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LA VISITA IN UGANDA

Il Papa celebra i martiri cristiani «Portate con voi il loro esempio»

Papa Francesco ha proseguito la sua visita in Uganda, celebrando i martiri cattolici e anglicani trucidati fra il 1885 e il 1887 dal re Mwanga II per non avere voluto rinnegare la loro fede cristiana. La celebrazione e si è tenuta questa mattina nell'area antistante il Santuario cattolico di Namugongo.  CENTRAFRICA, COSI' RISORGE LA CHIESA di  Federico Trinchero

Ecclesia 28_11_2015
Giovane ugandese alla messa del Papa

Papa Francesco ha proseguito la sua visita in Uganda, celebrando i martiri cattolici e anglicani trucidati fra il 1885 e il 1887 dal re Mwanga II per non avere voluto rinnegare la loro fede cristiana e – nel caso di San Carlo Lwanga e dei suoi compagni, canonizzati cinquantuno anni fa dal beato Paolo VI – per non avere voluto cedere alle brame omosessuali del sovrano. Il Papa ha voluto visitare a Namugongo, il luogo del martirio di 45 cristiani, anzitutto il santuario anglicano, scoprendo una targa e raccogliendosi in preghiera silenziosa. Ha quindi celebrato la Messa nel santuario cattolico, dove ha ricordato che «dall’età apostolica fino ai nostri giorni, è sorto un grande numero di testimoni a proclamare Gesù e a manifestare la potenza dello Spirito Santo». 

«Oggi, ha detto, ricordiamo con gratitudine il sacrificio dei martiri ugandesi, la cui testimonianza d’amore per Cristo e la sua Chiesa ha giustamente raggiunto “gli estremi confini della terra”. Ricordiamo anche i martiri anglicani, la cui morte per Cristo dà testimonianza all’ecumenismo del sangue». «Non ci si appropria di questa eredità», ha aggiunto Francesco, «con un ricordo di circostanza o conservandola in un museo come fosse un gioiello prezioso. La onoriamo veramente, e onoriamo tutti i Santi, quando piuttosto portiamo la loro testimonianza a Cristo nelle nostre case e ai nostri vicini, sui posti di lavoro e nella società civile, sia che rimaniamo nelle nostre case, sia che ci rechiamo fino al più remoto angolo del mondo». 

I martiri per il cristiano non sono oggetto di semplice commemorazione storica. «Ogni giorno siamo chiamati ad approfondire la presenza dello Spirito Santo nella nostra vita, a “ravvivare” il dono del suo amore divino in modo da essere a nostra volta fonte di saggezza e di forza per gli altri». Il Pontefice ha evocato in particolare «i santi Joseph Mkasa e Charles Lwanga, che, dopo essere stati istruiti nella fede dagli altri, hanno voluto trasmettere il dono che avevano ricevuto. Essi lo fecero in tempi pericolosi. Non solo la loro vita fu minacciata ma lo fu anche la vita dei ragazzi più giovani affidati alle loro cure. La loro fede divenne testimonianza; oggi, venerati come martiri, il loro esempio continua a ispirare tante persone nel mondo». 

Per raccogliere la loro eredità occorre essere «discepoli missionari» per «le nostre famiglie e i nostri amici certamente, ma anche per coloro che non conosciamo, specialmente per quelli che potrebbero essere poco benevoli e persino ostili nei nostri confronti». Anche se le circostanze della vita non ci mettono di fronte alla prospettiva del martirio – ma questa è la condizione di tanti cristiani ancora oggi –, l’esempio dei martiri parla comunque a tutti. «La testimonianza dei martiri mostra a tutti coloro che hanno ascoltato la loro storia, allora e oggi che i piaceri mondani e il potere terreno non danno gioia e pace durature. Piuttosto, la fedeltà a Dio, l’onestà e l’integrità della vita e la genuina preoccupazione per il bene degli altri ci portano quella pace che il mondo non può offrire». 

Questo, ha voluto aggiungere il Papa, «non diminuisce la nostra cura per questo mondo, come se guardassimo soltanto alla vita futura. Al contrario, offre uno scopo alla vita in questo mondo e ci aiuta a raggiungere i bisognosi, a cooperare con gli altri per il bene comune e a costruire una società più giusta, che promuova la dignità umana, senza escludere nessuno, che difenda la vita, dono di Dio, e protegga le meraviglie della natura, il creato, la nostra casa comune».

Nel pomeriggio il Papa ha incontrato una folla di 150.000 giovani nell’ex aeroporto di Kampala, e ha risposto alle domande di alcuni di loro. A Francesco sono state presentate storie terribili, come quella di Winnie, nata già malata di Aids, e di Emmanuel, arruolato a forza nel sanguinario nuovo movimento religioso combattente Esercito della Resistenza del Signore (Lra).  «Mentre li ascoltavo», ha detto il Papa, «mi sono fatto una domanda: un’esperienza negativa può servire per qualcosa nella vita? Sì! Emmanuel e Winnie hanno vissuto esperienze negative. Winnie pensava che non ci sarebbe stato futuro nella vita, ma la vita è sempre un grande miracolo: si può trasformare una parete in orizzonte che mi apra il futuro». Sembra impossibile, ma accade. «E questo non è magia, questo è opera di Gesù, perché Gesù è il Signore, Gesù può tutto».

