Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
VIAGGIO APOSTOLICO

Colombia, le Farc supplicano il perdono del Papa

Giornata delicata e importante per Papa Francesco in Colombia. Riceve la lettera di Rodrigo Londoño, capo delle Farc che supplica il perdono del Papa. E dell'ex presidente Uribe che chiede una pace giusta e non caratterizzata dall'impunità. Messa di riconciliazione a Villavicencio: Cristo «ci insegna a trasformare il dolore in fonte di vita e risurrezione, affinché insieme a Lui e con Lui impariamo la forza del perdono, la grandezza dell’amore».

Ecclesia 09_09_2017
Il Papa a Villavenicio, Colombia

Ieri il viaggio del Papa in Colombia affrontava la giornata forse più attesa e delicata, quella con al centro il tema della riconciliazione che vede il paese sud americano impegnato nella pacificazione con la guerriglia, specialmente quella delle Farc, che l’ha insanguinato e corrotto per decenni.

LETTERE APERTE AL PAPA

Proprio in questi giorni sono arrivate al pontefice due significative lettere aperte che danno il senso di una pacificazione, e di un accordo, controverso e fragile. E d’altra parte segnalano il tentativo che da vari fronti viene fatto per strumentalizzare la visita di Francesco, il quale ha promosso decisamente la via dell’accordo, ma non lesina un richiamo alla giustizia, consapevole di una situazione tutt’altro che stabile e chiara.

La prima lettera è di Rodigro Londoño, soprannominato “Timochenko”, il capo delle Farc in via di disarmo e sulla strada di diventare un partito politico. Ha chiesto a Francesco di levare «la sua voce» perché «non sia frustrato l’enorme sforzo» di pace. «Le sue ripetute dichiarazioni sulla misercordia infinta di Dio», si legge nella missiva diretta al Papa, «mi spingono a supplicare il suo perdono per ogni lacrima o dolore che abbiamo occasionato al popolo della Colombia o a uno dei suoi membri. Mai ci ispirò altro sforzo che non fosse quello di ottenere giustizia per gli esclusi e i perseguitati nel nostro Paese, di rimediare in qualcosa all’ineguaglianza e alla spoliazione sofferta dagli abbandonati».

L’altra lettera è stata scritta dall’ex presidente Alvaro Uribe, capofila del “no” che al referendum dell’ottobre scorso aveva bocciato il primo accordo che il presidente Santos aveva fatto con le Farc. Troppa l’impunità concessa ai guerriglieri, una perplessità che però, leggendo la lettera di Uribe, non sembra affatto sopita. «Anche noi siamo per la pace», sottolinea l’ex presidente, ma «l’impunità totale concessa ai responsabili di atroci delitti, la loro eleggibilità politica, l’autorizzazione legale che hanno ricevuto per utilizzare denaro illecito per le loro attività politiche, e altri punti, costituiscono uno stimolo al delitto». Ha poi sollevato il dramma della narco democrazia che ancora colpisce la Colombia. «Vogliamo la pace», scrive Uribe, «ma la dobbiamo costruire con la legalità».

OMELIA A VILLAVICENCIO

La giornata della riconciliazione si era aperta con la messa di Francesco nel terreno di Catama a Villavicencio, dove il Papa ha beatificato un vescovo, Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, e un prete, Padre Pedro Maria Ramìrez Ramos, martiri della violenza che per più di mezzo secolo ha attraversato la Colombia. Commentando il Vangelo della genealogia di Gesù, Francesco ha detto che «riconciliazione non è una parola astratta; se fosse così, porterebbe solo sterilità, anzi, distanza. Riconciliarsi è aprire una porta a tutte e ciascuna delle persone che hanno vissuto la drammatica realtà del conflitto. Quando le vittime vincono la comprensibile tentazione della vendetta, diventano i protagonisti più credibili dei processi di costruzione della pace. Bisogna che alcuni abbiano il coraggio di fare il primo passo in questa direzione, senza aspettare che lo facciano gli altri. Basta una persona buona perché ci sia speranza! E ognuno di noi può essere questa persona!» Ma questo, specifica il Papa, «non significa disconoscere o dissimulare le differenze e i conflitti. Non è legittimare le ingiustizie personali o strutturali. Il ricorso alla riconciliazione non può servire per adattarsi a situazioni di ingiustizia».

IL GRANDE INCONTRO PER LA RICONCILIAZIONE NAZIONALE

Al parco Las Malocas di Villavicencio, dopo quattro testimonianze, il Papa ha pronunciato il suo discorso forse più atteso. Richiamando l’immagine del Crocifisso di Bojayá in cui il Cristo appare mutilato, Francesco ha detto che «ci mostra ancora una volta che è venuto a soffrire per il suo popolo e con il suo popolo; e anche ad insegnarci che l’odio non ha l’ultima parola, che l’amore è più forte». E «ci insegna a trasformare il dolore in fonte di vita e risurrezione, affinché insieme a Lui e con Lui impariamo la forza del perdono, la grandezza dell’amore».

«Con l’aiuto di Cristo vivo in mezzo alla comunità», ha detto il pontefice, «è possibile vincere l’odio, è possibile vincere la morte, è possibile cominciare di nuovo e dare vita a una Colombia nuova». In modo significativo Francesco ha ricordato che «risulta difficile accettare il cambiamento di quanti si sono appellati alla violenza crudele per promuovere i loro fini, per proteggere traffici illeciti e arricchirsi o per credere, illusoriamente, di stare difendendo la vita dei propri fratelli. Sicuramente è una sfida per ciascuno di noi avere fiducia che possano fare un passo avanti coloro che hanno procurato sofferenza a intere comunità e a tutto un paese. E’ chiaro che in questo grande campo che è la Colombia c’è ancora spazio per la zizzania… Fate attenzione ai frutti: abbiate cura del grano e non perdete la pace a causa della zizzania».

Perché non c’è pace senza verità, questo è l’altro grande appello che viene da questo incontro di riconciliazione. Contro ogni scorciatoia, e accordo al ribasso, il Papa ha detto che «risulta anche indispensabile accettare la verità. E’ una sfida grande ma necessaria. La verità è una compagna inseparabile della giustizia e della misericordia. Unite, sono essenziali per costruire la pace e, d’altra parte, ciascuna di esse impedisce che le altre siano alterate e si trasformino in strumenti di vendetta contro chi è più debole. La verità non deve, di fatto, condurre alla vendetta, ma piuttosto alla riconciliazione e al perdono. Verità è raccontare alle famiglie distrutte dal dolore quello che è successo ai loro parenti scomparsi. Verità è confessare che cosa è successo ai minori reclutati dagli operatori di violenza. Verità è riconoscere il dolore delle donne vittime di violenza e di abusi».

«Non temere la verità né la giustizia», ha concluso il Papa. «Cari colombiani: non abbiate timore di chiedere e di offrire il perdono. Non fate resistenza alla riconciliazione che vi fa avvicinare, ritrovare come fratelli e superare le inimicizie. E’ ora di sanare ferite, di gettare ponti, di limare differenze. E’ l’ora di spegnere gli odi, rinunciare alle vendette e aprirsi alla convivenza basata sulla giustizia, sulla verità e sulla creazione di un’autentica cultura dell’incontro fraterno. Che possiamo abitare in armonia e fraternità, come vuole il Signore!»