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SIRIA

La Turchia abbatte un jet russo e conta sulla Nato

I turchi abbattono un aereo russo sul confine con la Siria. Si tratta di un atto simbolicamente molto importante: per la prima volta un velivolo di Mosca viene distrutto da un membro della Nato. In compenso un altro paese Nato, la Francia, tende la mano alla Russia dando vita a un asse inedito per combattere il Califfato.

Esteri 25_11_2015
Erdogan e Putin

Settimana fitta di incontri tra i leader delle principali potenze tesi a elaborare una strategia congiunta contro lo Stato Islamico. Al di là degli eufemismi imposti dal linguaggio diplomatico è però meglio non farsi troppe illusioni.

Gli Stati Uniti non sono disposti ad aumentare l’impegno militare in Siria e Iraq se non in una misura irrilevante mentre l’abbattimento di un bombardiere russo da parte della difesa aerea turca determina nuove tensioni, anche se non ha portato alla cancellazione della visita ad Ankara del ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov. Un vertice previsto per un confronto dopo l’intervento militare russo in Siria che sta portando alla riscossa le truppe di Bashar Assad e provoca non pochi guai alle milizie jihadiste ribelli appoggiate da arabi e turchi.

Mosca non sembra voler giocare all’escalation con Ankara che invece ha già chiamato a raccolta la Nato puntando a trasformare il conflitto siriano in un’altra crisi ucraina, cioè in un teatro di confronto tra Occidente e russi. Simbolicamente il fatto è molto grave: un aereo di uno stato membro della NATO ha abbattuto un velivolo russo. Le conseguenze potenziali sono tutte paradossali. Sarebbe infatti curioso vedere l’Alleanza Atlantica, schierandosi con l’alleato turco, posizionarsi in appoggio ai jihadisti che minacciano col terrorismo le nostre città.

A proposito di paradossi, anche l’alleanza tra Mosca e Parigi impone serie riflessioni sui mutevoli equilibri strategici che caratterizzano questa epoca. La “dichiarazione di guerra” della Francia al Califfato, dopo la strage di Parigi, è stata senza dubbio sopra le righe anche perché a dire il vero anche la Francia, come tutti gli altri membri della Coalizione, aveva dichiarato guerra all’Isis già nell’estate del 2014 anche se poi tutti (francesi inclusi) avevano fatto finta di combatterla. Ciò nonostante la reazione bellicista francese ha determinato una richiesta di aiuto ai partner Ue che non è stata raccolta da nessuno a parte un generico impegno di Bruxelles, un po’ di cooperazione a livello d’intelligence da parte degli Usa e l’offerta di una base aerea a Cipro da parte britannica.

Lasciata di fatto sola dagli alleati occidentali, la Francia ha trovato un solo alleato, la Russia, che non ha perso l’occasione per dare vita a un imprevisto asse franco-russo. Un asse non certo inedito nella storia, ma che non si vedeva da molto tempo né era certo ipotizzabile a pochi mesi dalla decisione di Hollande di non vendere alla Marina russa, in seguito alla crisi ucraina, le due navi da assalto anfibio Mistral già da tempo ordinate.

Se gli europei e gli Usa si limitano a fornire un po’ di supporto logistico e di intelligence alla “guerre” di Hollande , Vladimir Putin ha subito offerto la massima cooperazione navale e la pianificazione congiunta degli attacchi aerei contro lo Stato Islamico. Con l’arrivo della portaerei De Gaulle nel Mediterraneo Orientale e l’entrata in scena dei bombardieri strategici basati in Crimea i franco-russi mettono in campo un centinaio di aerei da combattimento. Forze che comunque non saranno risolutive senza un impegno terrestre che potrebbe anche configurarsi tra non molto tempo. I russi hanno già unità di forze speciali, artiglieria e carri armati al fianco delle forze di Damasco e i francesi certo non potranno combattere “senza pietà” lo Stato Islamico senza schierare truppe sul terreno.

La nuova alleanza è stata cementata in Russia dall’enfasi mediatica con le preghiere per le vittime francesi degli attacchi terroristici nelle città russe, fino al dono alla polizia francese del cucciolo Dobrinya, ideale rimpiazzo del cane poliziotto Diesel rimasto ucciso nel blitz contro i terroristi.

Sul piano politico l’intesa tra Mosca e Parigi spezza il già debole consenso riscosso dalle sanzioni a Mosca “imposte” agli alleati europei dagli anglo-americani. L’asse Putin-Hollande forse sancisce simbolicamente la fine dell’era in cui gli interessi europei e statunitensi erano accomunati e apre a un nuovo periodo in cui questa convergenza, sui temi economici come su quelli dell’energia e della sicurezza, si riscontra invece tra europei e russi.

La volontà britannica, espressa dal premier David Cameron, di rafforzare le operazioni contro il Califfato punta forse a far sentire meno sola la Francia a Occidente, ma per Parigi l’intesa con la Russia rappresenta l’unica possibilità di combattere davvero il Califfato. Obiettivo che potrebbe mutare radicalmente la collocazione strategica della Francia nei confronti dell’Europa, della Nato e del mondo arabo. Certo con Mosca restano differenze considerevoli soprattutto sul futuro della Siria, ma se Hollande vuole combattere il Califfo dovrà accettare di dialogare con Damasco pur se con molte incognite.

La crisi aperta con l’abbattimento del bombardiere russo da parte di un Paese della Nato come potrà conciliarsi con l’asse Mosca-Parigi? Ankara non ha esitato a celare la sua aggressiva iniziativa sulla Siria chiedendo ancor una volta aiuto alla Nato (che per inciso continua a considerare Mosca il suo nemico principale) per contrastare le violazioni del suo spazio aereo da parte degli aerei russi. Altro grande interrogativo riguarda la reazione delle monarchie del Golfo di cui Parigi è gendarme: ha una base aerea e navale ad Abu Dhabi ed è un grande fornitore di armi a sauditi, Qatar ed Emirati arabi uniti. Paesi che investono decine di miliardi nell’economia francese condizionandone spesso la politica e soprattutto Paesi che non hanno mai combattuto davvero lo Stato Islamico che invece finanziano tramite organizzazioni private perché combatta gli odiati sciti.

Una Francia schierata con i russi contro il Califfo farebbe in ogni caso il gioco dell’asse scita Teheran-Damasco-Baghdad determinando reazioni non certo gioiose a Riad e negli emirati del Golfo.