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Il pontificato delle purghe: dieci anni di defenestrazioni

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Non solo Strickland. La lunga serie dei vescovi rimossi anzitempo da Papa Francesco ha conosciuto un'accelerazione nell'ultimo anno e mezzo: colpirne uno per educarne cento.

Ecclesia 20_11_2023 English
(AP Photo/Gregorio Borgia) Associated Press/LaPresse

Uno alla volta lasciano perplessi, ma tutti insieme sconvolgono. Stiamo parlando delle defenestrazioni di vescovi da parte di Papa Francesco, che hanno costellato tutto il suo pontificato.

L’ultimo caso eclatante è stato quello del vescovo di Tyler (vedi qui), mons. Joseph Strickland, che dopo il pressing del nunzio per ottenere le sue “spontanee” dimissioni, è stato rimosso dalla sua diocesi, senza che sia stata data alcuna spiegazione. Non risultano a suo carico scandali finanziari né sessuali, ancor meno che si sia reso colpevole di eresia (il che, gli avrebbe probabilmente fatto fare carriera); più semplicemente, Strickland sembra aver compiuto il reato di lesa maestà, prendendo più volte posizioni non gradite al Politbüro ecclesiastico: resistenza sui vaccini realizzati su linee cellulari fetali, opposizione alla benedizione delle coppie gay, resistenza a Traditionis Custodes. E poi quell’imperdonabile vizio di voler continuare ad avere numerosi seminaristi: 21 in formazione, in una diocesi di poco più di 130 mila battezzati e 84 sacerdoti.

Un vizio che accomuna Strickland ad un altro vescovo finito del mirino: mons. Domique Rey, vescovo di Fréjus-Toulon, nella cui diocesi le ordinazioni sacerdotali sono congelate da più di un anno, ed è in corso una visita apostolica. La soluzione sembra all’orizzonte: secondo Jean-Marie Guénois (vedi qui) si tratterebbe di una via d’uscita «onorevole (…) tanto per mons. Rey – che resta al suo posto – che per il suo lavoro pastorale». Si tratterebbe della nomina a coadiutore della diocesi di Fréjus-Toulone di mons. François Touvet, vescovo di Châlons en Champagne, che affiancherebbe mons. Rey con diritto di successione; una sorta di diarchia per i quattro anni che separano Rey dai fatidici 75 anni. O più realisticamente, se si pensa a quanto accaduto al vescovo di Albenga-Imperia, mons. Mario Oliveri, un congelamento delle facoltà del vescovo ordinario. È piuttosto difficile comprendere come possano stare insieme la piena potestà di giurisdizione di un vescovo sulla sua diocesi e la spartizione di questa giurisdizione con un coadiutore.

Ma Strickland e Rey sono sono gli ultimi di una lunga serie che, a nostra memoria, era iniziata con la rimozione il 25 settembre 2014 del vescovo di Ciudad del Este (Paraguay), mons. Roger Ricardo Livieres Plano, membro dell’Opus Dei, che si era rifiutato di presentare le dimissioni su pressione della Santa Sede. Su di lui pesavano diverse critiche: aver accolto un sacerdote statunitense accusato di un abuso su un ragazzo maggiorenne, il cui caso venne poi archiviato per mancanza di prove; cattiva gestione dei fondi della diocesi; e poi la grande colpa di aver voluto erigere un seminario indipendente nella propria diocesi.

Poi venne l’8 novembre 2014, con la rimozione del cardinale Raymond Leo Burke da Prefetto del Tribunale della Segnatura Apostolica, massimo organo giurisdizionale della Santa Sede, per nominarlo patrono dell’Ordine dei Cavalieri di Malta. Carica da cui è stato destituito il 19 giugno scorso, quando non aveva ancora compiuto i 75 anni, per essere sostituito dal cardinale Gianfranco Ghirlanda, che di anni ne ha 81.

Quindi fu il turno del succitato vescovo di Albenga-Imperia; il 1° settembre 2016 le sue dimissioni furono accettate da papa Francesco, dopo che per più di un anno mons. Oliveri era stato affiancato da un coadiutore, che di fatto lo aveva sostituito. Sempre il 1° settembre veniva lasciato senza incarico mons. Josef Clemens, per molti anni segretario personale del cardinale Ratzinger, dopo la decisione di Francesco di sopprimere il Pontificio Consiglio per i Laici.

Il 1° luglio 2017, l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Gerhard Müller veniva congedato allo scadere del quinquennio e, per sua volontà, non ricevette nessun altro incarico. Il 24 ottobre 2018, defenestrazione record: il Papa rimuoveva il vescovo di Memphis, mons. Martin David Holley, che lui stesso aveva nominato due anni prima. Inizia la serie delle rimozioni per “questioni amministrative”.

