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DUE MILITANTI E LA LORO "PATERNITA'"

In parrocchia arriva lo spot dell'utero in affitto

Parroci complici delle lobby gay. Due militanti hanno scritto sul bollettino di una parrocchia romana la loro storia “da "cattolici“. Non solo si sono sposati in Canada, ma hanno persino avuto tre bambini con l'utero in affitto. Uno di loro è noto alle cronache: aveva detto in tv che la madre è un concetto antropologico. Ecco la ricaduta pastorale dell'omoeresia, ormai dilagante nella Chiesa.

Famiglia 26_02_2017
I due militanti gay durante un'ospitata tv

Il bollettino parrocchiale della Santissima Trinità a Villa Chigi, Roma, ha raccontato la storia di due uomini che, sposatisi in Canada, hanno scelto la strada dell’utero in affitto grazie al quale ora hanno tre bambini che chiamano loro figli. La storia è messa nero su bianco per dimostrare che le famiglie omosessuali esistono e non sono per nulla anormali come la Chiesa, il suo magistero e tanti cattivi omofobi vogliono far sembrare. Infatti il racconto è corredato da molti dettagli di vita comune: le pappe, il cambio dei pannnolini, i bambini che gattonano e altre amenità familiari.

Ma ciò che fino a poco tempo fa sembrava impensabile, è invece accaduto in questa parrocchia dove la storia dei due omosessuali è stata raccontata nel numero di giugno scorso, per far comprendere come la dottrina della Chiesa sia in fondo sbagliata e che dunque vada cambiata. Come? Con azioni pastorali che includano nelle parrocchie quelle che, secondo loro, sono a famiglie in tutto e per tutto.

Nel bollettino i due si presentano come gay cristiani, con il nome, la foto e soprattutto le generalità dei figli avuti da una donna canadese che ha affittato per loro il suo utero. I redattori del bollettino hanno pensato di mostrare chiaramente i volti dei minori perché sia chiaro che questa è una famiglia a tutti gli effetti e non riconoscerlo significa discriminarla e fare un torto a questi poveri bambini. 

Ai quali - dicono - è stato detto tutto, anche che hanno due papà ed è normale così. Chissà se avranno detto loro anche che per averli hanno dovuto pagare le costose tecniche di procreazione medicalmente assistita e che soprattutto l’hanno fatto utilizzando l’ovocita di una donatrice anonima, che a sua volta ha ceduto il seme nell’utero di un’altra donna che oggi loro chiamano “il nostro angelo”.

La fiera delle ipocrisie, dal momento che per giustificare il ricorso all’utero in affitto i due hanno raccontato di averlo fatto in Canada perché la legislazione è estremamente rigorosa: non si paga la donna che presta l'utero. Così tutti sono a posto con la coscienza. Però non si dice se la donna che ha fornito l’ovulo, anonima anche per loro, si sia fatta pagare. D’altra parte non si può avere tutto perfetto.

Però l'operazione è chiara: non solo non deve esistere il giudizio sugli atti omosessuali, ma non deve esistere neppure un giudizio che nasca da una lettura della realtà e che testimoni il vero. Sganciare l'ovulo donato da qualunque forma di pagamento serve a mettere a posto la coscienza, ma non riuscirà mai a risolvere pacificamente il principio della cosificazione dell'uomo che sta dietro questo falso e diabolico altruismo, come ha già detto il cardinal Caffarra. A questo punto poco importa che in Italia sia un reato dato che il tentativo è proprio quello di cancellarlo dal codice e renderlo lecito.

L’articolo è studiato per far comprendere che i due sono cattolici e che rivendicano il loro spazio nella Chiesa. Mentre la Chiesa è presentata come la strega cattiva di turno. Infatti dopo aver spiegato del loro matrimonio canadese e del viaggio a Toronto per le pratiche di inseminazione, hanno riportato anche le parole della donna che, gratuitamente, ha prestato l’utero: “Mi sono sempre sentita complice dei vostri bambini, voi me li avete affidati, io li ho custoditi per 9 mesi e ora che sono nati li riaffido alla vostra cura genitoriale”. Il resto è affetto, coccole, pannolini, pappe, ciucci, sveglia di notte e tutto ciò che deve instillare la convinzione che si tratti di una famiglia da Mulino bianco.

Dicevamo della Chiesa trattata peggio che la matrigna di Biancaneve. Questa è rappresentata da chi sostiene «che Dio è un giudice e non un padre». «Nel mondo cattolico purtroppo – dicono con un piagnisteo sospetto - soprattutto in alcune frange c’è ancora tanta lotta ideologica sul tema dell’omosessualità e delle famiglie omosessuali. C’è chi, ancora non smentito ufficialmente dalla gerarchia, propone teorie riparative per curare l’omosessualità. Chi tuona contro i diritti per le coppie gay, chi ci definisce come opera del demonio. Insomma, un grande guazzabuglio».

Se questo è un guazzabiuglio, come chiamare allora due uomini che pretendono di fare una famiglia, affittano senza pagarlo un utero, lo inseminano con l'ovocita di una sconosciuta e privano tre esseri umani del loro sacrosanto diritto a crescere armoniosamente con una madre e un padre?

E’ chiaro che l’obiettivo è quello di condannare le teorie riparative, e qui ad essere preso di mira è Luca Di Tolve che in Italia sta aiutando nel disinteresse di Diocesi e parrocchie tanti omosessuali a intraprendere un cammino di riorientamento della propria vita secondo il progetto di Dio.

