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MEMORIA

Antonia Arslan, i vecchi e nuovi volti del genocidio

Il 27 gennaio è il giorno della memoria della Shoah. Il 24 aprile scorso si è commemorato il centenario del genocidio armeno. Fra i due grandi crimini del Novecento c'è un nesso diretto, come ci spiega la scrittrice Antonia Arslan, nota per il romanzo La Masseria delle Allodole. E non è solo storia: nuove violenze genocide si compiono ora negli stessi luoghi di deportazione del popolo armeno. Il movente è religioso, stavolta, ma gli attori sono molto simili a quelli del passato.

Libertà religiosa 27_01_2016
Deir Ezzor, il memoriale armeno demolito

Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria, dedicato alla Shoah. Il 24 aprile scorso si era celebrato un altro giorno della memoria, dedicato al Medz Yeghern, il genocidio degli armeni. C’è un filo rosso sangue che collega i due omicidi di massa, benché avvenuti a quasi trent’anni di distanza l’uno dall’altro, in luoghi, regimi e culture molto differenti fra loro. Lo spiega bene Antonia Arslan, celebre per il suo romanzo La Masseria delle Allodole, storia della sua famiglia attraverso lo sterminio del 1915. L’abbiamo incontrata alla sinagoga di Milano, ospite della Comunità ebraica e dell’associazione Amicizia Ebraico-Cristiana di Milano Carlo Maria Martini, per parlare della memoria condivisa dei due genocidi, nel bene e nel male: gli ebrei che aiutarono gli armeni (fra cui  soprattutto l’ambasciatore americano a Costantinopoli, Henry Morgenthau) e, un terzo di secolo dopo, gli armeni che aiutarono gli ebrei, anche solo per il fatto di aver conosciuto in prima persona una deportazione e uno sterminio di massa.

Ma anche nel male: il Medz Yeghern fu ispirato dalla filosofia politica tedesca. La Germania, alleata dell’Impero Ottomano anche prima dello scoppio della Grande Guerra, contribuì a giustificare il genocidio e addirittura a ispirarlo. Per il solo fatto che gli armeni erano sotto dominio ottomano, erano considerati un “problema” anche per la Germania. In tempo di guerra, i tedeschi sostennero e coprirono il genocidio. Anche dopo la Grande Guerra, la Germania continuò a giustificare il genocidio armeno come un “fatto necessario”, la soluzione di un “problema razziale”. Nonostante gli armeni fossero cristiani, i nazisti li presentarono storicamente come “gli ebrei del Medio Oriente” e il genocidio come “giustificabile”, perché aveva contribuito alla nascita di una nuova Turchia. “Nessuna storia del Ventesimo Secolo può ignorare la diretta e disturbante connessione fra i due grandi crimini”, sottolinea la Arslan.

I grandi stermini appartengono solo alla storia del Novecento o possono ripetersi? Ci sono le premesse per una loro riedizione nel Ventunesimo Secolo? “Certamente sì – ne è convinta la Arslan – E’ un tipo di sterminio moderno che è stato inventato all’inizio del Novecento, ma che si è ripetuto tante volte anche in tempi recenti: si pensi al Rwanda, alla Cambogia, all’Ucraina dell’Holodomor, tutte tappe sanguinose di questa storia. L’ingrediente principale è il fanatismo e soprattutto l’ossessione contro un gruppo. Quando si rafforza, è la premessa di un genocidio. Ma perché questo inizi, occorre un governo che lo metta in atto. E noi vediamo casi di governi che sarebbero anche pronti a ordinarlo, ai giorni nostri”. Se pensiamo all’Isis, sta compiendo violenze di tipo genocida anche nei luoghi della deportazione degli armeni. “Deir Ezzor, per esempio: in quella città sono arrivate truppe dalla provenienza ignota, stando a quanto mi hanno riferito, determinate a distruggere il Memoriale degli armeni. Questa non aveva alcun significato bellico o politico, era una piccola cappella con un po’ di ossa dentro. Ma nel 2014 è stata proprio la prima cosa ad essere distrutta. E questo ha un grande significato. Così come l’accanimento contro quel piccolo popolo inerme degli yezidi, in Iraq. La sistematicità con cui vengono uccisi, mentre le loro donne sono schiavizzate, rivela un progetto di sterminio di quella popolazione, nella sua interezza. E anche quelle sono le stesse aree della tragedia armena”.

