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NORMALIZZAZIONE

Cuba, in attesa che cada il muro

Accelera il processo di disgelo fra Cuba e Usa. Il ministero degli Esteri cubano annuncia che il 21 maggio si terrà il prossimo vertice per decidere la riapertura delle ambasciate. E a giugno riprenderà la navigazione dalla Florida. C'è chi spera e chi non si fida, ma qualcosa sta cambiando in fretta anche nell'ultimo "paradiso" comunista.

Esteri 16_05_2015
Bandiere cubana e americana

Un percorso a tappe forzate per arrivare a una normalizzazione fra Usa e Cuba. Sembra che i tempi si siano accorciati e le difficoltà politiche siano passate in secondo piano. Quando, a settembre, Papa Francesco compirà il suo viaggio nell’isola, fra i due (ex) nemici saranno riaperte le ambasciate, una linea di traghetto e una linea aerea, con viaggi regolari. E Cuba non apparirà più nella lista nera delle nazioni sponsor del terrorismo.

Le prossime tappe saranno il 21 e il 29 maggio. Il 21, stando alla dichiarazione del ministero degli Esteri cubano (di ieri, nel fuso orario italiano), si terrà il prossimo vertice Usa-Cuba riguardante soprattutto la riapertura delle ambasciate e la normalizzazione delle relazioni diplomatiche. L’incaricato d’affari cubano a Washington, José Ramon Cabanhas, ha comunque specificato che, prima della riapertura delle ambasciate, Cuba dovrà essere cancellata dalla lista nera. Questa cancellazione è prevista per il 29 maggio, stando alle dichiarazioni dell’amministrazione Obama. Quindi, per i primi di giugno, potremmo assistere alla riapertura di regolari relazioni diplomatiche fra i due paesi.

Sempre per i primi di giugno è prevista un’altra tappa storica: il ripristino del traghetto che collega gli Usa a Cuba. Era da più di mezzo secolo, dai tempi della rivoluzione castrista, che non si vedeva nulla di simile. Tampa, in Florida, si candida a diventare il principale terminale americano della nuova rotta. A Cuba la destinazione è ancora da decidere e la guardia costiera statunitense contribuirà a vagliare i possibili punti di approdo. Riparte anche la linea aerea regolare New York – L’Avana. Finora, infatti, il collegamento era garantito solo da voli charter e solo per portare turisti (solo a determinate condizioni: visite familiari, viaggi religiosi, umanitari e poco altro). Anche queste due nuove svolte promettono grandi cambiamenti. I cubani potranno ricominciare a viaggiare liberamente? Cabanhas non ha specificato se e quando verrà rimossa la norma che restringe la libertà dei cittadini di lasciare l’isola per mare e per aria. Assicura che il governo “affronterà” anche questa legge, probabilmente per liberalizzarla almeno un po’. Ma è comunque un rischio, per un regime tutt’altro che democratico. Libertà di movimento e collegamenti più assidui con gli Stati Uniti, infatti, permetterebbero la libera circolazione anche dei dissidenti.

Il traghetto negli anni '50

Chi attende con maggior impazienza la riapertura dei rapporti (commerciali, oltre che diplomatici) con gli Usa e con il mondo occidentale in senso lato, sono soprattutto i cubani con maggior talento imprenditoriale, quelli che hanno iniziato a mettersi in proprio dopo le prime, timide, liberalizzazioni di Raul Castro. Sperano in maggiori possibilità di connessione con i mercati esteri, maggior libertà di navigare su Internet (che finora è strettamente censurata) e di poter comprare prodotti che sull’isola non sono mai arrivati, se non di contrabbando. L’industria turistica si sta rimettendo in moto, sia negli Usa che in Europa, con una competizione serrata fra agenzie viaggi e fra catene alberghiere per dare “l’assalto” a un’isola ancora poco sfruttata. Si è rimessa in moto la medicina. Come primo segno di buona volontà, la Sanità cubana ha promesso di condividere con gli Usa una propria scoperta, ancora tutta da verificare: un potenziale vaccino contro il cancro al polmone. Il farmaco sarà valutato anche dalle autorità sanitarie (nord)americane. I blogger e l’informazione indipendente si stanno mettendo in modo, sperando che il maggior volume di scambi implichi anche una maggior libertà di espressione. Chi, come Yoani Sanchez, è rimasta un’eccezione più unica che rara di informazione da Cuba e su Cuba senza filtri della censura, ora assiste a una specie di “primavera”, ad un proliferare di blog e notiziari online indipendenti.

