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BERLUSCONI

Centrodestra, le primarie negate

Silvio Berlusconi dice "no" alle primarie nel centrodestra, in vista delle prossime amministrative. Perché Forza Italia è frammentata, priva di momenti di confronto, di assemblee e di selezione di una classe dirigente. L'unica formazione compatta nel centrodestra è la Lega. Ed è ciò che Berlusconi teme.

Politica 25_08_2015
Silvio Berlusconi

Due giorni fa Silvio Berlusconi ha nuovamente escluso la possibilità di primarie nel centrodestra. Secondo l’ex Cavaliere, le primarie sono manipolabili e quindi è meglio scegliere i candidati mediante accordi tra le forze politiche che compongono la coalizione. 

Da un certo punto di vista, nulla di nuovo. Già in passato il leader del centrodestra aveva attaccato la sinistra per aver usato lo strumento delle primarie in modo eterodiretto, cioè per conferire una veste di democraticità a consultazioni della base che in realtà avevano vincitori stabiliti a tavolino dai vertici del Pd. E non gli si può dare torto, visti i numerosi episodi di brogli e contestazioni, che in Campania e altrove hanno avvelenato il clima elettorale nella sinistra.

In realtà dalle ultime esternazioni di Berlusconi sull’argomento qualcosa è cambiato. Anzitutto si avvicina la campagna elettorale per le elezioni amministrative in alcune importanti città tra cui Milano, Napoli, Bologna e Torino. In nessuna di queste città s’intravvedono intese consolidate tra Lega e Forza Italia per individuare candidati vincenti. La partita più importante è ovviamente quella nella città di Expo 2015. Lì Renzi non può permettersi di perdere, e non è un caso che negli ultimi mesi, dall’inaugurazione della kermesse internazionale, abbia trascorso tanto tempo nel capoluogo lombardo. 

Ma nel centrodestra è accaduto anche altro. C’è stata nel frattempo la scissione di Raffaele Fitto e di un manipolo di parlamentari prevalentemente del Sud, che tra le altre cose hanno rimproverato all’ex Cavaliere di aver sempre rifiutato le primarie e quindi il coinvolgimento della base nella selezione dei candidati. 

Inoltre, i rapporti di forza tra Lega e Forza Italia si sono ormai capovolti. A trainare consensi sembra Matteo Salvini, sia pur con intonazioni a volte populiste, mentre il partito degli azzurri sembra dilaniato al suo interno e preda delle manie accentratrici di Berlusconi e del cosiddetto cerchio magico.

Se si svolgessero, quindi, le primarie, come chiedono Lega, Fratelli d’Italia, esponenti del Nuovo Centrodestra come Maurizio Lupi e perfino alcuni esponenti di Forza Italia come Giovanni Toti e Renato Brunetta, non sarebbero da escludere sorprese, nel senso che a spuntarla potrebbe essere un candidato della Lega. L’elettorato del Carroccio appare al momento più motivato e radicato sul territorio rispetto a quello forzista e voterebbe compatto alle eventuali primarie. E magari Forza Italia potrebbe spaccarsi tra più candidati, facendo il gioco dei salviniani. Ecco perché Berlusconi preferisce riservarsi l’ultima parola sui candidati.

Ma c’è anche una versione più “dietrologica” di queste dichiarazioni di Berlusconi, che in realtà ambirebbe soltanto a continuare a tenere sotto scacco il centrodestra, per poi scegliere tra Renzi e Salvini in base alle convenienze del momento. Questo, però, è uno scenario più nazionale, che al momento non sembra attualissimo, visto che le politiche sono previste nel 2018. In ballo ora ci sono solo le primarie per scegliere i candidati sindaci.

Il “modello Brugnaro”, che si è rivelato vincente a Venezia, al momento sembra irrealizzabile nelle città chiamate al voto nella primavera prossima. A Milano un altro Brugnaro non si vede all’orizzonte. Analoga situazione in altri capoluoghi, per esempio a Bologna, dove si profila la candidatura a sindaco di un consigliere regionale di Forza Italia, obiettivamente con poche chance di successo.

E allora il nodo è più generale e riguarda la selezione di una classe dirigente di centrodestra con un programma di centrodestra. Non ci sono scuole di formazione politica, non ci sono momenti assembleari, né di coalizione né di partito. Soltanto la Lega svolge con regolarità i suoi congressi e le sue assemblee e ha annunciato l’attivazione di corsi di formazione politica. Salvini fa comizi nel Nord Italia, e anche nel Centrosud, per spiegare le sue ricette. Un pensatoio di docenti universitari, intellettuali di area e professionisti di livello sta scrivendo un programma per l’Italia e lo consegnerà al leader del Carroccio nelle prossime settimane.

Sul versante forzista, invece, calma piatta. Nessun congresso, nessun momento di confronto, nessuna selezione di forze fresche, al di là dei ricorrenti proclami; soltanto riunioni di vertice e vendette verso transfughi e nemici interni alla coalizione. Con queste premesse la corsa per la conquista delle città appare decisamente in salita. Difficile illudersi che si possa estrarre dal cilindro candidati vincenti senza la preliminare condivisione di una strategia e di un programma per i diversi territori.

Senza contare che le alleanze sono tutte da definire. I verdiniani e i fittiani, forti in alcune aree del Paese, saranno della partita o appoggeranno i candidati renziani? Il Nuovo Centrodestra, considerato l’ostracismo di Salvini verso Alfano, appoggerà i candidati scelti da Lega e Forza Italia? Verrà coinvolto al tavolo negoziale o alle eventuali primarie o verrà spinto definitivamente tra le braccia di Renzi?

Tutti interrogativi che riceveranno risposta nei prossimi mesi. Gli equilibri locali saranno certamente influenzati da quelli nazionali, ma fin da ora si può concludere che questo centrodestra, senza un’identità unitaria, un programma liberaldemocratico sensibile ai valori cattolici e una classe dirigente onesta e competente, non andrà lontano. E finirà per fare il gioco di Renzi. Che è forse quello che, sotto sotto, vuole Berlusconi.