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Il non expedit del vescovo colpisce soprattutto il Pd

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Clamoroso dal vescovo di Reggio Emilia, Morandi: lettori, accoliti, ministri della comunione e catechisti fuori dalle liste politiche per le elezioni di giugno. Malumori in diocesi, ma il provvedimento colpisce soprattuto il Pd, che ha provato ad "agganciare" il vescovo. 

Ecclesia 15_02_2024

Qualcuno lo ha già definito il non expedit alla reggiana. Forse non fino a questo punto, ma la decisione del vescovo di Reggio Emilia e Guastalla Giacomo Morandi di proibire ai ministri istituiti in parrocchia di partecipare alle prossime elezioni di giugno 2024 è sicuramente un atto dirompente nel panorama non solo emiliano, ma probabilmente di tutt’Italia.

Infatti, i malumori nelle parrocchie stanno iniziando a serpeggiare.

Con lettera data 1° febbraio e indirizzata ai parroci della sua diocesi, Morandi ha disposto che «coloro che assumono ministeri nella Chiesa non abbiano a ricoprire al contempo, ruoli di coinvolgimento diretto e in prima persona negli schieramenti politici. Lettori, accoliti e ministri straordinari della comunione potranno così attestare il loro servizio verso la comunità ecclesiale attraverso il primato della Parola e della Mensa».

La motivazione addotta dal prelato è quella di garantire che «coloro che hanno inteso accedere al servizio della Chiesa si dedichino in modo esclusivo a tale missione, solo così possono essere evitate le contrapposizioni e le tensioni all’interno delle comunità legate all’appartenenza politica».

La lettera è stata recepita con sorpresa da parroci e fedeli coinvolti, a vario titolo e in diversi schieramenti come consiglieri comunali o candidati in pectore per le prossime elezioni amministrative (a giugno si voterà per il sindaco di Reggio Emilia), e per questo sono partite le richieste di chiarimento in curia.

Così, il giorno dopo, il vescovo ha fatto pubblicare delle Faq nelle quali si chiarisce che «i cattolici devono continuare ad impegnarsi in prima persona nelle competizioni politiche, ma occorre però avere presente la distinzione dei ruoli e dei servizi resi nella comunità ecclesiale da quelli nell’ambito civile». Sempre nelle Faq, la diocesi ha aggiunto alle categorie interessate anche quella dei catechisti, andando così ad allargare la platea di fedeli interessati a questo insolito non expedit.

Non è chiara la motivazione che ha animato Morandi nel prendere questa decisione, certo è che il riferimento a «tensioni e contrapposizioni dentro le comunità» lascia bene intendere che qualche cosa deve essere successo in alcune parrocchie. O forse sta per succedere in vista delle candidature prossime.

Da quanto ha potuto apprendere la Bussola, una delegazione del Pd si sarebbe recata da Morandi con l'obiettivo di instaurare una sorta di canale di comunicazione con la curia in vista del prossimo voto. Due esponenti dem sarebbero stati designati portavoce per intrattenere i rapporti tra il vescovo e la componente cattodem del partito. L'obiettivo? Costruire candidature "amiche", sulla falsariga di quanto accaduto in passato col suo predecessore sulla cattedra di San Prospero. Le classiche interessenze d'appoggio. 

Ma evidentemente non avevano fatto i conti con Morandi, che ha una personalità autonoma, conosce le "trame" di curia e, soprattutto, venendo da Modena che è terra rossa come Reggio, sa che questi "accordi" portano solo guai. Così ha annusato la trappola. Il risultato è stata la lettera-decreto che si è abbattuta su tutti, ma che ora pesa soprattutto sul Pd.

C’è chi, in maniera forse strumentale, ha ricordato al vescovo che lo stesso Papa Francesco ha definito la politica una altissima vocazione ed effettivamente sono in tanti a chiedersi come sia possibile dare la propria testimonianza di vista cattolica in politica e contemporaneamente essere impegnato attivamente in parrocchia. Sicuramente questo aspetto è uno degli interrogativi che vengono sollevati dalla lettera del vescovo. Però è anche vero che a Reggio Emilia, un provvedimento di questo genere va a colpire soprattutto la parte egemone. Quel Pd che oggi anche e soprattutto a queste latitudini ha bisogno disperato di fare incetta di cattolici da inserire nelle liste e accreditarsi verso i sacri palazzi più di quanto non abbia fatto in passato dove una cinghia di trasmissione era comunque presente, grazie a sacerdoti più simpatizzanti a sinistra.

