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FEDE VS LAICISMO

Francia e non solo, c’è una Chiesa che difende le Messe

Con la scusa del Covid, diversi governi europei impongono nuovi divieti contro la celebrazione delle Messe. In Francia, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dei vescovi. Disappunto pure dalla Conferenza episcopale inglese. E in Irlanda, dove i sacerdoti rischiano l’arresto se celebrano con fedeli, il primate esorta a scrivere ai parlamentari. La libertà di culto non esiste più.

Attualità 08_11_2020

Scontro sulla Messa, di questo sono protagonisti le Chiese e i fedeli di Francia, Irlanda e Inghilterra che, in modo diverso, non accettano le decisioni dei rispettivi Governi di vietare le celebrazioni eucaristiche e le chiusure dei luoghi di culto. Con la scusa dell’emergenza Covid, il nuovo totalitarismo anticristiano, dopo la Pasqua, vuole toglierci il Natale. Lo abbiamo detto più volte su queste pagine: sull’altare c’è Gesù Cristo vivo, nella Santa Messa Gesù davvero viene a noi. Ai nuovi leviatani d’Europa di oggi, diversi vescovi e fedeli ripetono: Cristo e la Messa comunitaria non sono negoziabili!

La situazione in tutta Europa è chiaramente fotografata da uno studio pubblicato dallo European Centre for Law and Justice di Strasburgo: la libertà di culto è violata sistematicamente.

In Francia, nella serata di ieri, il Consiglio di Stato ha deciso di respingere il ricorso presentato dalla Conferenza episcopale che si opponeva alla chiusura totale decretata da Macron. La decisione è chiara: interdizione delle Messe e celebrazioni pubbliche, ad eccezione dei funerali con un massimo di 30 partecipanti. Monsignor Éric de Moulins-Beaufort, arcivescovo di Reims, presidente della Conferenza episcopale francese, aveva presentato il 2 novembre al Consiglio di Stato un ricorso per la libertà contro il decreto n. 2020-1310 del 29 ottobre 2020 del Governo, che, prescrivendo le misure per affrontare l’epidemia, violava la libertà di culto, una delle libertà fondamentali francesi. Su tale decreto erano stati presentati ben 57 ricorsi d’urgenza alla Corte, di cui 27 da parte di associazioni cristiane e cattoliche, in materia di libertà, una crescita del 583% rispetto allo scorso anno. Numeri che descrivono tutta la gravità degli abusi statali. Il presidente della Conferenza episcopale aveva considerato sproporzionato il divieto di celebrare la Messa e altri Sacramenti in comunità. “Per i fedeli, queste celebrazioni sono vitali perché sono un incontro con il Signore e con i loro fratelli. I fedeli cattolici rimangono totalmente mobilitati contro l’epidemia e rispettano tutte le norme sanitarie che hanno pesato sul Paese fin dall’inizio”.

Alcuni vescovi, insieme ad intellettuali laici e cattolici, avevano depositato anche un ulteriore ricorso al Consiglio di Stato sullo stesso tema: tra essi Rémi Brague, Chantal Delsol, Fabrice Hadjadj, Jean d'Orléans, Pierre Manent, Charles Millon, Jean Sévillia, Thibaud Collin. In questo ricorso si diceva che «lo Stato deve rendere possibile l’esercizio e la pratica del culto. (…) La celebrazione della Messa non è per i cristiani una modalità di esercizio della fede, ma la fonte e il culmine della stessa. Fin dalle origini della Chiesa, i cristiani hanno sempre affermato: “Senza domenica non possiamo vivere”».

