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DEVOZIONE E LEGGENDE

Anche la “Maronna” dei gay sa cos'è il peccato

Il movimento Lgbt si dice devoto alla Madonna di Montevergine e usa una leggenda miracolosa che vide protagonisti due omosessuali per la Candelora per utilizzarla come simbolo. Bene, vadano pure in pellegrinaggio perché Dio ama tutti i suoi figli. Ma un conto è presentare le proprie fragilità per essere sanati da Gesù, altro è fondare un movimento rivendicando il peccato. 

Editoriali 05_02_2017
Luxuria alla juta dei femminielli

Si dice che nel 1256 due gay campani, che allora (e anche oggi) si chiamavano ricchioni o femminielli, furono salvati dall’intervento della Madonna di Montevergine, protettrice della Campania. Scrive l’«Huffington Post» che i due erano stati legati a un albero e sarebbero morti assiderati (era febbraio, anzi il 2, cioè la Candelora e, meglio, la Purificazione di Maria al Tempio, obbligatoria per le donne ebree che restavano impure per quaranta giorni dopo il parto, ottanta se avevano partorito una femmina).

Invocarono la Madonnina e questa li liberò. E’ vera questa tradizione? Boh. E perché erano stati legati? Altro boh. Forse perché a quei tempi il Liber Gomorrhianus di san Pier Damiani diceva peste e corna dell’«orrido vizio contronatura», uno dei peccati che «gridano vendetta al cospetto di Dio». Così, ogni 2 febbraio i femminielli vanno a rendere omaggio a Mamma Schiavona, così detta perché nera. E cantano anche loro la tradizionale nenia che ogni campano conosce: «Ohì, Maronna quante si’ bella, che ‘n ce fai n’da ‘sta cappella?».

Vladimir Luxuria (si chiama Guadagno, ma ha voluto mettersi per nome d’arte uno dei sette Peccati Capitali, e «capitali» vuol dire mortali per l’anima) quest’anno c’era anche lui, per far benedire alla Vergine & Madre di Dio una lettera pro lgbt da presentare – spera - a papa Bergoglio. Il quale, sentendosi – com’è noto - indegno di giudicare, di certo la leggerà. La cosa, in ogni caso, non deve stupire.

Nel Vangelo è Cristo stesso a parlare di quelli che si fanno «eunuchi in vista del Regno del Cieli», dopo aver detto che alcuni nascono proprio così. Insomma, da sempre, il cristianesimo ha un occhio di compassione per le debolezze e i problemi umani, Dio sa di cosa siamo fatti. Ma il «vizio» è un’altra cosa. Se ti riconosci schiavo e te ne dispiace, va rubricato sotto la voce «fragilità» e merita compassione.

Se invece ne fai bandiera allora diventa «peccato contro lo Spirito Santo», imperdonabile perché pretende che il male sia bene. Il Vladimiro dovrebbe riflettere su questo, dal momento che i Pastori non glielo spiegano per amor di pace (ma ne renderanno conto).

Tornando al miracolo del 1256, se è vero, nessun problema: a Lourdes la Madonna ha guarito anche un alcolista cirrotico all’ultimo stadio. Dunque, un vizioso. Si sarà pentito, si sarà emendato? Non lo sappiamo. Di certo, però, la sua responsabilità di fronte a Dio sarà aumentata. All’adultera a cui ha evitato la lapidazione Gesù dice «non ti condanno, ma non farlo più». C’è da pensare che lo spavento preso l’avrà aiutata a rigare dritto. Se è ricaduta, poco male (moralmente): fragilità. Ma se si è messa a fondare un movimento pro-adulterio la musica cambia.

In fondo, il discrimine è tutto qui. La castità è richiesta anche agli eterosessuali. Si dirà che questi possono spegnere i bollori sposandosi. Vero, ma chi parla così di solito non è sposato: anche nel matrimonio le euforie durano poco. Si può vivere in castità tutta la vita? Tanti preti e religiosi lo fanno, e l’hanno sempre fatto. L’attuale enfasi sul sesso è un accidente storico, e nella storia non c’è nulla di irreversibile.

Vadano dunque i gay in pellegrinaggio a Montevergine, ci vadano pure tutti i giorni, fanno benissimo. La Madonna ama anche loro ed è così potente da risolvere ogni cosa. Ma ci vadano come ci va ogni pellegrino: con cuore umile ed aperto alla Grazia. Solo così smuoveranno il Cielo. Altrimenti, l’unica cosa che riusciranno a smuovere è qualche vescovo pusillanime, che anziché insegnar loro a vincere la fragilità ce li infognerà vieppiù. Antico proverbio: il medico pietoso uccide l’ammalato.