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INTERVISTA

Gardini: «Per salvare la Ue si torni all'Europa dei popoli»

«Nella Ue è prevalsa la visione spinelliana che vuole cancellare le identità nazionali in favore di una Europa degli illuminati, calata dall'alto». «I sovranismi sono una reazione giustificata a questa violenza». «C'è nella Ue una ossessione per i diritti individuali che genera conflitti». «Per capire l'Europa e la strada da prendere, bisogna leggere "Memoria e identità" di san Giovanni Paolo II». «Immigrazione, è giusto proteggere i confini esterni, bloccare le partenze dalle coste africane e stroncare il business del traffico di esseri umani». «L'islam? Ci stiamo noi integrando a loro, non è accettabile». L'eurodeputata Elisabetta Gardini interviene sui temi che saranno al centro della Giornata per la Dottrina Sociale della Chiesa, sabato 6 aprile a Milano.

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Politica 04_04_2019
Elisabetta Gardini al Congresso mondiale delle famiglie

«L’Unione Europea ha tradito le sue origini, è diventata una succursale delle Nazioni Unite e delle sue ideologie anti-famiglia, con l’esasperazione dei diritti individuali, che ogni soggetto imbraccia come armi contro altri diritti». È uno scenario che non consente di farsi illusioni quello che descrive Elisabetta Gardini, deputata al Parlamento europeo dal 2008, nel gruppo del Partito Popolare. Che tuttavia indica due stelle polari per guidare l’azione in Europa: Memoria e identità, l’ultimo libro di san Giovanni Paolo II, una meditazione sul senso della storia che molto riflette sull’evoluzione dell’Europa, la sua identità, il compito della Chiesa; e il messaggio per la Giornata mondiale della Pace del 2002, sempre di Giovanni Paolo II, Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono: «Sono testi fondamentali per un giudizio chiaro sull’Europa, che aiuta a comprendere anche ciò che sta accadendo oggi: il contributo importante dei paesi dell’Est per questa Europa secolarizzata, e una visione più realistica anche dei cosiddetti 70 anni di pace in Europa. In realtà si tratta di anni senza conflitti armati, ma la pace è un’altra cosa, richiede prima giustizia e poi perdono: l’Europa è piena di ferite ancora aperte, pensiamo alle foibe, tanto per stare a un fatto di cui si è parlato recentemente». C’è dunque un lungo cammino da fare e l’Unione Europea sembra andare per la direzione sbagliata: «C’è una esasperazione dei diritti individuali, che è anche l’origine dell’attacco alla famiglia. È una vera ossessione: non c’è riunione plenaria del Parlamento Europeo che non voti almeno due o tre risoluzioni sui diritti sessuali e riproduttivi o sui diritti Lgbti. E questa è una fonte continua di conflitti, perché i diritti degli uni vengono imbracciati come armi contro i diritti degli altri. Si è perso completamente l’orizzonte di un bene comune, che ci rende una comunità di esseri umani. Non per niente Benedetto XVI, quando era ancora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva invitato tutte le Università pontificie a ricominciare e proporre lo studio del Diritto naturale».

Onorevole Gardini, questo ci introduce al primo dei temi che saranno affrontati sabato 6 aprile a Milano nella tavola rotonda pomeridiana della Giornata per la Dottrina sociale della Chiesa: la tanto discussa questione dei sovranismi, termine forse improprio che vorrebbe indicare le spinte nazionali o particolaristiche contro l’edificazione di un progetto comune europeo. Mi sembra che quanto da lei detto finora rovesci la prospettiva.
Sicuramente c’è un malessere enorme che attraversa l’Europa. Il cosiddetto sovranismo è un bisogno di quella identità che è stata estirpata. All’origine i tre padri fondatori della comunità europea – Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman - avevano in mente un’Europa dei popoli, poi invece è prevalsa l’ispirazione spinelliana (quella del Manifesto di Ventotene, ndr): le identità nazionali sono viste come la causa dei conflitti del XX secolo, per cui si è perseguito l’azzeramento di tutto ciò che era stato, a favore di una Europa calata dall’alto, un’Europa di illuminati che indica nuovi valori. È questo a cui la gente si ribella, ci hanno tolto le nostre radici e ci hanno messo in una situazione di precariato esistenziale. Se penso a me stessa, io sono padovana, quindi veneta, poi italiana e infine europea; mi sento europea come espansione della mia identità, non posso sentire mia un’Europa che vuole cancellare la mia identità padovana e veneta. Da questo punto di vista la Brexit è stata un’occasione perduta.

In che senso?
Che ci sia qualcosa di sbagliato in questa costruzione è evidente a molti se non a tutti, ma non si sono mai voluti affrontare i problemi. All’inizio del dibattito sulla Brexit, prima che si svolgesse il referendum nel Regno Unito, ricordo che i conservatori britannici dicevano che questa poteva essere l’occasione per riprendere in mano il discorso sui fondamenti dell’Unione, un’occasione per riparlarne, ma non si è voluto. Ora è vero che contro l’Unione Europea ci sono anche reazioni perfino eccessive,  ma sono anche giustificate dal non volere affrontare le questioni fondamentali.
Non per niente, a Bruxelles si vede come “nemici” paesi come l’Ungheria e la Polonia, che invece sono fermi a difendere la propria identità e i valori fondanti la nazione.
Conosco molto bene l’Ungheria, lavoro benissimo con i deputati del partito al governo, sono molto attenti alle questioni che riguardano la bioetica, la famiglia, l’identità nazionale. Poi, è ovvio che il loro premier, Viktor Orbàn, possa fare anche degli errori, e chi non li fa? Forse che la Francia non ne fa? Tanto per dire, stiamo ancora pagando quel tragico errore della guerra scatenata contro la Libia. Ma oggi nella Ue, c’è chi può permettersi errori e chi no. Anche sullo stesso argomento: si condanna l’Ungheria perché non accetta una certa immigrazione, ma allora perché va bene che Macron ci riporti gli immigrati irregolari a Ventimiglia? È una situazione di palese ingiustizia. E torniamo al discorso iniziale, se non c’è giustizia non c’è pace. In fondo Orbàn è attaccato perché difende l’identità e il diritto di essere se stessi.

