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TUNISIA

Dopo il Nobel, serve una strategia per il Mediterraneo

Il premio Nobel alla Tunisia dimostra la lungimiranza degli accademici norvegesi, che per una volta si sono interessati dei problemi dall'altro capo dell'Europa. Il problema è che l'Ue è troppo sbilanciata verso il suo settentrione. E occorre lavorare pazientemente per ricorreggere il baricentro verso Sud.

Editoriali 11_10_2015
Quartetto tunisino

L’assegnazione del premio Nobel per la Pace 2015 al Quartetto del dialogo nazionale tunisino è giunto come un lampo di luce nel cielo tempestoso della riva sud del Mediterraneo, ulteriormente rabbuiata dai prodromi di quella che ormai si delinea come la terza Intifada (= rivolta) palestinese contro Israele. Ci si deve vivamente compiacere per la lungimiranza degli accademici norvegesi che dall’estremo nord dell’Europa hanno saputo guardare a realtà e problemi da loro così lontani. C’è quasi da domandarsi se il fatto che la Norvegia non faccia parte dell’Unione Europea non li abbia paradossalmente avvantaggiati. Sotto la spinta della Germania l’Unione infatti continua ad essere sbilanciata verso nord e nordest, né fino ad oggi i suoi membri mediterranei sono riusciti a compensare tale sbilanciamento. La più recente conseguenza negativa di tale situazione è stata la pretesa che la gestione dell’afflusso via mare di migranti irregolari verso le coste dell’Italia e della Grecia fosse un problema per così dire “locale” dei due Paesi interessati. C’è voluto l’inizio di un afflusso via terra attraverso i Balcani direttamente verso l’Austria e la Germania perché a Berlino e nelle altre capitali nordiche ci si accorgesse che la questione non era italo-greca ma europea.  

Resta però da domandarsi come mai – a oltre vent’anni da quando il Mediterraneo è tornato alla ribalta -  l’Italia e gli altri Stati membri sudeuropei dell’Unione non siano ancora riusciti a farlo riconoscere a Bruxelles come grande risorsa per l’intero continente invece che come fastidioso problema periferico. Risale al 1995 l’avvio del cosiddetto “Processo di Barcellona”, noto anche come Partenariato Euro-mediterraneo, e risale al 2008 la nascita dell’Unione per il Mediterraneo, paradossalmente proposta da quello stesso Sarkozy che poi con l’imprudente attacco alla Libia di Gheddafi aprì un vaso di Pandora di cui non si è ancora finito di fare le spese.

Fatto sorprendente ma significativo,  per il Mediterraneo come risorsa c’è maggiore sensibilità a Milano che a Roma. E d’altra parte, tanto per fare un esempio, Tunisi si può raggiungere da Milano più in fretta che da Palermo. E’ a Milano che nel 1999 per iniziativa della Camera di Commercio e della Regione Lombardia era stato fondato il Forum economico e finanziario per il Mediterraneo, noto anche come Laboratorio Euro-mediterraneo, che fu per diversi anni un notevole crocevia di relazioni fra le economie dell’area.

Proprio poco prima che positivamente il Nobel per la pace,  e negativamente lo scoppio della possibile terza Intifada e la recrudescenza della guerra in Siria, riportassero il Mediterraneo sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali, nei giorni scorsi hanno avuto luogo a Milano due interessanti incontri internazionali sulla situazione nell’area: lo scorso 7 ottobre,  a cura del Centro per la Pace in Medio Oriente, Cipmo, il convegno “Speciale Maghreb” e il giorno dopo all’Istituto per le Relazioni Internazionali, Ispi, la conferenza in lingua inglese sul tema “Reviewing the Euro-Mediterranean Relations”, sotto l’ègida della Commissione di studio euro-mediterranea, EuroMesco, di Barcellona . Il primo faceva conto soprattutto sull’originale contributo  di giovani e brillanti studiosi. La seconda aveva invece un taglio marcatamente istituzionale ed è stata anche un’ottima occasione per capire in quali mani (remote dai legittimi interessi di un Paese come il nostro) siano  le chiavi della politica dell’Unione Europea per il Mediterraneo e il Medio Oriente. Entrambi meritano una visita via Internet agli archivi telematici dei due enti promotori (dove i rispettivi contenuti restano accessibili) da parte di chi voglia approfondire l’argomento. 

Senza soffermarci qui in modo specifico su quanto è emerso in tali incontri diremo in sintesi che, tanto più alla luce degli eventi di questi giorni, tutto conferma quanto sia urgente che l’Italia e gli altri Stati membri sudeuropei dell’Unione si mobilitino concordemente per riequilibrarla, per spostarne il baricentro più a sud. Come spesso appare più chiaro a chi ci guarda dal resto del mondo che a noi stessi, l’Europa e il Mediterraneo non  sono due realtà separate bensì le due facce di una medesima medaglia. E’ urgente riscoprirlo e tenerne attento conto. Superando le resistenze degli Stati Uniti occorre in tale prospettiva puntare a un’equa risistemazione generale dei rapporti internazionali nella regione, quale può essere solo l’esito di un ben preparato “congresso di Vienna” per il Mediterraneo. Altrimenti l’area continuerà a essere in balia, come oggi accade, di qualunque potenza pronta a farne il campo di scontri pro domo sua a prezzo di sangue e di lacrime altrui.