Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giuseppe Lavoratore a cura di Ermes Dovico
IL CASO

Il giudice “rieducato” ci ricasca: no all’adozione gay

Richard Page, 69enne magistrato del Kent, è stato rimosso dal suo incarico perché in una intervista alla Bbc aveva osato sostenere che non ci sono sufficienti evidenze che un bambino dato in adozione ad una coppia gay cresca bene. Già nel 2014 Page fu costretto a seguire una specie di “corso di rieducazione”.

Esteri 19_03_2016
Il giudice Richard Page

«Chi dissente offende, perché condanna l'altrui giudizio», parola del gesuita Baltasar Gracián (Oracolo manuale e arte della prudenza, 1647). É ciò che è capitato a Richard Page, 69enne magistrato del Kent, il quale è stato rimosso dal suo incarico dal Lord Cancelliere, Mr Michael Gove, perché in una intervista alla Bbc aveva osato sostenere che non ci sono sufficienti evidenze che un bambino dato in adozione ad una coppia gay cresca bene. Giudizio che ha scatenato un reazione anafilattica nei piani alti del potere giudiziario inglese, il quale – per richiamare Graciàn – si è sentito offeso per cotanta ottusità mentale.

Il giudice, secondo il parere di una Commissione che ha vagliato il suo caso, «aveva un pregiudizio nei confronti dei genitori adottivi dello stesso sesso».  Per paradosso Page, che si professa di fede cristiana, era stato invitato alla Bbc proprio per parlare degli atti di discriminazione che subiscono i credenti e che li costringono a non avere ruoli attivi nella vita pubblica. Che beffa.

Page, il quale per 15 anni è stato magistrato nella sezione del tribunale di Kent dedicata al diritto di famiglia, è pure recidivo. Già nel 2014 votò contro la decisione di alcuni suoi colleghi che volevano affidare un bambino a una coppia gay perché questa decisione sarebbe stata «nel migliore interesse del minore»». Fu costretto a seguire una specie di “corso di rieducazione”. Nell’intervista rilasciata alla Bbc Page aveva candidamente ammesso che «la mia responsabilità come magistrato, come la vedevo, era di fare ciò che consideravo meglio per i bambini e la mia sensazione quindi era che sarebbe stato meglio se i genitori adottivi fossero stati un uomo e una donna».  Ecco che appena detto questa banalità così lapalissiana da far arrossire lo stesso Monsieur Lapalisse, Page è stato messo a riposo.

L’ex magistrato però nemmeno dopo questo prepensionamento forzato ha voluto tacere e in un’altra intervista ha commentato la vicenda che lo ha visto coinvolto: «da magistrato con grande esperienza, ho giudicato migliaia di casi e in ogni caso sono giunto alla mia decisione basandomi solo sull’evidenza posta dinanzi a me e ai miei colleghi. Questo è il giuramento che ho fatto quando divenni giudice di pace. Quando sedete in un Tribunale che tratta casi di diritto di famiglia», ha continuato Page, «avete l’immensa responsabilità di assicurare il supremo benessere dei bambini che devono essere inseriti in nuove famiglie. Soppesate i rapporti sociali, le referenze e l’evidenza dei fatti. Per quanto riguarda le coppie dello stesso sesso, è da poco tempo che coppie dello stesso sesso hanno avuto la facoltà di adottare e avere in affido, non c’è stato il tempo per condurre un’analisi adeguata sugli effetti che questi affidamenti hanno sul benessere educativo, emozionale e sullo sviluppo dei bambini».

«Come magistrato», ha concluso, «devo agire sulla base dell’evidenza e molto semplicemente, credo, che non ci sia evidenza sufficiente a convincermi che inserire un bambino in una coppia dello stesso sesso possa globalmente essere per lui benefico come darlo in affido ad una mamma e un papà, così come Dio e la natura fanno». Page ha poi aggiunto che il governo, aprendo l’adozione a coppie gay, avvia una «sperimentazione sociale sulla vita dei bambini più vulnerabili». L’ex giudice ha infine così chiosato: «è stato scioccante scoprire che mi avevano punito e ridotto al silenzio perché avevo espresso un parere dissenziente. Io sfido questa decisione perché illiberale e intollerante».

Commentiamo la vicenda prendendo a prestito le parole di Erich Fromm (di cui ovviamente non sposiamo l’intera dottrina): «abbiamo dato vita a un diramato sistema di comunicazioni mediante radio, televisione e giornali; e tuttavia la gente è disinformata e indottrinata più che informata della realtà politica e sociale. In effetti, nelle nostre opinioni e idee c'è un grado di uniformità che potrebbe spiegarsi senza difficoltà se fosse il risultato di pressioni politiche, il prodotto della paura; sta invece di fatto che tutti concordano “volontariamente”, nonostante che il nostro sistema si basi proprio sull'idea del diritto al dissenso e sulla predilezione per la diversità delle idee» (La disobbedienza e altri saggi, 1981). 

Fromm ci dice questo. Constatiamo una uniformità di idee – ad esempio, «Sì alle adozioni gay» – che in genere si può realizzare solo con le minacce. Eppure pare che viviamo in una società pacifica. Come è possibile allora che accada questo? Si spiega con il fatto che l’omologazione delle coscienze è avvenuta con il guanto di velluto, spacciando per diritti civili perversioni e ossessioni. Queste ultime non possono che avere diritto di cittadinanza in un ordinamento giuridico fondato su una società democratica nella quale ci dovrebbe essere spazio per tutti e per tutte le idee. Ma l’idea diversa dalle altre – l’omosessualità è cosa buona come l’adozione gay – da idea che sta all’opposizione è diventata idea del Partito Unico che non tollera più chi non si allinea al mainstream. 

E così società e governi che in nome delle differenze e dello spirito democratico hanno aperto le braccia all’omosessualità ora, in spregio proprio a quei principi, le hanno chiuse nei confronti di chi obietta. Le differenze di giudizio sono un bene solo se coincidono con il giudizio di chi comanda.