Lo scontro tra laicità dello Stato e laicismo di molti Paesi europei è evidente. Sabato mattina, durante le celebrazioni di Stato a Nizza per render omaggio ai tre martiri dell’attentato dello scorso 29 ottobre, dalle parole del primo ministro francese  Jean Castex si erano avuti segnali diversi: “Questi tre nostri concittadini sono stati uccisi durante una pacifica preghiera (…) la pratica religiosa è una libertà fondamentale sulla quale la Repubblica non transige più (...) nessuna celebrazione religiosa è una offensiva per una Repubblica laica”. Una dichiarazione che è stata gelata dalla decisione del Consiglio di Stato di ieri sera, nella quale si ribadisce invece che: sono consentiti solo funerali (massimo 30 persone) e matrimoni (6 persone), i fedeli potranno continuare ad andare in chiesa soli, esser ricevuti dai sacerdoti ma nulla più. La decisione lascia però aperto uno spiraglio. In Parlamento è in corso la discussione sullo “stato di emergenza” nel Paese. E il Consiglio di Stato introduce una clausola di revisione della decisione prevista per il prossimo 16 novembre (data in cui il Governo dovrà fare una proposta di riconciliazione) e chiede al Governo, come questo si è impegnato a fare nell’udienza, di chiarire in che modo i fedeli potranno andare in chiesa più facilmente.

Nel Regno Unito le cose non vanno meglio. Mentre lo scontro giudiziario in Galles è ancora in atto, si apre un nuovo e ben più ampio scontro tra il Governo di Boris Johnson e le chiese cristiane, con la Chiesa cattolica e gli evangelici alla guida delle proteste. A seguito del lockdown stabilito dal Governo Johnson, chiese e luoghi di culto restano aperti solo per la preghiera personale e i funerali. La Conferenza episcopale dell’Inghilterra e del Galles, di fronte alla decisione del Governo di sospendere le celebrazioni e il culto pubblico, ha invitato a osservare le nuove regole ma allo stesso tempo ha parlato di “una fondamentale mancanza di comprensione del contributo essenziale dato dalle comunità di fede al benessere, alla resilienza e alla salute della nostra società”. Il blocco è iniziato il 5 novembre e dovrebbe terminare il 2 dicembre, anche se il Governo ha già detto che potrebbe essere prolungato se la diffusione del virus non dovesse rallentare.

In precedenza, in una lettera con la data del 3 novembre al primo ministro Johnson, dei vescovi inglesi e altri leader religiosi avevano fatto notare che non esiste nessuna evidenza scientifica che faccia ritenere le chiese e gli altri luoghi di culto più pericolosi di pub, grandi magazzini, negozi di vario genere e uffici pubblici. Il 5 novembre, Sir Patrick Vallance, Capo consulente scientifico del Regno Unito, ha dovuto ammettere che gli scienziati che lavorano sulla pandemia “non hanno buone prove” per giustificare l’imposizione delle nuove misure di blocco dei luoghi di culto. Nel dibattito alla Camera dei Comuni la feroce critica di Theresa May ha messo in guardia il Governo dal mantenere questa misura, “un pericolosissimo precedente che qualunque altro governo in futuro potrebbe usare per vietare libertà religiosa e di culto che stanno alla base della tradizione e della storia della nazione inglese”.

La battaglia legale, oltre a quella civile, è tutt’altro che terminata anche in Irlanda dove, a seguito delle rinnovate misure restrittive nei confronti della Chiesa cattolica decise ancora una vota dal Governo liberal-socialista di Micheal Martin, i sacerdoti possono anche essere arrestati se si azzardano a celebrare Messe con dei fedeli presenti. Il Primate di Irlanda Eamon Martin lo scorso 5 novembre ha invitato i cattolici a contattare i propri parlamentari per esprimere il loro dolore per la separazione dalla Messa e dai sacramenti. Il Primate ha ricordato che il culto pubblico di Dio è essenziale per essere cristiani: “Per i cristiani il vero significato del Natale è nella celebrazione dell’Incarnazione… Nessun raduno virtuale è in grado di farci incontrare fisicamente per accogliere Cristo nostro Salvatore”.

Lo scontro è totale, dunque. A Londra, Dublino, Parigi, nell’Europa di oggi come ai tempi delle persecuzioni romane, ci sono vescovi e fedeli cristiani che affermano la medesima verità davanti ai nuovi imperatori: ciò che abbiamo di più caro è Cristo.