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Il senso della solennità

L’Assunta, l’annuncio di come sarà in Paradiso

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Celebrando l’Assunzione di Maria, viene spontaneo immaginarsi il Paradiso. Ma esso è del tutto diverso dalle realtà a cui siamo abituati, perché lì c’è Dio e la gioia senza fine. Eppure, c’è chi su questa terra lo può già pregustare. Da uno scritto di S. Massimiliano Kolbe.

Ecclesia 15_08_2023

Riportiamo di seguito uno scritto di san Massimiliano Maria Kolbe (1894-1941), pubblicato una prima volta nel 1924 sulla rivista Rycerz Niepokalanej [(Il Cavaliere dell’Immacolata) SK 1065 "Come sarà in Paradiso", Rycerz Niepokalanej, VIII 1924, p. 146-148 VIII 1931, p. 226-227].

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Il giorno 15 di questo mese la santa Chiesa, festeggiando l’Assunzione della Santissima Vergine Maria, canta con esultanza: «Maria è assunta in cielo, si rallegrano gli angeli, lodano e benedicono il Signore». Spontaneamente in tal giorno noi ci sforziamo di riprodurre nella nostra immaginazione il Paradiso tanto atteso; tuttavia, malgrado ogni nostro sforzo, non siamo ancora soddisfatti. Noi ci diciamo che lassù dovrà essere, in certo modo, diverso da come ci raccontano o da quel che leggiamo nei libri. E giustamente; in realtà in Paradiso le cose non saranno diverse solo “in un certo modo”, ma, si può affermare, in modo del tutto diverso da quello che noi possiamo immaginare. E perché?

Perché noi traiamo tutti i nostri concetti dalle cose che ci circondano, dalle realtà materiali che vediamo qui su questa nostra terra oppure in mezzo agli spazi del firmamento, e solo partendo da tutto ciò noi ci formiamo, mediante i concetti di somiglianza e di causalità, qualche idea a proposito del Paradiso. Si tratta, comunque, di un’idea molto e molto imprecisa. Tutto ciò che ci circonda, fossero anche le cose più belle e più attraenti, è però sempre e da ogni punto di vista limitato. Non esiste qui una bellezza infinita né immutabile. Tutto ciò che vediamo, sentiamo o proviamo non soddisfa appieno i nostri desideri. Noi vogliamo di più, ma questo “di più” non c’è. Vogliamo che duri più a lungo, ma qui inesorabilmente e sempre sopraggiunge la fine. In Paradiso sarà tutto il contrario.

Lì c’è il Bene, la Bellezza infinita: Dio e la felicità senza fine. La differenza, quindi, è assolutamente infinita. Nella sacra Scrittura e nelle opere dei Padri della Chiesa troviamo molte similitudini tratte dalle nostre conoscenze terrene. Così, ad esempio, san Giovanni paragona il Paradiso ad una città felice e scrive: «La città non ha bisogno della luce del sole né della luce della luna, perché la gloria di Dio la illumina e la sua lampada è l’Agnello. Le nazioni cammineranno nella sua luce...» (Apocalisse 21, 23-24). Egli continua immaginando che essa sia costruita con i materiali più preziosi e più belli che si possano immaginare, con l’oro, quindi, e con le più diverse pietre preziose.

Sovente, poi, nelle prediche i sacerdoti si sforzano di abbozzare una raffigurazione del Paradiso. Raccogliamo ciò che di più bello e di più buono vi è attorno a noi per comporre con esso il quadro, ma tutto questo è solamente un’immagine lontana, molto lontana, poiché si tratta di somiglianze infinitamente diverse. In modo ancora migliore descrisse il Paradiso colui che, già in questa vita, fu rapito fino ad esso per breve tempo, cioè san Paolo, il quale afferma: «Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano» (1 Cor 2, 9). È una descrizione ancor più vicina alla verità, poiché mostra l’infinita differenza che passa tra le idee che noi abbiamo circa il Paradiso e la realtà.

Ad ogni modo, possono farsi un’idea di come sarà in Paradiso coloro che già su questa terra hanno avuto la possibilità di pregustare un piccolo anticipo di Paradiso. E ognuno lo può sperimentare. È sufficiente accostarsi alla confessione con sincerità, con diligenza, con un profondo dolore dei peccati e con il fermo proposito di emendarsi. Si sentirà subito una pace e una felicità in confronto alle quali tutti i piaceri fugaci, ma disonesti del mondo sono piuttosto un odioso tormento. Ognuno cerchi di accostarsi a ricevere Gesù nel Santissimo Sacramento con una buona preparazione; non permetta mai alla propria anima di rimanere nel peccato, ma la purifichi immediatamente; compia bene tutti i propri doveri; elevi umili e frequenti preghiere verso il trono di Dio, soprattutto per le mani della Vergine Immacolata; abbracci con cuore caritatevole anche gli altri confratelli, sopportando per amor di Dio sofferenze e difficoltà; faccia del bene a tutti, compresi i propri nemici, unicamente per amore di Dio e non per essere lodato né tanto meno ringraziato dagli uomini, allora si renderà conto di ciò che vuol dire pregustare il Paradiso e potrà trovare la pace e la felicità perfino nella povertà, nella sofferenza, nel disonore, nella malattia.

Questo pregustamento di Paradiso è altresì un sicuro annuncio della beatitudine eterna. In realtà, non è facile dominare sé stessi nel modo descritto sopra, allo scopo di conquistare questa felicità, ma ricordiamo che chi lo chiede con umiltà e perseveranza all’Immacolata, l’otterrà sicuramente, poiché Ella non è capace di rifiutare alcunché a noi, né il Signore Iddio è capace di rifiutare nulla a Lei. Ad ogni modo, tra breve sapremo con esattezza come sarà in Paradiso. Sicuramente fra cent’anni nessuno di noi camminerà più su questa terra. Ma che cosa sono cento anni di fronte a ciò che abbiamo passato?... E poi, chi aspetterà ancora tanti anni?... Fra poco, dunque, purché ci si prepari bene, sotto la protezione dell’Immacolata.