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I PERICOLI DEL PROTOCOLLO

Lo Stato in sagrestia e la Cei esulta: avremo le Messe, ma non la libertà

Neanche nell'Ottocento lo Stato pretese di regolare la Comunione. Il protocollo siglato da Governo e Cei è una pesante intromissione dello Stato nella vita della Chiesa, la cui libertà è ancora minacciata: con i guanti obbligatori costringe i preti a commettere profanazioni e discriminazioni nell'amministrare i sacramenti e consegna implicitamente alle forze dell'ordine l'autorizzazione per controllare il rispetto delle regole. Unica nota positiva: la Comunione in bocca non è vietata e tante storture post conciliari, come l'abusato scambio della pace, verranno sospese.
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Ecclesia 08_05_2020

Forse non ci si rende abbastanza conto che i tripudi di chi sui social sta esultando perché “finalmente si torna a Messa” sono soltanto l’altra faccia di una medaglia che nasconde un risvolto pessimo. (LEGGI QUI LE MODALITA' DI INGRESSO E PARTECIPAZIONE)

Il 6 e il 7 maggio verranno ricordati come i giorni in cui lo Stato ha preso definitivamente possesso della Chiesa italiana, Chiesa che a sua volta gliel’ha concesso più che volentieri. Mercoledì con il primo voto parlamentare della storia italiana in cui un consesso di eletti ha votato le condizioni da imporre alla Chiesa per la celebrazione delle Messe, stracciando Concordato e Costituzione. E ieri con la sigla del protocollo tanto atteso, che evidentemente era già pronto, solo che si aspettava il via libera del Parlamento. Porta la firma del cardinale Gualtiero Bassetti, del ministro degli Interni Lamorgese e del premier Giuseppe Conte.

«Il Protocollo è frutto di una profonda collaborazione e sinergia fra il Governo, il Comitato Tecnico-Scientifico e la CEI, dove ciascuno ha fatto la propria parte con responsabilità», ha evidenziato il Cardinale Bassetti, «ribadendo l’impegno della Chiesa a contribuire al superamento della crisi in atto». Fin qui il comunicato della Cei che canta vittoria. Eppure, c’è poco da cantar vittoria.

Macché Andreotti e De Gasperi, Cavour e Giolitti si rivolterebbero nella tomba pensando che oggi abbiamo uno Stato che dopo essersi preso il potere temporale ha messo becco pesantemente in quello spirituale.

Certo, sarà bello tornare a Messa, ma senza mai dimenticare che se questo è stato possibile lo sarà non perché un tiranno è stato finalmente rovesciato, ma perché un governo democratico ce lo ha magnanimamente concesso e un comitato tecnoscientifico di sconosciuti nominati ci avrà gentilmente autorizzato. Bisogna andare a Diocleziano probabilmente per trovare una concessione dello Stato per celebrare Messa.

Neanche lo Stato italiano appena nato negli anni '60 dell'Ottocento, in aperto e dichiarato conflitto con la Chiesa, si era mai azzardato a metter becco in tali questioni. Sequestrava proprietà e palazzi, irrideva il papa e i vescovi, ma non diceva come distribuire la comunione.

L’idea di un governo che mette il naso in sagrestia e si permette di sindacare su come i vasi sacri vadano igienizzati, dimenticando che andrebbero semmai purificati, è mostruosa del diritto canonico ed ecclesiale, in una parola: del diritto di Dio ad essere adorato anche nell’uso che si fa delle suppellettili sacre. Eppure, accadrà così.

Infatti ci si raccomanda di infilare i guanti per distribuire la comunione, ma poi non è spiegato come i guanti andranno smaltiti. Nell’indifferenziato? E che cosa ne facciamo dei frammenti di particola, che è Corpo di Cristo? Li gettiamo nel cestino? Questo non è stato considerato perché lo Stato e la Chiesa di Stato rappresentata oggi dalla Cei e dal suo presidente Gualtiero Bassetti non lo hanno esaminato. O i preti dovranno fare la purificazione dei guanti? Ma in fondo, dello Stato lo sappiamo, ma questi vescovi, ci crederanno mai?

Lo stesso per i guanti che al punto 3.9 devono essere usati per le unzioni degli infermi. Verranno gettati nel cestino.

Ovviamente sono questioni solo apparentemente di lana caprina, ma profanazioni, perché l’abisso tra una Chiesa che vuole servire il suo Signore e una Chiesa che invece deve obbedire a Cesare sta tutto nella differenza tra igienizzazione e purificazione: la prima è per proteggere l’uomo, la seconda è per non buttare via Dio.

Alla distrazione sulla purificazione non corrisponde la distrazione sulle offerte. L’impossibilità di passare con il cestino è ben superata dall’attenzione a mettere il cestino a fondo Chiesa, non sia mai che si perda qualche euro, dopo aver disperso il corpo di Cristo.

Uscito dalla sagrestia, il naso del Governo entra nel vivo della celebrazione. Un solo cantore, nessun corista. Arriveremo che ci diranno se l’organista deve fare necessariamente Symolum 77 oppure si può spingere anche su Bach? E che dire dei consigli da Stato etico? Si consiglia la celebrazione in streaming delle Messe, ma se proprio non potete farne a meno, queste sono le regole. 

Eppure, dal punto di vista igienico, sembra di scorgere nelle misure del protocollo, accortezze ben più stringenti di quelle che sono state imposte in questi due mesi nei supermercati dove non esistono particolari precauzioni per accedere al banco del pesce. Ma comunque, un conto è prendere con i guanti un mazzo di rapanelli, altro il Corpo di Cristo. Questo significa che buona parte di queste misure, quelle almeno non sacrileghe, potevano essere messe in campo per la fase del lockdown, garantendo così la libertà religiosa e evitando che lo Stato mettesse così pesantemente le mani nella vita della Chiesa.

Invece la libertà della Chiesa è ancora minacciata, se non altro perché il protocollo non dice nulla sul controllo. Se concessione è, questa deve essere regolamentata da un comportamento dei preti e i preti, dunque, saranno da controllare. Avremo ancora i carabinieri in chiesa a verificare che i guanti siano correttamente indossati e ciascuno stia al suo posto al banco? 

Certo, se si volesse dare una lettura strictu sensu al protocollo, verrebbe quasi da dire che tante storture post conciliari se ne vanno in soffitta: le chitarre ad esempio non sono ammesse e lo scambio della pace è sospeso. In quanto alla comunione, il punto 3.4 del dispositivo dice come il sacerdote la deve distribuire (“senza venire a contatto con le mani dei fedeli”), ma non come il fedele deve ricevere l’Ostia. Questo significa due cose: o il prete la deve lasciar cadere “a piombo” sulla mano o che il fedele si può comunicare in bocca. Non c’è spazio per interpretazioni e dato che la modalità di ricezione in bocca è la modalità della Chiesa (quella in mano è soltanto una deroga successiva), mai abolita e recentemente ribadita e caldeggiata dal prefetto del Culto divino, il fedele può riceverla in bocca e nessuno, né il prete, né il vescovo e nemmeno la Lamorgese possono mettervi becco.

E’ l’unico punto fermo di un documento che, decidendo che i Battesimi e i Matrimoni si possono fare, ma non le Confermazioni e le Prime Comunioni, per la prima volta fa delle terribili discriminazioni tra i Sacramenti. C’è poco da cantar vittoria.