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In moschea senza distanze e mascherine. Per la Protezione Civile è ok

Milano 14 agosto, il tendone-moschea di Lampugnano è gremito per la preghiera del venerdì: nessun distanziamento, pochissime mascherine, nessuna regola anti-Covid rispettata. E il tutto alla presenza del personale della Protezione Civile che, per conto del Comune, garantisce il funzionamento di un generatore per fornire l'energia elettrica. Con foto e video possiamo documentare come lo Stato garantisce alle comunità islamiche di trasgredire le stesse norme che a tutti gli italiani vengono imposte in modo ferreo. E soprattutto alla Chiesa cattolica, che lo stesso 14 agosto ha avuto dal governo la concessione (udite, udite) di far sedere i familiari vicini in chiesa. Una vera e propria farsa, cui si sta prestando la CEI, e di cui il sindaco di Milano Giuseppe Sala è grande protagonista

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Libertà religiosa 17_08_2020
L'ingresso al tendone moschea di Lampugnano, Milano, 14 agosto

Milano, venerdì 14 agosto, ore 13.30. Dalla stazione degli autobus di Lampugnano si sente distintamente la preghiera islamica diffusa dagli altoparlanti. Fedeli ritardatari, da soli o a gruppetti di due o tre, attraversano velocemente la stazione per raggiungere il luogo della preghiera. Sono molti. Incuriosito, sbrigate le mie faccende personali, seguo anch’io il passaggio. Neanche cento metri ed ecco l’ingresso dell’area del PalaSharp, il palazzetto dello sport che negli anni ’80 e ’90 del XX secolo è stato il più importante centro di eventi sportivi, musicali e culturali del capoluogo lombardo. La tensostruttura è abbandonata dal 2011, ma a fianco è stato piazzato un tendone che da dieci anni ospita la comunità islamica più grande di Milano per la preghiera del venerdì.

Arrivano sempre in diverse centinaia e le presenze non sembrano subire contraccolpi a causa delle festività estive. Mi avvicino alla cancellata d’ingresso, che nasconde parzialmente la struttura; la voce dell’imam che guida la preghiera, in arabo, arriva forte in tutta l’area. All’esterno, su un tavolo, qualche bottiglia di liquido igienizzante per le mani; sulla porta del cancello un avviso stampato che ricorda le precauzioni anti-Covid, valido per tutte le moschee, con la rassicurazione che «il numero dei fedeli non supererà la capienza del luogo».

E infatti il tendone-moschea era pieno, almeno 5-600 persone a giudicare dal flusso alla fine della preghiera: tutti i presenti vicini l’uno all’altro (come si vede dal video quando gli uomini in preghiera si alzano), pochissime le mascherine. E pensare che il protocollo firmato lo scorso 15 maggio dal governo e da tutte le associazioni islamiche in Italia, era chiaro: «Come per le chiese, sono obbligatorie le mascherine ed è necessario mantenere le distanze, mentre il tappeto per preghiera deve essere personale. Inoltre bisogna individuare una persona che dovrà gestire il flusso delle persone». 

Non una di queste condizioni è rispettata nel tendone-moschea di Lampugnano: nessuno a gestire il flusso delle persone, nessuna distanza tra una persona e l’altra, nessun tappeto personale, nessuna mascherina.

Musulmani disobbedienti e nessuno controlla? Molto peggio: a garantire la trasgressione del protocollo sono la Protezione Civile e il Comune di Milano, qui presenti con un camion all’interno dell’area (un’altra auto arriva verso la fine della preghiera) e due uomini con la divisa della Protezione civile: «Siamo qui con un generatore per garantire l’energia elettrica durante la preghiera», mi spiega il più giovane. E infatti, alle 14.15, quando la preghiera finisce e le centinaia di musulmani escono dall’area del Palasharp e si riversano nella vicina stazione della metropolitana, gli uomini della Protezione Civile rimettono tutto a posto.

Chissà come mai costoro non rilevano alcuna irregolarità, quando tutti gli altri cittadini da mesi sono sottoposti a propaganda martellante e a un controllo poliziesco anche grazie ai vertici della stessa Protezione civile. Per non parlare delle chiese: ormai ci si è abituati ad andare a messa come si entrasse nel reparto malattie infettive di un ospedale.

E tanto per dare ancor più il senso della farsa, proprio il 14 agosto il ministero dell’Interno si è degnato di rispondere ai quesiti che la Conferenza Episcopale Italiana (CEI) aveva inviato lo scorso 29 giugno a proposito delle messe. E udite, udite: dopo ben 46 giorni di riflessioni il governo ha concesso: «la reintroduzione dei cori e dei cantori» (mantenendo ovviamente le distanze, 1 metro di lato e due di fronte e dietro), e la possibilità che moglie, marito e figli possano sedersi vicini in chiesa senza rispettare le distanze. Che conquiste!

È una vera e propria presa in giro, a cui purtroppo si presta anche la CEI, che mendica dallo Stato ciò che è in suo potere decidere e che fa rispettare delle norme totalmente irragionevoli, come più volte abbiamo dimostrato. E il tutto mentre invece nelle moschee è lo stesso Stato italiano a garantire la trasgressione.

Accade perché le comunità islamiche sono al di sopra delle leggi italiane (vedi anche la macellazione rituale degli animali, tanto per fare un esempio) o anche perché tutto questo rischio del Covid non è così reale come si vorrebbe far credere? In effetti, fossero veri certi allarmi, la comunità islamica, che usa assembrarsi, dovrebbe già essere stata decimata dal virus, cosa che però non risulta. Invece da oggi si impongono nuove restrizioni anche in tutte le piazze italiane, oltre che dentro e fuori i locali da ballo, mentre in moschea ci si può assembrare senza problema.

E al proposito sarebbe interessante sapere cosa ha da dire il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che non perde occasione per lanciare anatemi contro chi prova a recuperare un minimo di vita normale. Lo scorso 5 aprile si schierò decisamente contro la possibilità di aprire le chiese per la celebrazione della Pasqua: «Io non sono d'accordo perché penso che in questi momenti la propria fede possa e debba essere anche un fatto personale e privato», disse allora. Ma evidentemente vale solo per i cattolici, per gli islamici invece la preghiera deve essere un momento comunitario e pubblico. E ancora Sala lo ricordiamo l'8 maggio inveire minacciare la chiusura dei Navigli, causa aperitivi, e poi il 30 maggio denunciare i gilet arancioni che avevano manifestato in centro a Milano (peraltro autorizzati). Invece ai musulmani garantisce addirittura l’invio di un camion con il generatore elettrico perché possano trasgredire meglio le sue stesse indicazioni.

È il trionfo dell’ipocrisia, la dimostrazione che le autorità civili non hanno alcuna credibilità e agiscono per interessi particolari e spesso inconfessabili. Si sveglino anche i nostri pastori e guardino cosa accade nella realtà, invece di continuare questo patetico gioco a domande e risposte con il governo. Con la scusa del Covid soffocano la Chiesa e promuovono la crescita dell’islam. Volete esserne complici?