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VERSO LA GIORNATA DELLA BUSSOLA/INTERVISTA

Burke: «Nostro compito è annunciare Cristo e difendere la fede»

«Il Signore ci ha detto di andare in tutto il mondo per battezzare le genti, questo è molto chiaro, questo è il nostro compito». «Se un missionario ha solo l'intenzione di apprezzare le culture indigene, non solo non evangelizza ma rischia anche di perdere la fede». «Il documento di lavoro per il Sinodo sull’Amazzonia è assolutamente inaccettabile, dobbiamo fare tutto il possibile per difendere la fede cattolica nella sua integrità». «È anche disonesto presentare un Sinodo come finalizzato all’evangelizzazione dell’Amazzonia, quando poi il vero obiettivo diventa rivoluzionare tutta la Chiesa». «Non sono un nemico del Papa e non c'è alcun complotto americano. Bannon? Non sono coinvolto con gente che lavora per distruggere la Chiesa». Parla il cardinale Raymond L. Burke, che terrà la relazione principale alla Giornata della Bussola del 6 ottobre.

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- «LA FEDELTÀ AL PAPA CI IMPONE CHIAREZZA SULLA FEDE», di R. Burke e A. Schneider 

Ecclesia 24_09_2019 English Español
Il cardinale Burke

«Il Signore ci ha detto di andare in tutto il mondo per battezzare le genti, questo è molto chiaro, questo è il nostro compito». «Se noi non menzioniamo Cristo, perché la gente dovrebbe chiederci di Lui?». Il cardinale Raymond Leo Burke, statunitense, introduce così il tema dell’evangelizzazione che sarà al centro della Giornata della Bussola che si svolgerà il 6 ottobre presso la Comunità Shalom-Regina della Pace a Palazzolo sull’Oglio (Bs). “Fino ai confini della terra” è il tema della Giornata e anche il titolo della relazione che proprio il cardinale Burke svolgerà il 6 mattina.

Eminenza, oggi va molto di moda sostenere che nostro compito è solo quello di testimoniare Cristo semplicemente facendo bene e del bene, magari aiutando i poveri e gli immigrati.
Le rispondo con l’esempio di San Pietro Claver, gesuita spagnolo che per oltre quarant’anni, nel XVII secolo, fu missionario a Cartagena, in Colombia, per gli schiavi  che arrivavano dall’Africa. Quando arrivavano le grandi navi piene di schiavi, lui era lì per curare le loro ferite, però anche insegnava loro le preghiere perché riteneva che il dono più importante che lui aveva da dare era la fede.

Si vuole evitare il proselitismo…
Proselitismo vuol dire tentare di imporre la dottrina oppure fare dell’ingresso nella Chiesa la condizione per avere aiuti materiali. E questo certamente non è corretto. Ma noi non possiamo non annunciare Cristo a chi non lo conosce, non possiamo non mostrare la bellezza della Chiesa. Questo lascia l’interlocutore perfettamente libero, ma lui riceve la testimonianza. Ho in mente l’esempio di un immigrato islamico che, incontrando un giovane cattolico e parlando con lui delle rispettive fedi, è rimasto  impressionato da un Dio molto vicino al suo popolo, al contrario di quello che si vive nell’islam; e ha chiesto il battesimo. Gesù Cristo è l’unico salvatore del mondo e se noi annunciamo Cristo la gente sarà attratta. Se noi non menzioniamo Cristo e se non diciamo che il nostro amore viene da Lui, nutrito dall’Eucaristia, perché la gente dovrebbe chiederci di Lui? Il Signore ci ha detto di andare in tutto il mondo per battezzare le genti, questo è molto chiaro, questo è il nostro compito.

In generale oggi si mette più l’accento sul bisogno di apprezzare le culture e le religioni diverse, si dice che i missionari devono essere in ascolto, quando arrivano devono soprattutto apprendere da queste genti native il loro messaggio.
Se uno parte come missionario avendo solo l’intenzione di apprezzare la cultura che troverà, allora possiamo stare certi che non ci sarà evangelizzazione, probabile anzi che questi missionari perdano la loro fede. Ma questo atteggiamento non è certo una novità. Ricordo quando ero giovane sacerdote, un parroco mi chiamò per partecipare a un incontro con un missionario in Africa. Rimasi scandalizzato perché diceva che nei tre anni che era stato in missione non aveva mai celebrato la messa, ma stava ancora apprezzando la gente, entrando più pienamente nella loro vita. Purtroppo non si tratta di casi isolati.

