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Democratici e Black Lives Matter, un legame torbido

Scoperta del National Pulse: le donazioni a Black Lives Matter passano dalla stessa piattaforma online di raccolta fondi, Act Blue, creata ad hoc per il Partito Democratico e oggi principale canale di finanziamento per la corsa di Biden alla Casa Bianca. Del resto, l’ideologia è comune: in primis agenda Lgbt e aborto. Il che rende BLM in contraddizione con il nome stesso del movimento…

Esteri 15_06_2020

In non pochi, soprattutto tra le persone meno condizionate dal mainstream, si sono chiesti in questi giorni quanto ci fosse di spontaneo e quanto invece di pilotato nelle proteste spesso violente che sono seguite all’uccisione di George Floyd. Proteste apparentemente contro il razzismo, almeno così è stato per chi vi ha partecipato in buona fede, ma nella pratica terreno fertile per gruppi anarchici (vedi gli Antifa), neo marxisti e propaganda - chissà perché - anti Trump, ritenuto una sorta di “razzista” a prescindere. Perciò da bersagliare, anche quando il problema non è lui e anche se sotto altri presidenti - di altra appartenenza politica - sono accadute tristi vicende simili, ma con molta meno mobilitazione ed eco massmediatica.

Al di là delle speculazioni, una cosa è certa: le donazioni al movimento Black Lives Matter passano dalla stessa piattaforma online di raccolta fondi, ActBlue, che serve nello specifico le campagne del Partito Democratico e che oggi rappresenta il principale canale di finanziamento per la corsa alle presidenziali di Joe Biden. La scoperta, facilmente verificabile da chiunque abbia una connessione Internet, l’ha fatta il National Pulse.

Se si va sul sito di Black Lives Matter, in cui campeggia la campagna che invita a tagliare i finanziamenti alla polizia (“Defund the Police”), e si clicca sul pulsante “Donate”, si viene reindirizzati a una pagina gestita da ActBlue. Dove si viene accolti da questo messaggio: «Apprezziamo il vostro sostegno al movimento e alla nostra continua lotta per porre fine alla violenza approvata dallo stato, liberare i neri, e porre fine per sempre alla supremazia bianca».

Nata nel 2004, ActBlue sostiene le raccolte tanto dei Democratici quanto delle organizzazioni progressiste. La sua potenza economica è divenuta tale da indurre i Repubblicani a creare, nel 2019, una piattaforma rivale, WinRed. I nomi delle due piattaforme riflettono la polarizzazione tra i due tradizionali schieramenti statunitensi, “blu” e “rossi”. E BLM si colloca tra i primi: questo non significa dire che le donazioni a BLM vadano direttamente ai Democratici o viceversa, ma è evidente che ActBlue è un ulteriore segno della contiguità politica e ideologica tra il movimento fondato nel 2013 e il partito di Biden.

Alla data del 21 maggio 2020, ActBlue aveva già destinato la bellezza di oltre 119 milioni di dollari in favore di “Biden for President” (la quota raccolta si avvicina ai 180 milioni), cioè la più danarosa delle campagne di finanziamento del candidato Democratico alla Casa Bianca, che supera di diverse decine di milioni di dollari le cifre raggranellate dall’insieme di tutte le altre iniziative di raccolta fondi pro Biden (vedi grafico 1).

Oltre che per Biden, ActBlu ha riversato fiumi di denaro alle campagne di altri Democratici, come Bernie Sanders (più di 186 milioni di dollari per “Bernie 2020”, vedi grafico 2), Elizabeth Warren e Pete Buttigieg, tutti e tre radicali sostenitori dell’aborto e nel frattempo ritiratisi dalla corsa per le primarie interne al partito.

Pro aborto è anche l’ex vicepresidente degli Stati Uniti, che pure è cresciuto in una famiglia cattolica, si professa cattolico e piace ai catto-liberal, i quali vedono come fumo negli occhi un’eventuale rielezione di Trump. Come ricorda Life News, Biden aveva cercato un tempo di mostrarsi moderato sull’aborto (ammesso e non concesso che possa esserci una posizione “moderata” sull’uccisione di un innocente), ma via via è andato radicalizzandosi. Forse perché il suo ruolo di candidato Dem lo “impone”. Così, durante le primarie, ha voluto assicurare che in caso di elezione non avrà cedimenti sull’aborto. «È diritto della donna. Punto», ha sentenziato: «E se tu la chiami una prova del nove, è una prova del nove». Semmai la Corte Suprema dovesse ribaltare la Roe vs Wade, Biden ha annunciato che spingerebbe per una legge nazionale pro aborto. In pratica, anche a costo di scavalcare gli Stati federati. In uno scambio con un membro dell’Aclu, Biden si è impegnato ad abolire l’emendamento Hyde, che limita fortemente l’uso di fondi federali per l’aborto.

Biden è anche un alfiere della causa Lgbt. Nel 2012, tre anni prima della sciagurata sentenza Obergefell vs Hodges, dichiarò il suo appoggio per le “nozze gay”, creando un piccolo caso con Obama che sul tema stava ancora temporeggiando per opportunità politica.

Ma se le posizioni di Biden e del Partito Democratico sono note, ancora relativamente poco note sono quelle di BLM, paravento dell’“antirazzismo” a parte. Non ci si perde granché di originale: gli intenti dichiarati sono una rivisitazione delle categorie della lotta di classe marxista, trasudano di linguaggio spiccatamente omosessualista-queer e veicolano l’aborto libero. A proposito di ideologia ‘arcobaleno’, delle tre fondatrici di BLM - Patrisse Khan-Cullors, Alicia Garza e Opal Tometi - le prime due sono a tutti gli effetti delle attiviste Lgbt e si identificano come «marxiste addestrate» (parole della Cullors).

Chiara, da quanto detto, è l’agenda anti-famiglia. Nel manifesto “What we believe”, BLM si scaglia contro «il requisito della famiglia nucleare prescritto dall’Occidente» a cui oppone l’utopia già vista di «famiglie allargate e “villaggi” che si prendono cura collettivamente l’uno dell’altro, specialmente dei nostri figli». «Promuoviamo una rete di affermazione-queer. Quando ci riuniamo, lo facciamo con l’intenzione di liberarci dalla stretta del pensiero eteronormativo…». In altre dichiarazioni, il movimento ha chiesto «giustizia riproduttiva», uno dei più paradossali sinonimi di aborto visto che la riproduzione viene interrotta e non si capisce per chi sia la “giustizia”.

L’altro paradosso è il seguente: com’è possibile che un gruppo che si dice a difesa dei neri possa sostenere l’aborto? Forse Garza&Co non conoscono il cosiddetto “Negro Project” di Margaret Sanger (1879-1966), fondatrice dell’attuale International Planned Parenthood Federation, multinazionale degli aborti. Oggi si può dire che il progetto della Sanger, la quale scriveva tra l’altro che «vogliamo sterminare la popolazione negra», non solo conti nuovi adepti ma sia riuscito perfettamente: almeno 19 milioni di bambini neri abortiti nei soli Stati Uniti dal 1973, come denunciavano in un rapporto a inizio 2019 dei leader (pro vita) afroamericani parlando al riguardo di «genocidio».

Se le fondatrici di Black Lives Matter vogliono essere coerenti con il nome scelto per il loro movimento… inizino a difendere la vita dei neri, e di tutti i bimbi, dal grembo materno. Perché, come diceva Madre Teresa, non ci potrà mai essere pace se non si parte da lì.