Come si spiega l’accanimento contro un simbolo del Grande Male? Persiste un odio storico nella popolazione locale? “Non direi – ci risponde la Arslan – perché gli arabi e i beduini del Nord della Siria non hanno mai trattato male gli armeni. Anzi, quelle poche persone che si sono salvate a Deir Ezzor, nel 1915 e 1916, si sono inserite in famiglie beduine. E’ possibile, piuttosto, che fra i massacratori di oggi ci siano turchi. Sono loro che hanno la smania di negare il passato e distruggerne ogni traccia”. La Turchia ha sempre applicato una politica di negazionismo storico. C’è anche il rischio che torni totalitaria? “I cremlinologi dicevano dell’Urss che fosse un enigma avvolto nel mistero. Oggi possiamo dire altrettanto del governo islamico turco. Quale sia la vera intenzione del presidente Erdogan e del primo ministro Davutoglu, non lo sappiamo. Sicuramente c’è qualcosa di molto oscuro sul rapporto fra il governo di Ankara e l’Isis, come suggeriscono le file di camion di ‘aiuti umanitari’, che in realtà erano armi. Ora, cosa abbia intenzione di fare in futuro… la priorità è determinare il destino della Siria, in competizione con la Russia. Gli armeni, attualmente, sono secondari”.

I curdi sono le nuove vittime. Perché, come spiega la Arslan, tutte le minoranze sono prima o poi finite sotto la scure della turchificazione. Gli armeni vennero sterminati per primi, ma poi toccò ai greci sotto Ataturk, poi ancora nel ’41 con la tassa straordinaria sulle loro proprietà e infine con il pogrom del 1955. Invece “Con i curdi, che collaborarono attivamente al genocidio armeno, venne tentata negli anni ’30 una politica di assimilazione, vietando la loro lingua, considerandoli come ‘turchi delle montagne’. Solo negli ultimi anni è stata seguita una politica di apertura, ma adesso è già finita con l'inizio delle ostilità nell’est dell’Anatolia. La maggior paura dei turchi, oggi, è che si costituisca uno Stato indipendente curdo nel nord dell’Iraq e che questo embrione di nazione attiri anche le regioni turche a maggioranza curda”. I curdi, da persecutori degli armeni, sono attualmente gli unici protettori delle minoranze cristiane: “i curdi hanno ammesso la loro colpa apertamente, hanno chiesto scusa e hanno constatato amaramente che la loro collaborazione al genocidio si è rivolta contro loro stessi. Hanno capito che, una volta eliminate tutte le minoranze, è arrivato il loro turno”.

Il genocidio è avvenuto più a causa del nazionalismo o della religione? “Il genocidio armeno è stato compiuto, prima di tutto, nel nome di ideali nazionalisti, nel nome della nazione turca. Ma l’elemento religioso è stato comunque molto importante, perché la popolazione ha risposto all’appello della guerra santa. La classe dirigente era laica: i Giovani Turchi erano anche atei, bevevano, parlavano di de-islamizzazione. Ma la nazione che governavano era musulmana. Oggi il catalizzatore più potente per un eventuale nuovo sterminio è invece religioso. Perché c’è un odio religioso diffuso, lo si vede da tante cose. Speriamo, comunque, che non si scateni un nuovo genocidio, ma i rapporti nel Medio Oriente sono talmente involuti (basti pensare alle centinaia di migliaia di morti in Siria) che il rischio è reale. Si dice sempre che sia a causa del petrolio. Certamente sono territori molto ricchi e possono far gola a molti. Ma non ridurrei tutto alla questione economica. Basti pensare al genocidio del ‘15, appunto: uccisero tutti gli agricoltori armeni, a costo di trasformare l’Anatolia orientale in un deserto. La Turchia visse un ventennio di crisi, proprio perché la sua classe più operosa e produttiva era stata sterminata. La gente uccide e muore per fanatismo, molto spesso anche in modo autolesionista”.