Questo ci porta alla questione del Sinodo dell’Amazzonia, il cui documento preparatorio (Instrumentum Laboris) riecheggia proprio questo approccio, e anche peggio. Lei, insieme a monsignor Athanasius Schneider, ha pubblicato un appello alla preghiera e al digiuno perché errori ed eresie di questo documento non siano approvati dal Sinodo.
Dobbiamo pregare e digiunare per la Chiesa perché siamo in una crisi profondissima. Dobbiamo fare tutto il possibile per difendere la fede cattolica nella sua integrità. Questo documento è assolutamente inaccettabile. La realtà di Cristo stesso è messa in discussione quando si afferma che in queste culture pagane ci sono già fonti di rivelazione che devono essere rispettate in se stesse, al di fuori del contesto del piano di Dio che è realizzato nell’incarnazione di Cristo. Secondo la visione profondamente sbagliata dell’Instrumentum Laboris, Cristo diventa una cosa sola insieme al cosmo e Dio si rivela anche in altre cose. Strettamente connesso con questo è il panteismo, quindi un culto del mondo naturale. Ma l’unico culto per noi è il culto divino, ed è per questo culto offerto a Dio, come Dio stesso ci insegna, che comprendiamo il giusto rapporto con la natura e con noi stessi.

Poi c’è il problema del significato del sacerdozio…
Certo, su questa strada viene messo in discussione l’unico sacerdozio di Gesù Cristo. In omaggio alle culture indigene si pretende che i ministeri siano condivisi da varie persone, che siano a rotazione. E poi l’attacco al celibato, che è di origine Apostolica e costituisce un bene anzitutto teologico, l’appartenere totalmente a Cristo per essere con Cristo partecipe del suo ufficio sacerdotale.
Il sacerdote è fatto per celebrare l’Eucaristia, per offrire se stesso vittima per la salvezza delle anime, per darsi totalmente a Cristo. Questo è l’essenziale, tutte le altre attività sacerdotali - l’insegnamento, il soccorso dei fedeli in difficoltà, le varie opere, anche la difesa degli indios – sono una conseguenza, potrebbero anche venire meno senza togliere nulla al ministero. Ma quando arriva il sacerdote c’è una grazia speciale, perché sacramentalmente configurato a Cristo. Le persone di fede sanno bene questo e apprezzano molto.

Il pretesto è quello del calo delle vocazioni.
Ma quelli che stanno promuovendo una “nuova Chiesa” non vogliono le vocazioni, le scoraggiano, proprio per giustificare la loro posizione di attacco al celibato. Non è un caso che in questi tempi sono maggiormente presi di mira gli istituti religiosi, magari giovani congregazioni, che hanno molte vocazioni. Sta girando anche un video di un noto religioso italiano che parla di “fine della Chiesa dei preti”, di nuovi modelli di ministero. Questo è esattamente ciò che vogliono, ma è un pensiero protestante. Ma non è vero che non ci sono più vocazioni, quello che in molti luoghi manca è l’apostolato per le vocazioni, la preghiera per le vocazioni. Quando ero vescovo diocesano negli Stati Uniti in ogni incontro con i sacerdoti richiamavo all’apostolato per le vocazioni. Una volta un sacerdote, alla fine della mia presentazione ai sacerdoti, mi disse: mai incoraggerò un giovane a diventare sacerdote finché la Chiesa non permetterà il sacerdozio alle donne e abolirà il celibato dei preti. Ecco il problema.