Nel 2018 iniziano le purghe argentine. Prima l’arcivescovo di La Plata, mons. Héctor Aguer, viene salutato dopo nemmeno una settimana dal compimento dei 75 anni, e lasciato senza dimora. Quindi è stato il turno di mons. Pedro Daniel Martinez Perea, vescovo di San Luis. Nel 2017 prese posizione contro le aperture di Amoris Lætitia; nel dicembre 2019 la Santa Sede ordinava una visita apostolica nella sua diocesi e il 13 marzo dell’anno successivo era convocato a Roma per sollecitare le sue dimissioni. Il 9 giugno 2020 venne annunciata l’accettazione della sua rinuncia da parte del Papa. Nessuna spiegazione, nessuna possibilità di difesa. Anche lui spedito a casa, senza incarico.

Altro prelato argentino: Mons. Eduardo Maria Taussig, vescovo di San Rafael; l’intervento del Prefetto della congregazione per il Clero, il cardinale Beniamino Stella, lo costringeva a chiudere il fiorente seminario diocesano nel 2020 e nel 2022 veniva “incoraggiato” a lasciare l’incarico, a soli 68 anni. Il Papa accettava le sue dimissioni.

Il 17 gennaio 2019, il Papa decideva di sopprimere la Pontificia commissione Ecclesia Dei, e il suo segretario, mons. Guido Pozzo, veniva spedito, a soli 68 anni, a fare il sovrintendente all’economia della Cappella Musicale Pontificia Sistina. Un incarico onorevole. Fu poi il turno di mons. Francesco Cavina, nominato vescovo di Carpi il 14 novembre 2011, il quale, dopo nemmeno otto anni, fu costretto a presentare le proprie dimissioni, dopo aver vissuto la tragedia del terremoto ed aver lavorato sodo per la ricostruzione; a 64 anni era lasciato senza alcun incarico e a tutt’oggi vive nella casa della famiglia “disoccupato”.

Nessuna pietà per un altro “terremotato”. Il 2020 è stato infatti l’anno del siluramento di mons. Giovanni D’Ercole, anch’egli pressato per presentare le sue dimissioni. Coinvolto nel tragico terremoto de L’Aquila (2009), dove era vescovo ausiliare, si trovò poi in prima linea, come vescovo di Ascoli Piceno, in seguito al terremoto di Amatrice-Norcia-Visso (2016-2017). Anche nel suo caso, nessuna spiegazione ufficiale. Era però piuttosto chiaro che il suo video, nel quale dimostrava di non gradire le continue restrizioni, causa Covid, alla vita sacramentale della Chiesa, non era piaciuto.

Novembre 2021. L’arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit, veniva accusato da un settimanale francese di aver avuto troppe attenzioni per una donna, nove anni prima. La procura francese apriva un’indagine preliminare per violenza sessuale ai danni di una persona vulnerabile. Aupetit, all’età di 70 anni, presentava le sue dimissioni, immediatamente accolte dal Papa. Il quale aveva ammesso di averle accettate spinto dalla pressione mediatica, perché, diceva, un uomo diffamato non è più nella condizione di governare. Chiusura del fascicolo nel settembre scorso, per non sussistenza del reato.

Motus in fine velocior. E dunque nell’ultimo anno e mezzo ben sei prelati sono stati travolti dalla misericordia. Mons. Giacomo Morandi, dopo nemmeno cinque anni di incarico come Segretario della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 10 gennaio 2022 prendeva il treno per sostituire mons. Massimo Camisasca, nella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla. Probabile premio per il Responsum sulla benedizione delle coppie omosessuali.

9 marzo 2022: papa Francesco rimuoveva il vescovo di Arecibo (Porto Rico), mons. Daniel Fernández Torres, a soli 58 anni di età, dopo che si era rifiutato di presentare le dimissioni. Le motivazioni sono chiare, ma non ammissibili pubblicamente: rifiuto di firmare prima una dichiarazione congiunta dei vescovi portoricani, nella quale si affermava il dovere dei cattolici di vaccinarsi contro il Covid-19; e poi una seconda dichiarazione sulla limitazione delle Messe nel rito antico. Torres aveva anche rifiutato di mandare i propri seminaristi nel seminario interdiocesano da poco approvato. Poco sinodale.

Poi la sorte è caduta sui due segretari di papa Benedetto XVI: mons. Georg Gänswein, letteralmente cacciato da Roma e spedito in Germania, senza incarico; e mons. Alfred Xuereb, spedito come nunzio in Corea e Mongolia, con cessazione dell’incarico proprio mentre si stava preparando il Viaggio Apostolico di Francesco. 64 anni, disoccupato.

Chiudono (per ora) la serie i siluramenti di Strickland e Rey. Bisognerebbe richiamare anche il trattamento riservato al cardinale Giovanni Angelo Becciu, l’improvviso allontanamento di mons. José Rodríguez Carballo, il trattamento riservato a mons. André Léonard con la soppressione della Fraternità Sacerdotale dei Santi Apostoli da lui fondata. Il fatto sempre più evidente è che questo Papa non intende far prigionieri, nonostante sia tutto un predicare misericordia e sinodalità. A preoccupare maggiormente sono le rimozioni forzate dei vescovi ordinari, senza che ne siano note le ragioni, non solo al pubblico, ma a loro stessi. Un altro pericoloso segnale di una mal compresa plenitudo potestatis. E di una non proprio misericordiosa pastorale del “colpirne uno per educarne cento”.
 



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