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OLTRE OVERTON

Francia, aborto in Costituzione: primo sì. Così si rischia l’obbligo

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L’Assemblea Nazionale ha approvato a larghissima maggioranza la proposta di qualificare l’aborto come diritto costituzionale. Si attende il voto del Senato. Di questo passo l’aborto diventerà obbligatorio: cinque prove.

Vita e bioetica 05_02_2024

Visti i tempi attuali è facile dare i numeri. E li diamo anche noi: 234 mila. Sono il numero di aborti legali effettuati in Francia nel 2022, 17 mila in più rispetto all’anno precedente. Colpa del Covid che ha impedito di abortire? No, infatti come certifica lo studio di Annick Vilain e Jeanne Fresson, intitolato Nel 2022 aumenta il numero di interruzioni volontarie di gravidanze e pubblicato sul sito Direzione della Ricerca, Studi, Valutazione e Statistica del governo francese, questo numero di aborti è il più alto mai registrato dal 1990 al 2022. Il più alto in 32 anni.

Diamo un altro paio di numeri: 493 e 30. Il primo numero si riferisce ai voti a favore e il secondo ai voti contrari, espressi in seno alla Camera francese (l’Assemblée Nationale), in riferimento alla proposta di riforma costituzionale che vuole qualificare l’aborto come diritto costituzionale. Nell’articolo 34 della Costituzione si vuole aggiungere la seguente frase: «La legge determina le condizioni in cui si esercita la libertà della donna, che le è garantita, di fare ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza». L’aborto, già disciplinato dalla legge Veil del 1975, diventerebbe una libertà costituzionalmente garantita, come se fosse il diritto al lavoro o all’educazione. Ci troveremmo nel paradosso di una Costituzione, quella francese, che tutelerebbe il diritto alla vita e contemporaneamente il suo contrario, il diritto ad uccidere. Sintomi sempre più frequenti, nel nostro tempo, dell’agonia della ragione. Dunque l’Assemblea Nazionale ha espresso il suo “sì” alla proposta. Ora la palla passa al Senato dove i giochi potrebbero farsi più complicati perché potrebbero prevalere le forze di centrodestra che però, a dire il vero, sono anch’esse ormai completamente laicizzate e libertarie.

Questo pacco bomba destinato a decine di migliaia di bambini è stato spedito dal presidente Emmanuel Macron nell’ottobre dello scorso anno: «Nel 2024, la libertà delle donne di abortire sarà irreversibile. [Occorre] cambiare la nostra Costituzione, incidendovi la libertà delle donne a ricorrere all’interruzione volontaria di gravidanza, per assicurare solennemente che niente potrà comprometterla o cancellarla. Così sarà irreversibile», ha sentenziato. Irreversibile perché tutto nell’ottica progressista deve cambiare eccetto il male. Una volta fatto proprio, non si deve tornare indietro.

Da dove nasce questa volontà di Macron di elevare il delitto di aborto a diritto costituzionale? È la risposta francese alla sentenza Dobbs del giugno del 2022 della Corte Suprema degli Stati Uniti che rovesciò la sentenza Roe vs Wade. Come il Parlamento europeo nel luglio del 2022 ha chiesto, con una risoluzione (non legislativa), di inserire il diritto di aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, così la Francia sta tentando di elevare l’aborto a diritto costituzionale. Sarebbe il primo Paese al mondo a farlo. Troverà l’opposizione dei francesi? Non pensiamo proprio. Secondo un sondaggio della fondazione Jean Jaurès, l’83% di loro giudica positivamente l’attuale legge sull’aborto.

Citando la famosa finestra di Overton, un certa condotta prima è considerata inconcepibile dal popolino; poi di questa condotta vengono accettati i casi estremi, le eccezioni; in seguito il consenso generale considera tale condotta nella sua versione ordinaria come accettabile e quindi come ragionevole; va da sé che il passo successivo sta nella diffusione di questo comportamento nella società per approdare al suo passo finale, ossia alla sua legalizzazione. In questo schema manca un ulteriore passo, davvero l’ultimo e definitivo: l’obbligo, prima sul versante morale e poi su quello giuridico, di assumere tale condotta.

L’aborto a livello mondiale ha bruciato queste sei tappe overtoniane nell’arco di qualche decennio. Quasi globalmente viene qualificato dagli Stati come diritto soggettivo. Il successivo passo non previsto da Overton nel suo schema è la sua obbligatorietà. In realtà non è un passo futuro, ma una fase che stiamo già vivendo sebbene non si sia ancora completata in modo definitivo. Ecco le prove. La prima: la lotta contro l’obiezione di coscienza. Il medico deve essere obbligato a praticare aborti. Seconda prova: in Italia come altrove le soluzioni alternative all’aborto presenti nella Legge 194 non vengono mai prese in considerazione nei confronti di una donna che ha una gravidanza indesiderata. L’unica scelta, che diviene quindi scelta obbligata, è quella di abortire.

Terza prova: gli organismi internazionali come il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e le aziende private che fanno del loro core business la tutela della cosiddetta salute sessuale e riproduttiva (tra tutte citiamo la Planned Parenthood) formano le giovani e giovanissime donne, soprattutto quelle dei Paesi in via di sviluppo, secondo la dottrina abortista. Anche in questo caso l’aborto viene presentato come unica soluzione non solo di fronte ad una gravidanza indesiderata, ma anche di fronte ad una gravidanza inaspettata, perché ogni bambino non voluto previamente, non programmato, non previsto è un attentato alla serenità della donna, alla sua possibilità di emancipazione, alla sua carriera, eccetera. Dunque la madre “ragionevole” deve abortire per tutelare la sua salute fisica e psichica e il suo benessere.

Per non parlare del fenomeno degli aborti forzati promossi dal governo cinese fino a quando, dieci anni fa, la Corte Suprema decise di cambiare rotta rispetto alla politica del figlio unico (oggi il limite è fissato a tre). Nel 2013 l’Oms calcolò che ogni anno in Cina avvenivano 14 milioni di aborti forzati, il 25% di tutti gli aborti legali che vi erano nel mondo.

Quarta prova: ogni qual volta qualche consigliere comunale o qualche onorevole propongono aiuti economici per le donne che vogliono avere un figlio, ecco che politici, opinionisti, influencer pro-choice si scagliano con furore, come delle Erinni, contro queste proposte, berciando che il diritto di aborto è così messo in pericolo. Ma in realtà questi consiglieri e onorevoli non vogliono (purtroppo) eliminare l’opzione aborto, ma desiderano solo aggiungere un’altra opzione: far nascere il bambino. Lasciando tra l’altro la discrezionalità della scelta alla donna. Insomma un altro sintomo che ci dice che l’aborto deve essere un obbligo.

Quinta prova: tutte le leggi che fanno leva sul consenso informato a favore della donna che porta avanti una gravidanza indesiderata vengono sistematicamente attaccate. Pensiamo alla proposta di legge di iniziativa popolare Un cuore che batte che mira a far vedere il bambino e a far ascoltare il suo battito alla mamma che vuole abortire al fine di dissuaderla da tale scelta. Anche in questo caso l’attacco violento e radicale a questa proposta ci conferma che ampi settori della cultura libertaria e progressista spingono perché l’aborto diventi un dovere giuridico.



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