Ma il riferimento indiretto è anche alle esperienze come Courage, che attraverso un percorso autoaiuto, di preghiera e ascolto punta a risolvere l’omosessualità arrivando, tra i suoi obiettivi, alla castità. La stessa Courage che, guarda caso, nella parrocchia non è mai riuscita ad entrare per tenere corsi o parlare della sua attività, che è l'unico modello pastorale approvato dalla Chiesa.

L’obbiettivo è quello dell’affermazione della propria omosessualità completamente sganciata dal progetto di Dio sull’uomo. Ciò che praticamente è smentito dalla Sacra Scrittura e dal Magistero, per demolire il quale non si esita ad accusare papi come Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

«I documenti ufficiali come la lettera ai vescovi sulla cura pastorale delle persone omosessuali del 1986 e il catechismo che ad essa si ispira per questi temi fanno riferimento a noi parlando di oggettivo disordine delle tendenze omosessuali e ad un comportamento intrinsecamente cattivo in ambito relazionale senza operare distinzioni e casistiche. Queste parole sono terribili e senza appello»… dicono i due "esegeti". Il motivo? «Perché questo potrebbe avere delle ricadute devastanti sugli adolescenti gay».

Fortuna, dicono, che ci sono esperienze come Nuova Proposta, il gruppo di omosessuali cristiani di Roma e Cammini di Speranza, l’associazione nazionale delle persone Lgbt cristiane. «Entrambe ci sono servite a colmare la grave lacuna che la Chiesa Cattolica oggi ha nell’accogliere delle persone omosessuali».

In definitiva la Chiesa non ha capito nulla perché «deve comprendere che deve avere braccia così larghe da abbracciare ogni persona e dare a ognuno nutrimento spirituale e prospettiva di crescita personalizzati».

E’ l'approdo in salsa pastorale dell’omoeresia, entrata nella Chiesa grazie a interventi meticolosi di teologi e pastori che hanno piano piano demolito tutto l’impianto della sessualità umana così come la Chiesa l’ha insegnata all’uomo. Un eresia nuova, strisciante, che è stato l’oggetto dell’ultima inchiesta del mensile il Timone in uscita il 1 marzo il quale ha dimostrato come episodi come quelli arrivati nelle parrocchie siano stati preparati da manifesti e piani programmatici rigorosi e praticamente sovietici, nel senso di "vietato il dissenso".

Il fatto che una parrocchia si presti a promuovere certe condotte di vita - lo ripetiamo, che la Sacra Scrittura definisce abominii - è un segnale che fissa uno spartiacque nella vita del popolo cristiano perché ormai il parroco, terminale ultimo della filiera dell'insegnamento della Chiesa ha ritenuto di fare la cosa più giusta promuovendo per le sue pecorelle ciò che la Chiesa non solo ha sempre condannato, ma ha sempre definito peccato. 

E non siano in una sperduta landa brasiliana, dove a forza di sperimentare tutto lo si è accettato senza criteri nè teologici nè logici, ma siamo a pochi metri dalla sede del papato. 

Nota bene: i due "papà" non sono semplici fedeli che vivono nel nascondimento la loro condizione. No. Sono entrambi militanti di associaizoni gay. Dario De Gregorio e Andrea Rubera. Negli anni scorsi non c'è televisione o giornale che non li abbia intervistati: per via dei tre bambini e perché sono stata la prima coppia unita civilmente dal sindaco di Roma Marino quando ancora la Cirinnà non esisteva. De Gregorio è diventato famoso alle cronache per aver detto nel corso di un ospitata tv, l'ennesima, che la donna non è altro che un concetto antropologico, mandando comprensibilmente su tutte le furie le mamme di mezz'Italia e la giornalista Costanza Miriano che in quel momento le rappresentava tutte.

Insomma: stiamo parlando non certo di sprovveduti. Militanti addestrati per le battaglie più dure. Come quella di infiltrarsi nel mondo cattolico, dove, a giudicare dalle tre pagine concesse loro dal parroco della Santissima Trinità, hanno trovato le porte spalancate all'insegna del misericordismo e del discernimentismo ormai portati all'estremo ideologico.

Ma è evidente che per far passare certi "principi" servono militanti addestrati ad hoc. E non è un caso che la demolizione del documento di Ratzinger approvato da Giovanni Paolo II nel 1986 parta proprio dal fatto che per la prima volta venivano messi in guardia i vescovi dal prestare il fianco a quelle associazioni che promuovono l'omosessualità in chiave positiva. Che a pensarci viene da ridere: il fatto che due sconosciuti per il solo fatto di dichiararsi cattolici gay possano smontare il pensiero di due Papi è cosa che un tempo sarebbe finita nelle rubriche di satira. Oggi viene presentata come alternativa a giganti del calibro di Benedetto XVI.

Perché è questo che si vuole distruggere: l'insegnamento della Chiesa e i suoi avvertimenti profetici sulla manipolazione delle coscienze tramite militanti agguerriti, sulla distruzione della famiglia e sulla distruzione del Creato. 

Ammantando tutto di buoni sentimenti, quale orco si permetterebbe mai di contraddire la bontà di certe espressioni? Intanto però passa l’idea che tutto questo sia giusto. Lo sarà anche per i figli che non sapranno mai chi è la loro madre biologica? E lo sarà anche per le donne usate come lavatrici per assecondare i desideri degli uomini? E’ questa la carità che certe operazioni pastorali vogliono promuovere?