Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
LE DECISIONI

Figli e coppie gay, il centrodestra stoppa la deriva. Due volte

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A Milano il prefetto stoppa il sindaco Sala dal trascrivere atti di nascita stranieri in cui figurano come genitori due persone dello stesso sesso. E un voto in commissione boccia il tentativo dell’Ue di imporre la doppia omogenitorialità e, quindi, l’utero in affitto.

Attualità 15_03_2023

Due buone notizie, sul piano del diritto naturale, nel giro di 24 ore. Prima il caso Milano, con la circolare del prefetto Renato Saccone che chiede al Comune guidato da Beppe Sala di interrompere la trascrizione all’anagrafe degli atti di nascita stranieri in cui si riconoscono come genitori due persone dello stesso sesso. Poi, ieri, il voto della Commissione “Politiche dell’Unione europea”, al Senato, con cui è stata approvata, per 11-7, la risoluzione che boccia la proposta di regolamento della Commissione von der Leyen di riconoscere automaticamente in tutti gli Stati dell’Ue i certificati di filiazione, anche se riguardanti una coppia omosessuale, emessi da un altro Stato membro. Una proposta, quella dell’Ue, che - se approvata - avrebbe sdoganato ovviamente l’utero in affitto, oltrepassando l’ambito di competenze comunitarie. Ma la maggioranza di centrodestra ha appunto bocciato il subdolo tentativo di Bruxelles, avallato invece dalle opposizioni. Iniziamo da quest’ultima notizia.

Nella risoluzione approvata dalla Commissione di Palazzo Madama, presieduta da Giulio Terzi di Sant’Agata, si legge, come riporta il Corriere, che «alcune disposizioni contenute nella proposta [dell’Ue], e in particolare l’obbligo di riconoscimento (e di conseguente trascrizione) di una decisione giudiziaria o di un atto pubblico, emessi da un altro Stato membro, che attestano la filiazione, e l’obbligo di riconoscimento del certificato europeo di filiazione, non rispettano i principi di sussidiarietà e di proporzionalità». Nello specifico, prosegue la risoluzione del centrodestra, «la proposta» di regolamento dell’Unione europea «non rispetta i principi di sussidiarietà e di proporzionalità nella misura in cui consente di invocare il motivo dell’ordine pubblico solo caso per caso e in quanto non prevede di poterlo invocare per negare il riconoscimento del certificato europeo di filiazione».

Il riferimento è, come accennato, alla maternità surrogata, che è espressamente vietata in Italia dalla Legge 40/2004 (art. 12, comma 6). Questo divieto - già aggirato con il “turismo procreativo”, oggetto di diversi contenziosi (con esiti alterni) e che il Ddl Rauti-Malan vorrebbe giustamente estendere ai fatti commessi all’estero - avrebbe insomma ricevuto il definitivo colpo di grazia, se i nostri politici avessero dato il benestare alla proposta-diktat dell’Ue. Stavolta, diversamente da altre decisioni deludenti sui temi etici, va dato atto perciò al Governo Meloni di aver stoppato una pericolosa iniziativa, facendo valere le competenze dell’Italia, cui spetta - come ad ogni altro Stato membro - decidere in tema di matrimonio e diritto di famiglia. E a nulla è valso il tentativo di Pd, Cinque Stelle e Terzo Polo di rinviare il voto a oggi per convergere su una risoluzione unitaria, in linea con i desiderata di Bruxelles.

Un giorno prima, lunedì 13 marzo, era emersa l’altra notizia con a tema la cosiddetta omogenitorialità. I media mainstream avevano fatto da megafono a Beppe Sala, il sindaco più in vista nel sostenere e facilitare la registrazione all’anagrafe di certificati di nascita attestanti la bugia dei “due padri” o delle “due madri”. Ma che ora si dovrà fermare, perché stoppato dal prefetto. A quanto emerge, lo stop non avrà effetto retroattivo, riguardando solo i nuovi atti di nascita. Vale la pena ricostruire i passaggi che hanno portato alla decisione del prefetto, che opera sul territorio in rappresentanza del Ministero dell’Interno.

All’origine c’è la sentenza n. 38162 delle Sezioni Unite della Cassazione, pubblicata il 30 dicembre 2022, che ha ribadito il secco no del nostro ordinamento alla maternità surrogata, pratica che «offende in modo intollerabile la dignità della donna e - hanno aggiunto i giudici - mina nel profondo le relazioni umane», come già aveva affermato la Corte costituzionale. La Cassazione, più in particolare, si è pronunciata su un caso con al centro la pretesa, proveniente da due uomini uniti civilmente, di trascrivere la loro doppia genitorialità rispetto a un bambino ottenuto tramite maternità surrogata, distinguendo quest’ultima pratica dalla fecondazione eterologa (pur immorale). E ha escluso che si possa trascrivere nell’atto di nascita il «padre d’intenzione».

Già il 19 gennaio, secondo quanto riporta Linkiesta, una circolare del Ministero dell’Interno aveva sottolineato lo stop della Cassazione e chiesto ai prefetti di «fare analoga comunicazione» ai sindaci. Ma la Prefettura di Milano avrebbe approfondito la questione, tenendo conto tra l’altro della variegata giurisprudenza, e chiesto al sindaco Sala di interrompere anche la trascrizione dei certificati di nascita riportanti “due madri”, per i nati in Italia; invece, per i nati all’estero, lo stesso prefetto di Milano, pur ritenendo che il divieto valga pure per una coppia di donne, sarebbe in attesa di un parere dell’Avvocatura dello Stato. In base alla circolare del già citato Saccone, «alla luce del divieto per le coppie composte da soggetti dello stesso sesso di accedere a tecniche di procreazione medicalmente assistita, il solo genitore che abbia un legame biologico con il nato può essere menzionato nell’atto di nascita che viene formato in Italia. Parimenti esclusa è la trascrizione di atti di nascita formati all’estero riconducibili alla fattispecie della maternità surrogata».

In tutto questo va aggiunto che il consigliere comunale Matteo Forte, già il 5 luglio scorso, a stretto giro dalla fine del Gay Pride milanese e dal dichiarato intento di Sala di ricominciare le (illegali) trascrizioni, aveva scritto al prefetto, come lo stesso esponente di Fratelli d’Italia ha confermato alla Nuova Bussola. «Il prefetto di Milano mi aveva risposto verso fine luglio per dirmi che si era interessato della questione. Poi, l’1 febbraio, mi ha fatto sapere che aveva informato il Viminale. E quindi c’è stata la circolare dello stesso prefetto. Finora - ha aggiunto il consigliere comunale - Sala aveva deciso di piegare il diritto e l’ordinamento a una sua battaglia ideologica. È questo che è stato segnalato al prefetto ed è questo che deve essere sanato».

Nel frattempo, è appunto intervenuta la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione, con le sue ricadute a livello nazionale. Una sentenza articolata (vedi qui l’approfondimento del Centro Studi Livatino), con punti condivisibili e altri no, ma che ha certamente il merito di smentire l’assunto dell’automatismo nel trascrivere l’atto di nascita straniero, perché esso non solo finisce «per legittimare in maniera indiretta e surrettizia una pratica degradante», come la maternità surrogata, ma non soddisfa nemmeno il cosiddetto miglior interesse del minore, «attuando semmai quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi». Riducendo il figlio stesso, aggiungiamo, a un oggetto.

Lungi, dunque, dall’essere il “passo indietro” o lo scandalo gridato da sinistra e relativi media, queste due notizie delle ultime 48 ore sono un primo passo di civiltà, volto a riparare un’ingiustizia di fondo.