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GIUBILEO

Amore e felicità, lezione del Papa a 70mila ragazzi

A settantamila giovani che gremivano piazza San Pietro, papa Francesco ha ricordato che la felicità non è una “app” che si scarica sul cellulare, ma la capacità di crescere nell'amore alla scuola di Gesù. Francesco ha ricordato che la gente riconoscerà i discepoli di Gesùì da come questi si amano tra loro. Il Papa ha spiegato in cosa consiste e da dove viene il vero amore, che è anche radice dell'autentica gioia e libertà.

 

Ecclesia 24_04_2016
Papa Francesco

Stamane, domenica 24 aprile 2015 Papa Francesco ha celebrato la Messa per il Giubileo dei ragazzi. A settantamila giovani ha ricordato che la felicità non è una "app" che si scarica sul cellulare ma la capacità di crescere nell'amore alla scuola di Gesù. Il Papa è partito dalla pagina evangelica secondo cui da questo la gente riconoscerà i discepoli di Gesù, da come si amano tra loro. 

«L'amore, ha commentato il Pontefice, è la carta d’identità del cristiano, è l’unico “documento” valido per essere riconosciuti discepoli di Gesù. L’unico documento valido. Se questo documento scade e non si rinnova continuamente, non siamo più testimoni del Maestro». Non si tratta però di un «amore “nelle nuvole”, no, l’amore concreto che risplende nella vita. L’amore è sempre concreto. Chi non è concreto e parla dell’amore fa una telenovela, un teleromanzo». La scuola di Gesù è una «scuola di vita» per imparare ad amare. Vi si insegna che «amare è bello, è la via per essere felici. Però non è facile, è impegnativo, costa fatica. Pensiamo, ad esempio, a quando riceviamo un regalo: questo ci rende felici, ma per preparare quel regalo delle persone generose hanno dedicato tempo e impegno, e così, regalandoci qualcosa, ci hanno donato anche un po’ di loro stesse, qualcosa di cui hanno saputo privarsi».

Qui anche un ragazzo può capire «la concretezza dell’amore». Amare, infatti, «vuol dire donare, non solo qualcosa di materiale, ma qualcosa di sé stessi: il proprio tempo, la propria amicizia, le proprie capacità». Il paradigma dell'amore è il Signore stesso, «invincibile in generosità. Riceviamo da Lui tanti doni, e ogni giorno dovremmo ringraziarlo», anche se spesso dimentichiamo di farlo. il Signore ci dona anzitutto la sua amicizia. «Anche se tu lo deludi e ti allontani da Lui, Gesù continua a volerti bene e a starti vicino, a credere in te più di quanto tu creda in te stesso». Questo è molto importante perché per un giovane «la minaccia principale, che impedisce di crescere bene, è quando a nessuno importa di te - è triste, questo -, quando senti che vieni lasciato in disparte. Il Signore invece è sempre con te ed è contento di stare con te». 

Affrontando un tema delicato, il Papa ha detto ai ragazzi che «alla vostra età emerge in voi in modo nuovo anche il desiderio di affezionarvi e di ricevere affetto. Il Signore, se andate alla sua scuola, vi insegnerà a rendere più belli anche l’affetto e la tenerezza. Vi metterà nel cuore un’intenzione buona, quella di voler bene senza possedere, di amare le persone senza volerle come proprie, ma lasciandole libere». Oggi più che mai si manifesta «la tentazione di inquinare l’affetto con la pretesa istintiva di prendere, di “avere” quello che piace; e questo è egoismo. E anche la cultura consumistica rafforza questa tendenza. 

Ma ogni cosa, se la si stringe troppo, si sciupa, si rovina: poi si rimane delusi, con il vuoto dentro. Il Signore, se ascoltate la sua voce, vi rivelerà il segreto della tenerezza: prendersi cura dell’altra persona, che vuol dire rispettarla, custodirla e aspettarla. E questa è la concretezza della tenerezza e dell’amore». È anche la vera libertà, che i giovani sempre desiderano. «Molti, ha spiegato il Papa, vi diranno che essere liberi significa fare quello che si vuole. Ma qui bisogna saper dire dei no. Se tu non sai dire di no, non sei libero. Libero è chi sa dire sì e sa dire no». La libertà non è relativismo, non è «poter sempre fare quello che mi va: questo rende chiusi, distanti, impedisce di essere amici aperti e sinceri». È libero chi è capace di «scelte coraggiose e forti» dove «si realizzano i sogni più grandi, quelli per cui vale la pena di spendere la vita». 

Riprendendo un'espressione che ha citato più volte nel suo Magistero del beato Pier Giorgio Frassati, Papà Francesco a invitato i ragazzi a non «”vivacchiare” stando comodi e seduti; non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all’ultima moda». La vera felicità «non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore. La libertà è un’altra cosa».

Che cos'è l’amore? È certo una domanda che sta a cuore ai giovani. Francesco risponde che «è il dono libero di chi ha il cuore aperto; l’amore è una responsabilità, ma una responsabilità bella, che dura tutta la vita; è l’impegno quotidiano di chi sa realizzare grandi sogni!». Anzi, «guai ai giovani che non sanno sognare, che non osano sognare! Se un giovane, alla vostra età, non è capace di sognare, già se n’è andato in pensione, non serve». L’amore però non è solo sogno, «non è una dolce poesia da studiare a memoria, ma una scelta di vita da mettere in pratica!».

Come possiamo crescere nell'amore? «Il segreto è ancora il Signore» e sono i sacramenti, specialmente l'Eucarestia e la Confessione. Il Papa ricava un concetto da una canzone degli alpini:«Nell’arte di salire, l’importante non è non cadere, ma non rimanere caduto!». «Avere il coraggio di alzarsi, di lasciarci alzare dalla mano di Gesù. E questa mano tante volte viene dalla mano di un amico, dalla mano dei genitori, dalla mano di quelli che ci accompagnano nella vita. Anche Gesù stesso è lì. Alzatevi! Dio vi vuole in piedi, sempre in piedi!».

I giovani sono capaci di «gesti di grande amicizia e bontà» e di genuino entusiasmo. Devono usarlo, conclude il Papa, per «costruire così il futuro: insieme agli altri e per gli altri, mai contro qualcun altro! Non si costruisce “contro”: questo si chiama distruzione». Chi costruisce pratica invece «le opere di misericordia: allenatevi con entusiasmo in esse per diventare campioni di vita, campioni di amore! Così sarete riconosciuti come discepoli di Gesù. Così avrete la carta d’identità di cristiani. E vi assicuro: la vostra gioia sarà piena».