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MALA AMMINISTRAZIONE

Dall'Africa alla Grecia "cancella il debito" fa scuola

“Cancella il debito – cantava – e noi ne saremo fieri”. Era l’anno 2000 e sul palco di Sanremo c'era Jovanotti. Ignorava che la sua campagna non mirava alla cancellazione del debito dei Paesi poveri, ma chiedeva che paesi ricchi si facessero carico dei debiti contratti con Fmi e Banca mondiale.

Esteri 15_07_2015
Jovanotti

“Cancella il debito – cantava – e noi ne saremo fieri”. Era l’anno 2000 e sul palco del festival di Sanremo il cantante Jovanotti si rivolgeva così a Massimo d’Alema, allora primo ministro. 

Il debito era quello estero dei paesi poveri. Forse però Jovanotti ignorava diverse cose importanti. Innanzi tutto nessuno doveva avergli spiegato come mai certi paesi poveri accumulano debiti: se no, non ne avrebbe invocato la cancellazione come un doveroso atto di riparazione e non avrebbe presentato i debitori come delle vittime. “Nessuno può essere contrario – spiegava ai giornalisti – perché lo sanno tutti che è un’ingiustizia”. Usurai a parte, di solito a essere considerati delle vittime sono i creditori, quando non riescono a farsi restituire il denaro: e i creditori dei paesi poveri certo non sono degli strozzini. Gran parte del debito estero africano, ad esempio, riguarda capitali prestati a condizioni estremamente favorevoli in base ad accordi di cooperazione allo sviluppo: interessi anche solo dell’1%, molti anni di grazia prima di iniziare a restituire il capitale e pagare gli interessi e tempi lunghi, decine di anni, per saldare il debito, il tutto rinegoziabile per andare incontro a eventuali difficoltà dei debitori, eventualmente fino alla trasformazione del debito in dono senza più obbligo di restituzione. Malgrado ciò, o più probabilmente proprio a causa di queste ottime condizioni, molti governi non rispettano tempi e modalità concordate e così interessi e servizio sul debito crescono. Nel frattempo, per di più, i capitali prestati non creano sviluppo, non abbastanza, perché in gran parte sprecati in progetti fallimentari, usati per spese statali improduttive, stornati e intascati da ministri e parlamentari corrotti.  

La seconda cosa che Jovanotti ignorava è che la campagna a cui aderiva non mirava alla cancellazione del debito estero dei paesi poveri, ma chiedeva che paesi ricchi e organismi internazionali si facessero carico dei debiti contratti da quei paesi con il Fondo monetario internazionale, Fmi, e con la Banca mondiale. 

In realtà è quello che già si stava facendo. Nel 1996 era stato avviato un programma chiamato “Iniziativa a favore dei paesi poveri gravemente indebitati”, HIPC l’acronimo inglese. Nel 1999 e negli anni successivi, anche grazie alla pressione sull’opinione pubblica della campagna internazionale “Cancella il debito”, la HIPC è stata ampliata con consistenti apporti di capitale da parte degli stati che vi hanno aderito, tra i quali figura l’Italia con un contributo di quasi 5 miliardi di euro. Ne beneficiano 39 stati, 33 dei quali africani. Da un impegno finanziario iniziale di circa 40 miliardi di dollari, si è passati a un totale di oltre 75 miliardi, per il 44% messi a disposizione da Banca Mondiale e Fmi mentre gli altri provengono dai paesi e dagli organismi aderenti alla HIPC. 

I capitali di cui dispongono Fmi e Banca Mondiale, due istituzioni dell’ONU, sono forniti dai paesi membri e le quote maggiori provengono da quelli industrializzati, più o meno gli stessi che hanno aderito alla HIPC. È il caso dell’Italia che quindi contribuisce ai prestiti concessi da Fmi e Banca Mondiale e poi alla loro restituzione tramite la HIPC: e anche questo Jovanotti forse non lo sapeva né che quasi tutti gli stati africani definiti “poveri” sono talmente ricchi di materie prime da poter raggiungere in pochi anni livelli di vita pari a quelli di molti stati ricchi, se solo mettessero fine a corruzione, malgoverno e antagonismi tribali. “Se lei cancella il debito – cantava – noi ne saremo fieri….io la saluto e la ringrazio e torno a ballare”. Così, spensieratamente, Jovanotti chiedeva allo stato italiano di destinare miliardi di euro per rimediare alle “ingiuste” pretese delle banche: in realtà, per rimediare a proprie spese all’inadempienza di altri governi. 

Oggi la storia si ripete. Anche adesso molti guardano con simpatia ai greci che non vogliono pagare i loro debiti, senza domandarsi come mai si siano indebitati così tanto e a spese di chi. Se la prendono addirittura con l’Europa perché i tanti miliardi che ha prestato alla Grecia “in realtà sono andati in gran parte alle banche del Nord e non al paese”. Ma, come nel caso dei paesi soccorsi dalla HIPC, non poteva essere altrimenti dato che quei soldi servivano appunto a pagare una parte dei debiti della Grecia: a chi dovevano andare, se non ai creditori?. 

Una cosa, poi, bisognerebbe tenere a mente, sempre. Che si tratti di Fmi, di Banca Mondiale, di Bce, dei fondi di uno stato, sempre si tratta di denaro versato da contribuenti. Come ebbe a dire Margaret Thatcher in un memorabile discorso: “non dimentichiamo mai una cosa fondamentale: l’unica fonte di reddito di uno stato è il denaro guadagnato dai suoi cittadini. Se lo stato vuole spendere di più, può farlo solo prendendo a prestito i tuoi risparmi o tassandoti di più. Non è una buona idea pensare che qualcun altro pagherà, quel ‘qualcun altro’ sei tu. Non esiste denaro pubblico, esiste solo il denaro dei contribuenti”.