa troppo “di centro”. Questo significa che potrebbero essere due diverse “destre” a contendersi l’Eliseo: quella moderata rappresentata da Fillon e Juppè o da un uomo di centro come potrebbe essere lo stesso Macron, e quella con derive xenofobe incarnata dal Front National di Marine Le Pen. 

Quello che è certo è che con il secondo turno delle primarie fissato per il 27 novembre un po’ di nubi si schiariranno. Si tratterà ancora una volta di primarie aperte a tutti, dove ognuno potrà esprimere la propria scelta – appunto – fra il pacato François Fillon, 62 anni, ex premier sotto Sarkozy, liberista e ispirato da Margareth Thatcher, sostenuto dalla maggioranza del mondo cattolico, e il 71enne attuale sindaco di Bordeaux Alain Juppè. 

Le primarie francesi, insomma, proprio perché “aperte”, si confermano un momento importante. E lo dimostra la grande partecipazione dei cittadini. Per questo è tempo che anche il centrodestra italiano cominci a capirlo. I leader politici non possono essere decisi nelle riunioni più o meno segrete di Arcore o durante un aperitivo riservato ai soci di un club. Poco importa che ciò avvenga tramite la chiamata alle urne, o tramite un pubblico congresso; quello che conta è che devono essere gli elettori a scegliere i propri candidati e rappresentanti. Devono sentirsi partecipi. Altrimenti il risultato sarà sempre lo stesso: la disaffezione più totale nei confronti della politica. 

Mentre dal modello francese il centrodestra italiano dovrebbe imparare metodi, progettualità, dialettica politica e coinvolgimento della base, dai moderati tedeschi dovrebbe prendere le distanze, almeno sul piano delle scelte, a dir poco ostinate: la Merkel ha annunciato che si candiderà per la quarta volta. Non è certamente una prova di rinnovamento della politica né di fiducia nella selezione democratica di una classe dirigente. Sembra Silvio Berlusconi quando dichiara di aspettare la riabilitazione di Strasburgo per potersi ricandidare alla “tenera” età di 80 anni. Peccato davvero che leader che hanno segnato la storia di importanti Paesi europei escano di scena in questo modo così inglorioso. Ma forse, come azzarda qualcuno, non erano fino in fondo dei leader.