C’è anche chi ha in mente di fare della Chiesa amazzonica il paradigma per la Chiesa universale.
Questo è anche un altro punto importante. C’è un atteggiamento molto disonesto, che rivela uno spirito di mondanità. Il Sinodo è presentato come finalizzato alla cura pastorale verso persone da evangelizzare in Amazzonia, ma in realtà vescovi tedeschi affermano chiaramente che l’obiettivo è rivoluzionare tutta la Chiesa, e certo non è il piano di Dio ma di una certa ideologia. Tanto che il vescovo di Essen, monsignor Franz-Josef Overbeck, ha potuto dire nei giorni scorsi che dopo il Sinodo amazzonico nella Chiesa “niente sarà più come prima”.

A proposito di rivoluzioni nella Chiesa, di tanto in tanto il suo nome esce fuori tra i “nemici” di papa Francesco. Lei è spesso collegato a Steve Bannon e, più in generale, a ricchi americani, preoccupati per le critiche al capitalismo, e quindi impegnati in una cospirazione per “cambiare il Papa”, come dice anche un libro appena uscito in Francia e regalato al Papa nel suo recente viaggio in Africa.
Quando mi rimproverano di essere “nemico” del Papa, chiedo sempre di citare anche una sola occasione in cui avrei attaccato papa Francesco. Difendere l’integrità della fede cattolica non può certo essere visto come un attacco al Papa, se abbiamo chiaro cosa un Papa significhi per la Chiesa. Quanto al resto sono tutte sciocchezze.  Parlando di Bannon, l’avrò incontrato un paio di volte, come avviene per tante persone pubbliche. Recentemente ho anche preso pubblicamente le distanze da una associazione internazionale che, nata per aiutare i parlamentari europei ad agire in accordo con la Dottrina sociale della Chiesa, stava diventando sempre più vicina all’attività politica di Bannon. Addirittura Bannon voleva fare un film sul libro “Sodoma” di Frédéric Martel, che vuole dimostrare che la Chiesa è una banda di ipocriti e che i cardinali sono quasi tutti omosessuali. Ma io devo insegnare la fede, difendere la fede, non posso essere coinvolto con gente che agisce per distruggere la Chiesa.

Rimangono i capitalisti americani….
Ma non c’è alcun complotto. È ovvio che in qualsiasi società libera, c’è la libertà delle persone di esprimere le proprie opinioni e le proprie esigenze. Fra i ricchi, ci sono anche cattolici che fanno molti sacrifici per la Chiesa, possono dire la loro, ma non sono una banda contro papa Francesco e certamente io non sono il loro guru, come qualcuno dice.

Comunque nella Chiesa americana sono tempi turbolenti, la vicenda McCarrick non è ancora stata digerita.
Negli Stati Uniti, il caso McCarrick è ancora aperto perché non è mai stata fatta luce su chi ha protetto e promosso questo cardinale, che fin dall’inizio del sacerdozio abusava di giovani. Malgrado ciò da prete è diventato vescovo, poi promosso a una diocesi più importante, infine cardinale: c’è una spiegazione razionale per quello che è successo.  E se non si riconosce, se non si fa luce sul come è accaduto e sui responsabili, la gente è ovviamente delusa e smarrita. La cosa più grave è che i fedeli hanno perso fiducia nei loro vescovi. Per me è sempre stato edificante vedere che anche dopo il primo scandalo del 2002 la gente amava i suoi preti, ma ora la fiducia nei vescovi è minima. I vescovi dovevano gestire la situazione dei preti abusatori, e invece ecco scoppiare il caso clamoroso di McCarrick: non solo commetteva questi delitti ma è stato promosso molte volte, questo è incredibile.
A questo proposito, c’è un problema di fondo a cui sono molto sensibile. Ho sentito dire e sento ancora oggi, che il diritto canonico non era in grado di trattare queste cose. Ma questo è falso, erano già previste procedure canoniche per questi casi: davanti a delle accuse, era obbligatoria l’inchiesta previa, dopo di che, in base a quello che veniva scoperto, scattava o meno un processo giudiziario o amministrativo. Purtroppo quando ci sono state accuse, i vescovi, invece di seguire la disciplina della Chiesa, hanno fatto a modo loro. E questo è sempre uno sbaglio, così i vescovi hanno protetto i sacerdoti che hanno commesso atti terribili di abuso sessuale.

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