Negli anni scorsi non era infrequente, ad esempio, che in molte liste ci fossero candidati al consiglio comunale di diretta espressione delle parrocchie, così tanto diretti da scrivere la propria appartenenza nel santino elettorale. Va da sé che, essendo il Pd un partito ormai ad altissima vocazione radicale su molti temi che riguardano anche i temi eticamente sensibili cari alla Chiesa, tutto questo negli anni ha generato confusione e appunto quelle tensioni a cui allude Morandi.

Non che questi problemi non ci siano negli altri partiti. Come abbiamo visto per il caso del suicidio assistito in Veneto, anche in partiti come la Lega si annida il rischio concreto che i cattolici siano schiacciati su posizioni laiciste o anticattoliche, però è anche vero che attualmente è il Pd che sta vivendo una vera e propria spaccatura tra l’anima socialista, soprattutto adesso che alla segreteria c’è Elly Schlein e quella cattolica progressista, come evidenziato dallo stesso Graziano Delrio con notevole e sospetto ritardo.

A proposito di Delrio. Il provvedimento di Morandi colpirebbe anche lui, dato che l’esponente nazionale Dem, che è residente a Reggio Emilia, di cui in passato è stato anche sindaco, è proprio un ministro straordinario della Comunione della sua parrocchia di San Pellegrino, già retta da don Giuseppe Dossetti junior, nipote di cotanto zio. Dunque, che cosa farà? Rinuncerà al seggio oppure al suo incarico in parrocchia?

In ogni caso, la decisione di Morandi è clamorosa, ma è anche rivelatrice di un modo di fare politica e di vivere la Chiesa che sta andando fuori controllo. Un catechista che è eletto in un partito che sostiene il suicidio assistito può dare ai bambini una retta educazione alla vita cristiana che include in essa anche i principi basilari della dottrina sociale della Chiesa?

In questo senso il niet di Morandi è sicuramente un pugno nell’occhio dei tanti che, soprattutto a sinistra, hanno continuato a servire il trono e l’altare come se nulla fosse. Lettori alla domenica in chiesa e il martedì in consiglio comunale. Forse sono questioni di opportunità, ma forse c’è anche il ribadire da parte di Morandi che il servizio alla Chiesa sta diventando spesso un attivismo a tutti i costi, come se il proprio appartenere alla parrocchia dovesse essere per forza riempito da un fare qualcosa. E questo attivismo, che non riguarda solo la sinistra ma anche l'altra parte, ha sicuramente a che fare con una mentalità clericale che tende a clericalizzare i laici più di quanto dovrebbero e dare un senso alla propria appartenenza alla parrocchia in virtù del servizio svolto, che spesso diventa una pretesa o addirittura un vanto o un bisogno di "esistere". Per i lettori e gli accoliti è evidente; Coi catechisti e i membri dei consigli pastorali, sarà però un po' più difficile, anche se lecito da parte di Morandi. 

C’è poi l’aspetto del ministro straordinario della Comunione, che non è un ministero istituito a norma del codice di diritto canonico, ma solo un incarico, peraltro dato a tempo, dal parroco. Non si capisce bene la ratio del coinvolgimento di tali ministri nel discorso politico, dato che il loro è un servizio di supporto all’attività specifica del parroco e per questo motivo, la lettera del vescovo potrebbe anche essere contestata almeno su questo punto, per lo meno in punta di diritto.

Semmai, però, è bene ribadire che il problema dei ministri straordinari della Comunione non è di tipo politico, ma squisitamente liturgico. Il loro ruolo è disciplinato dall’istruzione Memoriale Domini di San Paolo VI esclusivamente per portare il sacramento ai malati in aiuto al parroco e "straordinariamente" durante la Messa. Col tempo, però, complice le deroghe concesse dai vescovi in questi anni e anche una mentalità utilitarista del servizio alla Mensa, i ministri, da straordinari sono diventati veri e propri ordinari nel dispensare la Santa Comunione a Messa. Un abuso, questo, che non era nella mens del pontefice che li ha istituiti e che sta facendo passare la comunione come un mero servizio da espletare nel minor tempo possibile. Con gravi ricadute spirituali in ordine al culto eucaristico, che viene profanato nel senso etimologico del termine.