Secondo tema che affronteremo sabato, la bioetica.
Qui entriamo in una situazione particolare. Ci sono delle questioni di pertinenza comunitaria, ad esempio quando nei programmi di ricerca scientifica si tocca il tema dell’uso degli embrioni. Ma più in generale si tratta di argomenti che sono di pertinenza dei singoli stati, vedi tutto quello che riguarda la famiglia, l’aborto e così via. Anche questi però rientrano dalla finestra perché certe rivendicazioni ideologiche vengono trattate come una questione di diritti umani, su cui la Ue ha competenza. Così è per l’agenda Lgbti, per l’aborto, ora l’eutanasia. Anche l’utero in affitto rientra in questo campo. Dal punto di vista dell’Europarlamento, anche se abbiamo approvato risoluzioni che vanno in favore della famiglia e della vita, si ha la sensazione che siano sempre vittorie di Pirro, perché non producono conseguenze dal punto di vista legislativo. Inoltre sui temi etici è invalsa l’abitudine dei grandi partiti di lasciare libertà di voto. E questo non va bene: i partiti dovrebbero indicare una posizione chiara. Ciò non toglie che singoli parlamentari, come spesso succede, possano anche votare in contrasto con l’indicazione del partito, ma se c’è una Carta dei valori che parla di difesa della famiglia e della vita dal concepimento fino alla morte naturale, poi non si può non prendere una posizione chiara.

Terzo tema, l’immigrazione. Un problema che non si vuole risolvere è il Trattato di Dublino, che inchioda gli immigrati irregolari nel primo paese dell’Unione su cui mettono piede.
Certo, perché nessuno vuole questo tipo di immigrazione. È anche sbagliato concentrarsi sulla redistribuzione: questa riguarda solo i rifugiati, che sono una minima parte di coloro che arrivano in modo irregolare. La posizione del Partito Popolare a livello europeo è chiara: proteggere i confini esterni dell’Unione, bloccare l’immigrazione irregolare, contrastare il traffico di esseri umani. Anche sul soccorso in mare si deve essere chiari: le leggi internazionali del mare riguardo il soccorso ai naufraghi non sono state concepite per questi naufragi organizzati. Questo è un enorme business criminale che va stroncato. Che poi, per favorire questo traffico ci viene data una falsa rappresentazione dell’Africa: bisognerebbe invece far sentire le voci autentiche dell’Africa, che chiedono autonomia, sviluppo, non questo tipo di assistenza.

Ultima questione: l’islam, in gran parte legato all’immigrazione. Ci sono problemi di rifiuto di integrarsi, la crescita del fondamentalismo, i problemi legati ai foreign fighters.
Questo è sicuramente un grande problema, qui vengono al pettine tutti i nodi legati alla volontà di cancellare l’identità dei popoli europei: si sono lasciate crescere grandi aree nelle città che vivono di fatto secondo la sharia, con tutte le conseguenze del caso. Nei paesi nord-europei, dall’Olanda alla Svezia, quelli considerati più aperti, senza pregiudizi, vediamo ora quali problemi questa ideologia sta dando, con i media che cercano di nascondere i crimini. È importante porre delle regole precise, lo dicono ad esempio anche alcuni conservatori britannici islamici: non devono arrivare soldi da paesi fondamentalisti, le prediche nelle moschee devono essere nella lingua del paese ospitante e così via. Invece stiamo facendo il contrario: proprio in questi giorni apprendiamo che la provincia di Bolzano ha pubblicato un opuscolo per le scuole di lingua tedesca in cui, in nome dell’integrazione, si chiedono sport separati per maschi e femmine, l’uso obbligatorio del burkini per le ragazze in piscina, la sospensione delle gite scolastiche durante il ramadan. Ma questa è un’integrazione al contrario. Così come ormai in tanti paesi europei è accettata di fatto la poligamia; la legislazione viene aggirata riconoscendo le donne non come mogli ma come persone che hanno diritto a essere sostenute economicamente. Si arriva ormai a permettere cose che sono vietate anche nei loro paesi di provenienza, a maggioranza islamica. In questo modo siamo noi a spingere questi popoli verso l’estremismo, anche se è quello che diciamo di non volere.

Legato all’islam c’è anche il tema della donna.
Come donna non posso tollerare culture che sottomettono la donna. Di più: non posso accettare neanche la donna che vuole sottomettersi. La donna che indossa il velo, vuole solo un medico donna, pretende una piscina solo per lei nelle ore serali, non può stare da me, perché mi guarda con un occhio che non va bene. E poi si deve assolutamente porre il principio della reciprocità: troppo comodo che qui si possa fare tutto, e nei loro paesi niente.