Questi sono gli aspetti positivi del disgelo, fortemente voluto da Papa Francesco e ottenuto dopo anni di mediazione. La realtà, però, non è tutta rosa e fiori. Persiste, proprio in campo religioso, una pressione autoritaria su tutte le chiese, soprattutto quelle protestanti. Ad esempio, il reverendo Amado Ramirez, della Prima Chiesa Battista Maranatha di Holguin, ha dichiarato di essere stato informato dal governo che la proprietà della sua chiesa (in possesso di quella confessione protestante sin dal 1942) passerà allo Stato. D’ora in avanti, lui e i suoi fedeli dovranno pagare un affitto all’Avana. Non risulta affatto essere un caso isolato.

La Chiesa cattolica stessa, nonostante gli incontri dei Castro con Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, non gode di privilegi e di libertà molto maggiori. José Conrado Rodriguez, un prete cubano della diocesi di Santiago, conosciuto come il "cardinale del popolo", autore di una coraggiosa lettera aperta a Fidel Castro del 1994, parla di “paura diffusa” sotto il governo totalitario. “La paura generata da un regime totalitario non è definita – dichiarava al Miami Herald – E’ una paura che provoca un’angoscia paralizzante, perché nessuno sa neppure definire esattamente cosa si possa temere. Cosa ci possono fare? Possono ucciderci? Possono distruggere la nostra dignità, parlando male di noi, con campagne di diffamazione? Lo fanno tutto il tempo”.

Sul ruolo della Chiesa cubana, spesso accusata dai dissidenti all’estero di essere troppo condiscendente nei confronti del castrismo, Rodriguez risponde chiaramente: “La Chiesa non aiuta gli angeli. Loro sono già in Paradiso. Noi siamo sulla terra, aiutiamo persone che lottano, soffrono, peccano, hanno bisogno dell’aiuto del prossimo. E la Chiesa è qui sulla terra per aiutare uomini in carne ed ossa. Papa Francesco è stato molto chiaro in merito ed è stato molto coraggioso nel compiere questo passo (verso Cuba, ndr) anche se alcuni lo possono criticare. Io credo che aiutare la gente sia ciò che debba essere fatto, la Chiesa ha cercato di farlo in molti modi e continua a farlo. Talvolta, fuori da Cuba, nelle comunità di cubani in esilio, che non sono al corrente di tutto quel che la Chiesa sta facendo, noi siamo giudicati duramente. E ingiustamente”. Solo per fare un esempio degli ostacoli posti dal governo, Rodriguez cita un episodio dei primi anni ’90, in cui lui stesso si recò negli Usa per ottenere un pacchetto di aiuti medici, medicine che mancavano completamente sull’isola (nonostante la Sanità sia un vanto del regime dei Castro). La diocesi di Santiago ottenne aiuti per 1 milione di dollari, ma fu il governo dell’Avana a fermare tutto. “Una funzionaria della sezione provinciale del Partito a Santiago, ci disse qualcosa come: ‘Bene… fate tutto questo perché sperate che la Chiesa guadagni punti sul popolo’”. Questo esempio rende bene l’idea di come il regime comunista abbia cercato di monopolizzare i cuori e le menti dei cittadini, sottomettendo la religione. Rodriguez ritiene che questo scenario stia già cambiando. Cambia anche il modo di parlare: “Meno insulti contro gli yankees, meno insulti in generale, meno violenza verbale”.

E cosa accadrà quando gli yankees arriveranno tutti i giorni nei porti cubani, come ai bei vecchi tempi? Probabilmente la rivoluzione non avverrà di colpo, ma gradualmente, nei modi, nelle aspettative, nello spirito dei cubani. Sempre che il regime non lo impedisca.