Questi giovani ugandesi rivivono l’esperienza dei martiri: «Nella vita c'è un seme: per vivere bisogna morire, e morire a volte fisicamente come i compagni di Emmanuel, morire come è morto Carlo Lwanga e i martiri ugandesi: in questa morte c'è una vita, una vita per tutti. Se io trasformo il negativo in positivo, sono un trionfatore, ma si può solo con la grazia di Gesù». «Voi abbiate coscienza», ha ripetuto Francesco ai giovani dell’Uganda, «che siete un popolo di martiri, nelle vostre vene scorre sangue di martiri e per questo avete la fede e la vita che avete ora».

Dei martiri bisogna imparare il segreto: la preghiera. «Mai smettere di pregare. La preghiera è l'arma più forte che ha un giovane. Gesù ama tutti! Vuole aiutare tutti. Bisogna aprire la porta del cuore e lasciarlo entrare». I martiri hanno pregato in particolare Maria: «Quando un bambino cade si fa male, inizia a piangere e va a cercare la mamma. Quando abbiamo un problema, la cosa migliore è andare da nostra madre e pregare Maria, nostra madre».

È seguita la visita alla Casa della Carità di Nalukolongo, fondata dal cardinale Emmanuel Kiwanuka Nsubuga, primo arcivescovo cattolico di Kampala e popolare nel Paese per la resistenza al regime del dittatore Idi Amin Dada. Qui, ha detto Francesco, «dei bambini sono stati riscattati dalla schiavitù e delle donne hanno ricevuto un’educazione religiosa. E qui è presente Gesù, perché Gesù ha detto che sempre sarà presente fra i malati, i carcerati, gli scartati». Anche oggi «il Signore ci giudicherà su questo! È triste quando le nostre società permettono che gli anziani siano scartati o dimenticati! È riprovevole quando i giovani vengono sfruttati dall’attuale schiavitù del traffico di esseri umani!».

Purtroppo, case come quella di Nalukolongo sono l’eccezione e non la regola. «Se guardiamo attentamente al mondo che ci circonda, pare che in molti luoghi si stiano diffondendo l’egoismo e l’indifferenza. Quanti nostri fratelli e sorelle sono vittime dell’odierna cultura dell’“usa e getta”, che ingenera disprezzo soprattutto nei confronti dei bambini non nati, dei giovani e degli anziani!». «In quanto cristiani non possiamo semplicemente stare a guardare. Qualcosa deve cambiare!». E, ancora una volta, il Papa ha invitato a ripartire dalla famiglia, scuola di solidarietà. 

La giornata si è conclusa con l'incontro riservato al clero e alle persone consacrate, in un Paese dove casi di concubinato di sacerdoti hanno dato scandalo ai fedeli. «Preti, religiosi e suore non possono avere una doppia vita, se sono peccatori chiedano perdono ma non mantengano nascosto ciò che Dio non vuole, la mancanza di fedeltà», ha detto il Papa. Anche qui, la memoria dei martiri è il migliore aiuto nelle tentazioni. «Nel libro del Deuteronomio, Mosè dice al suo popolo: non dimenticate! E lo ripete varie volte, non dimenticare. La prima cosa che voglio chiedervi è che chiediate la grazia della memoria. Non perdete la memoria di questo seme, dei martiri, perché così con la memoria continuate a crescere». 

«Il principale nemico della memoria», ha aggiunto Francesco, «è la dimenticanza, ma questo non è il più pericoloso. Il nemico più pericoloso è abituarsi ai beni ereditati da chi ci ha preceduto: la Chiesa in Uganda non può abituarsi al ricordo lontano dei martiri. Martire significa testimone, la Chiesa in Uganda per essere fedele a questa memoria deve continuare a essere testimone, non deve vivere di rendita». Alla memoria dei martiri si deve corrispondere con la fedeltà. La Chiesa in Uganda è nata «dal sangue dei martiri: è necessario continuare con nuovi testimoni, nuove missioni, altrimenti perderete la grande ricchezza che avete e la "perla d'Africa" finirà custodita in un museo perché il demonio attacca così, poco a poco». 

«Memoria significa fedeltà e fedeltà è solo possibile con la preghiera». Il Papa lo ricorda a tutti, ma specialmente ai consacrati. «Se un religioso o una religiosa, un prete smette di pregare o prega poco perché dice che ha molto lavoro, già ha iniziato a perdere la memoria e la fedeltà». Come fa sempre, Francesco hai anche raccomandato di «andare con regolarità dal confessore, a dire i propri peccati». Memoria dei martiri, fedeltà, preghiera, confessione. Non vale solo per i sacerdoti, né solo per l'Uganda.