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BIG TECH

Google subisce un processo anti-trust che deciderà il futuro del Web

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Google alla sbarra, per la prima volta nella sua storia. Il colosso del Web è accusato di abuso di posizione dominante, considerando che viene usato per il 90% delle ricerche online. La magistratura americana dovrà dimostrare che ha violato le norme contro i monopoli. Ne va del futuro del Web.

Economia 14_09_2023 English
Processo a Google, gli avvocati del Dipartimento di Giustizia

Il mito dell’onnipotenza delle grandi piattaforme web e social sembra offuscarsi ogni giorno di più. L’inasprimento delle norme che regolano la presenza sul mercato dei servizi digitali delle big tech e la crisi che molte di queste stanno attraversando sul piano finanziario si sommano ai guai giudiziari e alle multe salate inflitte ad alcune di loro da parte di organi giurisdizionali nazionali e internazionali.

Ma la notizia che fa più scalpore nelle ultime ore è l’apertura, negli Usa, del primo processo a Google per posizione dominante. A fronteggiarsi si trovano da una parte il gigante della Silicon Valley, Google, ormai utilizzato per circa il 90% delle ricerche online e con un’attività pubblicitaria da oltre 160 miliardi di dollari e, dall’altra, il governo Usa, che non intenta una causa di questa portata dal 1998. Quell’anno, infatti, portò Microsoft sul banco degli imputati con l’accusa di abuso di posizione dominante perché aveva imposto di default il suo browser Explorer come software di navigazione web ai clienti Windows, il suo sistema operativo. Microsoft, secondo l’accusa, aveva così soffocato la nascita e lo sviluppo di altri browser, primo tra tutti Netscape.

Oggi Google è accusato dal governo americano di aver violato sistematicamente le norme anti-monopolio ed il processo, della durata di ben dieci settimane e senza giuria, è già stato definito “storico”: è il maggior processo antitrust degli ultimi 25 anni e dal suo esito dipenderà il futuro del web.

Secondo i procuratori generali statali che hanno dato il via alla causa, Google ha raggiunto in maniera illegittima la quota del 90% delle ricerche online che detiene e, così facendo, ha lasciato i consumatori in condizioni peggiori rispetto a quelle in cui si sarebbero trovati se ci fosse stata vera concorrenza. Uno dei procuratori che guida la causa contro il colosso, Phil Weiser, afferma che l'azienda si è presa la libertà di caricare sul proprio motore di ricerca annunci fuorvianti, forte del fatto di non avere una vera e propria concorrenza con cui confrontarsi.  "Con il passare del tempo Google è stata sempre più in grado di instaurare e proteggere la sua posizione dominante, e di spingere questi annunci in modo aggressivo", ha dichiarato Weiser.

Quella contro Google è solo una delle cause antitrust avviate dal governo americano contro le principali aziende tech, ma è la prima ad arrivare in tribunale. I querelanti principali sono il Colorado, Tennessee e il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, a cui si aggiungono tutti gli altri Stati americani a eccezione dell'Alabama, dei territori di Porto Rico e Guam e del Distretto di Columbia. Il processo si apre dopo tre anni di istruttoria, nei quali le parti hanno prodotto 5 milioni di pagine di documenti e messo in campo circa 150 testimoni. Google ha messo al lavoro centinaia di dipendenti per occuparsi della causa, ha assunto tre grandi studi legali e si è opposta (con successo) alla trasmissione video del processo. Per proteggere la riservatezza dei dati di Google, infatti, il processo sarà prevalentemente chiuso al pubblico e ai media.

Secondo l’accusa, Google ha stretto accordi in esclusiva con le principali aziende produttrici con lo scopo di rendere di default il suo motore di ricerca. Il colosso del web avrebbe pagato milioni di dollari per assicurarsi che i partner scegliessero Google invece dei concorrenti. È così che Apple, Samsung, Lg e Motorola hanno deciso di inserire di default nei loro smartphone il suo software di ricerca. Le partnership rappresentano quindi una potente arma strategica per il colosso, ma una grave penalizzazione per i rivali.  Nel suo discorso di apertura l’avvocato dell’accusa, Kenneth Dintzer, ha affermato che “questo caso riguarda il futuro di Internet e se Google dovrà mai affrontare una concorrenza significativa”. Questo comportamento rappresenta una violazione dello Sherman Act, la più antica legge antitrust statunitense, cui si aggiunge una seconda violazione dal momento che Google ha illegalmente estromesso i suoi rivali condividendo le entrate pubblicitarie con i produttori di smartphone, con gli sviluppatori di browser e di vettori wireless. 

All’interno del settore delle ricerche online accumulare dati riguardanti il comportamento degli utenti è fondamentale e Google, grazie alla sua posizione dominante, è in grado di rendere più efficaci i risultati di ricerca e gli annunci.

L’iter del procedimento giudiziario si annuncia comunque complesso: in prima battuta si discuterà delle responsabilità di Google e, solo se la sua colpevolezza verrà dimostrata, si passerà a valutare come punire il gigante. Nessuno degli imputati rischia la prigione, ma a Google potrebbero venire precluse determinate strategie commerciali. Il colosso potrebbe inoltre essere costretto a vendere parti dell'azienda o modificare in modo sostanziale gli accordi con i suoi concorrenti.

Il procedimento potrebbe avere un grosso impatto anche sul resto dell’industria tecnologica americana, tanto che sono state aperte altre indagini contro Meta (Facebook) ed altri. Alcuni esperti legali ritengono che il processo sarà anche un modo per testare l’efficacia delle leggi antitrust degli Stati Uniti, introdotte a fine Ottocento per contrastare i grandi monopoli agricoli e industriali, che ormai potrebbero rivelarsi desueti per gestire casi complicati come quelli che riguardano le aziende tecnologiche. Dunque, nell’ecosistema digitale le diatribe sulle posizioni dominanti hanno implicazioni decisamente più incisive sul mercato rispetto a quelle sui monopoli o oligopoli nel mercato dei media tradizionali, che per lungo tempo hanno avvelenato, ad esempio, la politica italiana. Una posizione dominante in Rete ha un impatto decisamente più devastante e mina pericolosamente gli equilibri democratici di uno Stato.