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RIPOSI IN PACE

Flamigni, sacerdote laico dei nostri tempi

Il famoso ginecologo Carlo Flamigni è morto ieri a 87 anni. Flamigni è stato il gran sacerdote laico in camice bianco dei nostri tempi che insegnava principi come la qualità della vita, l’autodeterminazione, la laicità. La sua bioetica era il negativo della dottrina morale cattolica. Ora che si trova di fronte al trono di Dio...

Attualità 06_07_2020

«Quando mi sono girato ero già livido di rabbia, perché sapevo. Non c’era nessuna casa dietro di me, nessuna donna che cantava, nessun tramonto; solo buio. E poi c’eri tu che mi guardavi senza compassione, se solo sapessi quanto ti ho odiato…». Quel “tu” è la morte e queste poche righe sono uno stralcio di una riflessione del ginecologo Carlo Flamigni -  famigerato sostenitore della fecondazione artificiale, nonché dell’aborto, dell’eutanasia e di altra minutaglia letale – morto ieri a 87 anni. Uno sguardo nichilista sulla morte che sintetizza bene l’orientamento culturale del Nostro.

Flamigni è stato direttore della Clinica Ostetrica e ginecologica presso l’Università di Bologna, professore ordinario, prima di Endocrinologia e poi di Ginecologia, in quello stesso ateneo, presidente della Società italiana di fertilità e sterilità e medicina della riproduzione, presidente onorario dell’Uaar (Unione degli atei e degli agnostici razionalisti) e socio onorario della Consulta di Bioetica. Una cernita di pochi titoli a fronte di moltissimi altri che il ginecologo bolognese poteva vantare e che la nostra società laicista riconosce con larghezza ai suoi figli più promettenti e capaci.

Il grande pubblicò fece la conoscenza di Flamigni soprattutto al tempo del referendum sulla legge 40: sempre in prima fila sulle barricate ad affermare che l’embrione è tutto fuorchè una persona. A tal proposito ricordiamo cosa scrisse in uno scambio epistolare con il filosofo Vittorio Possenti: «personalmente trovo la tesi secondo la quale l’embrione è uno di noi così assurda da far credere che la si possa sostenere solo sulla scorta di  una qualche forma di fideismo» (Due lettere di replica a Vittorio Possenti su CNB e embrione, da “BIOETICA – Rivista interdisciplinare – Anno XXI, nn. 2-3/2013”, p. 23). Perso il referendum sulla legge 40 si impegnò in modo costante per smantellare pezzo dopo pezzo questa norma.

Flamigni può essere ricordato come una figura paradigmatica dell’intransigenza dello scientismo positivista. In questo senso una figura iconica dei nostri tempi. Nel giugno del 1996 Flamigni, insieme a Armando Massarenti, Maurizio Mori ed Angelo Petroni pubblicarono su Il Sole 24 ore il Manifesto della Bioetica laica. Questo Manifesto può essere un’ottima sinossi del Flamigni pensiero. In esso si può leggere che «ogni limitazione della ricerca scientifica imposta nel nome dei pregiudizi che questa potrebbe comportare per l’uomo equivale in realtà a perpetuare sofferenze che potrebbero essere evitate». In breve il tecnicamente possibile è anche sempre eticamente lecito. Al macero quindi la morale naturale oggettiva, immutabile, universale ed assoluta per far posto ad una morale soggettiva, mutevole, particolare e relativa. Il tutto per avere una morale utilitarista: «i criteri per determinare ciò che è lecito e ciò che non lo è non possono in alcun modo derivare da una pretesa distinzione tra ciò che sarebbe naturale e ciò che naturale non sarebbe [va da sé che Flamigni & Co. adottarono un’accezione di natura non di carattere metafisico, bensì naturalistico]. Le intuizioni e le regole morali sono in perenne evoluzione. Se gli uomini si renderanno conto che modificare quel che era considerato immodificabile può condurre a uno stato di cose migliore, alla diffusione di nuovi diritti, principi o valori, derivati dall’affinamento stesso delle conoscenze e della consapevolezza morale, allora ci si può attendere che essi cambieranno la propria percezione di quel che è lecito fare. […] Il primo dei principi che ispira noi laici è quello dell’autonomia». Ulteriore «principio è quello di garantire agli individui una qualità della vita quanto più alta possibile». Ciò detto, si arriva a concludere che «è impossibile pensare che in un campo come quello della bioetica […] possa esistere un canone morale a vocazione universale».

Flamigni allora è stato il gran sacerdote laico in camice bianco dei nostri tempi che insegnava principi come la qualità della vita, l’autodeterminazione, l’autonomia della ricerca scientifica da qualsiasi giudizio etico che non fosse l’utilità, il pluralismo etico (per poi sconfessarlo imponendo il proprio codice morale) e soprattutto la laicità.

Vogliamo mettere l’accento su quest’ultimo principio perché per Flamigni, come per moltissimi altri suoi compagni di cordata, la religione, Dio, la Chiesa sono sempre stati una spina nel fianco. Anzi, a ben vedere, sono stati e sono quelle realtà che hanno permesso l’esistenza di un paradigma bioetico differente. Le tesi di Flamigni e insieme a lui di molti altri sono esistite e tutt’ora esistono come contraltare (termine qui quanto mai appropriato) delle posizioni dottrinali del Magistero (d’altronde il male, essendo privazione di bene, esiste perché esiste il bene, suo presupposto).  È un po’ come accadeva qualche anno or sono con la sinistra dura e pura: c’era perché c’era Berlusconi. Le loro tesi infatti si articolano per lo più come negazioni di affermazioni della Chiesa, come reazione pavlovliana di un’azione del Magistero, strutturandosi alla fine e inconsapevolmente come una contro-chiesa, una religione della scienza. Ecco perché Flamigni tirava in ballo la Chiesa in un articolo sì e nell’altro pure, ecco la sua ossessione per la religione (davvero gli atei sono quelli che più di tutti parlano di Dio), ecco il suo incessante affanno, spesso venato da malcelato livore, nell’attaccare i cattolici. La bioetica di Flamigni in questo senso era necessariamente ancillare, per niente autonoma, accessoria, per nulla essenziale nei suoi presupposti, derivata, per niente originale, secondaria e non primaria. Era il calco, il negativo della dottrina morale cattolica. Per paradosso la bioetica di Flamigni nasceva dalla Chiesa, ovviamente come figlia che non poteva essere riconosciuta dalla stessa, viveva della sua luce riflessa trasformandola in oscurità.

C’è però da sottolineare che in tutto questo battagliare contro la dottrina cattolica, giocava un ruolo preponderante una mancanza di conoscenza adeguata di questa dottrina così tanto vituperata. Ad esempio uno dei suoi più grandi errori fu quello di ritenere la bioetica insegnata dalla Chiesa un mero frutto di credenze irrazionali, fideistiche e dunque apodittiche, quando invece essa si presenta come insieme di principi derivati dalla ragione e quindi condivisibili anche dai noi credenti, Flamigni incluso.

Ora questi si trova di fronte al trono di Dio, a quell’ «autorità superiore» verso cui provava così tanto fastidio. Augurandoci che quella citata ossessione contro il sacro fosse in realtà il risvolto negativo di una sana e incompresa nostalgia di Dio, preghiamo per lui perché il Signore lo possa accogliere per l’eternità con sé insieme a tutto quel “materiale biologico” che non vide mai la luce anche a causa della sua indefessa opera.