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LA RESURREZIONE

Così un’amicizia rende vivo anche il Mistero

Al sepolcro di Gesù, gli Angeli erano due o uno? Il mattino di Pasqua, le donne accorse erano una o tre? Gli apostoli nel cenacolo, dieci o undici? Non basta raccontare i fatti di Pasqua. Occorre vederli, immaginarli, riprodurli. Il Vangelo diventa vivo nei volti e nelle mosse. Il Vangelo si ridesta nelle persone.

Ecclesia 04_04_2016
Gli apostoli nel Cenacolo

Al sepolcro di Gesù, gli Angeli erano due o uno? Il mattino di Pasqua, le donne accorse erano una o tre? Gli apostoli nel cenacolo, dieci o undici? Non basta raccontare i fatti di Pasqua. Occorre vederli, immaginarli, riprodurli. Nei giorni che seguono la Pasqua, con i ragazzi viene facile: un’immediata fantasia permette di immaginare e impersonare gli avvenimenti, trasportandoci con agilità presso il sèpolcro o sul lago, sulla via di Emmaus o nel cenacolo. I ragazzi sono la Maddalena, gli Angeli, Tommaso, Pietro; sono il sepolcro e la corsa, sono il vento e le vele. Il Vangelo diventa vivo nei volti e nelle mosse. Il Vangelo si ridesta nelle persone.

Metti la liturgia celebrata e vissuta. Puoi avere una celebrazione ben eseguita, ma imbalsamata nei ruoli. Lo sguardo si accende e il cuore diventa partecipe quando una comunità si raduna nella fede; allora “la Presenza” appare manifesta. Accade con vivacità il Giovedì Santo nella lavanda dei piedi agli Apostoli  - e ora anche alle Apostole - e all’offertorio con la gente che si reca all’altare deponendo viveri o denaro. Una grande Via Crucis all’inizio della Settimana Santa e un’altra al Venerdì Santo conducono ai piedi del Crocifisso: il silenzio e le parole, il canto e il gesto non agiscono in una finzione teatrale, ma risvegliano l’affetto verso il Signore. Nella notte del Sabato Santo, la Veglia nasce dal buio e si accende nel fuoco con il cero brillante e il canto del “Lumen Christi”. 

Una Pasqua accompagnata dai canti della grande tradizione cristiana e della ricca inventiva moderna spalanca le porte del Mistero. La comunità cristiana rivive nel gesto liturgico, commossa per la Presenza riconosciuta; l’amicizia delle persone che si incontrano e cantano, ritrova il fondamento. Anche una liturgia povera, o una comunità piccola, o una messa concelebrata, o un canto non esaltante, portano a riconoscere Colui che vive tra noi. Camminiamo con quanti ci sono vicini, con quanti hanno preceduto da secoli il gesto della Chiesa, con quanti vivono oggi nella carne la Passione di Cristo e la sua Gloria: i fratelli perseguitati e uccisi, gli esiliati rifiutati alle frontiere, i preti poveri e soli; e insieme il Papa e i vescovi e tutte le comunità, note e ignote. Noi, guardàti con misericordia, apriamo il cuore e le mani al mondo.              

La prima esperienza della Resurrezione è  stata la misericordia. Le donne non sono lasciate nel loro dolore; Cristo le avvicina, non aspetta un secondo per incontrare Maddalena; la lancia verso gli apostoli, perché desidera incontrare anche loro e dire che li salva e li perdona. Cristo prepara da mangiare sul lago e chiede a Pietro: «Mi ami tu?». Quale affetto, quale amore per quei discepoli e per noi. Cristo risorto non appare in modo maestoso, ma mostrando le piaghe: riconosciuto non per i miracoli, ma per la potenza della misericordia. 

Gridiamo al mondo la misericordia, come ha chiesto Gesù alla Kowalska. Questa è la resurrezione per gli uomini d’oggi: una misericordia potente e discreta. Senza la sua misericordia non si vive. L’abbraccio della misericordia ci raduna, Gesù mostra le piaghe come a Tommaso, cammina con noi come con i discepoli di Emmaus. La Pasqua della misericordia percorre le strade della vita, rinnova l’aria che entra nei polmoni come un vento di primavera sulla spiaggia.