Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
RICONOSCIMENTO TARDIVO

Genocidio armeno. Sfida tedesca alla Turchia

Il Bundestag, la camera bassa del parlamento tedesco, ha riconosciuto ieri il genocidio armeno del 1915, con un voto quasi unanime. La notizia è stata salutata con gioia dalle comunità armene in tutto il mondo, ma viene considerata come una decisione “irrazionale” e “un errore storico” dalle massime cariche della Turchia. E il momento, a causa della crisi migratoria, è delicatissimo.

Esteri 03_06_2016
Celebrazione del giorno del genocidio

Il Bundestag, la camera bassa del parlamento tedesco, ha riconosciuto ieri il genocidio armeno del 1915, con un voto quasi unanime. Solo un astenuto e un assente non hanno alzato la mano al momento della chiamata. La notizia è stata salutata con gioia dalle comunità armene in tutto il mondo, ma viene considerata come una decisione “irrazionale” e “un errore storico” dalle massime cariche della Turchia. Il governo di Ankara ha subito richiamato l’ambasciatore e minaccia rappresaglie politiche ancora più gravi.

La risoluzione tedesca è stata promossa da entrambi i grandi partiti, quello conservatore (Cdu/Csu) e quello socialdemocratico (Spd). Benché il cancelliere Angela Merkel fosse assente al momento del voto, anch’ella si è detta favorevole all’approvazione del documento. Anche i Verdi, all’opposizione, hanno votato a favore. La reazione turca era prevedibile e puntualmente si è verificata. Benché il governo del premier Binali Yildirim avesse comunicato a Berlino che l’eventuale approvazione non avrebbe comportato conseguenze per l’accordo sull’immigrazione, lo stesso Yildirim aveva definito il voto al Bundestag come un importante “test di amicizia”. E la Germania, non l’ha passato. Yildirim ha citato anche l’appartenenza alla Nato di entrambi i paesi, avvertendo che la mozione parlamentare potrebbe avere ripercussioni sull’alleanza militare. Sono dovuti intervenire Jens Stoltenberg (segretario generale della Nato) e Angela Merkel, in conferenza stampa congiunta, per gettare acqua sul fuoco. 

La posta in gioco è alta, in questo momento storico. La Turchia, dallo scorso marzo, ha siglato con l’Ue l’accordo per la regolazione dei flussi degli emigranti e dei profughi dalla Siria (più di tre milioni presenti in territorio turco) e, oltre ai 3 miliardi di euro promessi da Bruxelles, attende anche la liberalizzazione dei visti di ingresso per i cittadini turchi che volessero viaggiare in territorio Ue. La Germania è la controparte fondamentale nell’Ue, non solo perché ospita la più vasta comunità turca in Europa, ma anche perché è il paese terminale della rotta balcanica dell’emigrazione. Coloro che sbarcano in Grecia, sono quasi sempre (1 milione di casi solo l’anno scorso) diretti in Germania. La politica della porta aperta promossa dalla stessa Angela Merkel l’estate scorsa, poi rivista al ribasso lo scorso inverno, è stata una delle cause principali dell’aumento degli sbarchi di profughi ed emigranti in Europa sudorientale.

Perché è stata approvata questa risoluzione, su uno sterminio avvenuto 101 anni fa, proprio in questi giorni? Il testo era già redatto da un anno, in attesa di approvazione parlamentare. Un anno fa, il 24 aprile, cadeva il 100mo anniversario del genocidio armeno e questa risoluzione avrebbe avuto un maggior significato storico. Era stata rimandata proprio per motivi diplomatici, per non compromettere i rapporti fra Berlino e Ankara. Ci sono diversi motivi, ora, che possono aver spinto i parlamentari tedeschi a scongelare la risoluzione e votarla, nonostante l’accordo sull’immigrazione. Il primo, in ordine di tempo, è l’affaire Jan Boehmermann. Il comico tedesco, dopo aver scherzato pesante su Recep Tayyip Erdogan, era finito nel mezzo di un caso diplomatico. Su richiesta del presidente turco, Boehmermann era stato processato in Germania, sulla base di una legge che vieta l’insulto di capi di Stato stranieri. Benché il comico avesse offeso Erdogan con battute diffamatorie e di pessimo gusto, l’opinione pubblica tedesca aveva percepito la pressione turca come una limitazione inaccettabile alla propria libertà di espressione, sacrificata sull’altare del buon vicinato diplomatico. La politica aveva risposto a questo disagio mettendo mano alla legge sull’offesa ai capi di Stato stranieri e promettendo che un caso del genere non si sarebbe mai più ripetuto.

Nel frattempo è subentrato il tira-e-molla della Turchia sui suoi diritti civili: Ankara dovrebbe riformare la sua legge sul terrorismo (troppo arbitraria) prima di ottenere la promessa liberalizzazione dei visti. Ma lo stesso presidente Erdogan si è detto contrario alla riforma. E in compenso, il 20 maggio, è stata rimossa l’immunità parlamentare, mettendo a rischio l’incolumità dei deputati curdi. In questo contesto, la risoluzione tedesca sul riconoscimento del genocidio armeno può essere letta come una risposta politica, a una Turchia che chiede aiuti economici e concessioni dando poco o nulla in cambio. Ora si vedrà, però, come Erdogan reagirà, all’atto pratico, sul fronte dell’emigrazione. Perché è perfettamente in grado di scaricare sull’Europa meridionale un numero di profughi ed emigranti pari a tre volte quello giunto sulle nostre coste in tutto il 2015.

Tuttavia, queste schermaglie diplomatiche e queste logiche politiche rischiano di eclissare l’atto in sé: il riconoscimento del genocidio da parte della Germania. Da un punto di vista storico, questa risoluzione è doppiamente importante, proprio perché proviene dal principale alleato dell’Impero Ottomano di allora. Nel 1915 i consiglieri militari tedeschi avevano formato l’esercito ottomano, addestrandolo e armandolo, in molti casi anche comandandolo direttamente (il generale Liman von Sanders era alla testa delle truppe turche nella campagna di Gallipoli, proprio mentre in Anatolia iniziava il genocidio). Avevano tutti gli strumenti per conoscere lo sterminio che il governo dei Giovani Turchi stava pianificando contro gli armeni e assistettero in diretta alla sua esecuzione meticolosa. La politica ufficiale di Berlino, allora, consisteva nella protezione e difesa dell’integrità ottomana, anche ai danni delle minoranze. I tedeschi, va detto, ebbero un ruolo fondamentale per salvare dallo sterminio la minoranza greca e quella ebraica nel 1917. Ma due anni prima, non solo lasciarono sterminare impunemente un milione e mezzo di armeni, ma parteciparono attivamente. Il generale Friedrich Bronsart von Schellendorf emise personalmente ordini per l’arresto e la deportazione degli armeni d'Anatolia. Il tenente colonnello Sylvester Boettrich, supervisore della costruzione della ferrovia Berlino-Baghdad, contribuì alla deportazione, consegnando ai turchi i suoi operai di etnia armena. Soprattutto, per i tedeschi fu un’esperienza propedeutica: Adolf Hitler dichiarò in più di un’occasione di ispirarsi al genocidio turco per organizzare lo sterminio degli ebrei. La risoluzione votata dal Buntestag, non solo riconosce la natura genocida della liquidazione della minoranza armena nell’Impero Ottomano, ma ammette la grave responsabilità della Germania per quel crimine. Meglio tardi che mai.