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DOPO LE ELEZIONI

Come resistere al neo-autoritarismo dei grillini

Il successo elettorale del Movimento 5Stelle si deve alla domanda di efficienza ad ogni costo che lo ha portato alla guida di due grandi città come Roma e Torino. Colpisce tutti gli osservatori la modernità dei loro metodi, ma occorre però stare bene attenti a non confondere la modernità con la democrazia. E allora, che fare?

Politica 22_06_2016
Virginia Raggi, nuovo sindaco di Roma

Ancora una volta l’appuntamento elettorale di domenica scorsa ha confermato il rafforzarsi nel nostro Paese di tendenze le quali non possono che preoccupare chi abbia a cuore la causa della persona e della libertà. In primo luogo non smette di crescere la sfiducia dei cittadini verso le istituzioni democratiche. 

Dal 2001 al secondo turno di queste elezioni comunali, a Milano i votanti sono passati in percentuale dall’82,29 al 51,81; a Torino dall’82,56 al 54,41; a Roma dal 75,5 al 50,19. Ciò significa che negli ultimi quindici anni Roma ha perso oltre mezzo milione di elettori (-31,5%), Milano 225 mila (-25%) e Torino 166 mila (-26,1%): praticamente un quarto dell’elettorato. A Napoli dal 60,32 si è scesi al 34,38 per cento, ovvero si è recato alle urne un elettore su tre. In secondo luogo, sia pure per comprensibili ragioni, in quella parte di elettorato che ancora va a votare dilaga una pura e semplice domanda di efficienza immediata cui non accompagna alcuna analoga preoccupazione per la libertà della persona e delle comunità.  

É un clima che ai più avvertiti non può non far venire in mente l’epoca in cui, grata per la sua capacità di garantire che i treni viaggiassero in orario, a Mussolini la gente perdonava volentieri ogni cosa, compresi il controllo poliziesco della vita di ogni giorno e la perdita della libertà. Su questa domanda di efficienza ad ogni costo sta facendo leva con successo il Movimento 5 Stelle,  una forza politica neo-autoritaria di nuovo tipo che sarebbe un grosso errore prendere sotto gamba. É una realtà ben costruita e abilmente governata. É significativo, in proposito, il tempestivo colpo di timone che i 5 Stelle hanno saputo dare alla barca nel caso delle elezioni a Roma e a Torino. In un battibaleno hanno fatto sparire dalla scena i loro “matti del villaggio” sostituendoli con due signore di bella presenza ciascuna delle quali sembrava fatta su misura per la città ove è stata candidata; ciascuna però anche col pugno di ferro ben dissimulato in un elegante guanto di velluto. 

Abilissima pure l’eclissi di Beppe Grillo e poi la sua ricomparsa dopo la vittoria, ma come icona muta e sorniona. Resta però il fatto che basta andarsi a leggere il manifesto programmatico dei 5 Stelle sul sito ufficiale del Movimento per rendersi conto del centralismo, dello statalismo e della deriva neo-autoritaria che caratterizzano il loro progetto politico. Tra l’altro uno dei pilastri di tale progetto è il monopolio statale assoluto della scuola. Colpisce tutti gli osservatori la modernità dei loro metodi, e in primo luogo la loro cultura “digitale”. Bisogna però stare bene attenti a non confondere la modernità con la democrazia. Anche le dittature possono essere molto moderne: così fu ad esempio ai suoi tempi il fascismo per non dire del nazismo (con quale beninteso il Movimento 5 Stelle non ha fino ad ora niente a che spartire). 

Quello che ai tempi di Mussolini era la nuova magia degli altoparlanti e della radio oggi per i 5 Stelle è internet. Grazie alla Rete secondo loro si  giungerebbe a nuovi strumenti “di democrazia diretta”  tali da rendere inutili le elezioni e le assemblee rappresentative. E tutto questo per marciare verso un mondo plasmato sulle idee di Jean-Jacques Rousseau, come esplicitamente Casaleggio ebbe ad affermare. Tale essendo la situazione, appare anche chiaro che da destra a sinistra tutte le maggiori presenze sulla scena pubblica del nostro Paese ne risultano come annichilite. Da Forza Italia al Pd la risposta alla sfida del Movimento 5 Stelle è balbettante. D’altro canto, a partire da una posizione laica, orizzontale, diventa molto difficile fare alternativa a un progetto che in ultima analisi non è poi così diverso dal proprio. E che nell’immediato ha il vantaggio di una vera o presunta innocenza.

Al di là di una diaspora, forse per ora storicamente irrimediabile, in tale quadro la gente di fede ha oggi, a mio avviso, una responsabilità urgente: quella di dare un contributo principale all’elaborazione di un progetto e di iniziative politiche che aprano con efficacia alla domanda di efficienza, ma non a spese della libertà. Niente di specificamente “cattolico”, quanto piuttosto delle risposte molto umane ai bisogni profondi di tutti. Libertà responsabile della persona e delle comunità, quindi in primo luogo libertà di educazione; difesa e promozione della vita umana anche come primo motore dell’uscita dalla crisi demografica, e dunque dalla crisi economica; ricostruzione di un rapporto con l’ambiente fondato non sulla paura bensì sulla vocazione dell’uomo non a subire bensì a concreare la realtà del mondo. E ancora: rifondazione dell’Unione europea e dei suoi rapporti con i suoi grandi vicini e con il resto del globo: sono questi alcuni tra i principali punti su cui cominciare al lavorare.