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CASO PATERNò

«Morì di vaccino»: sentenza e condanna a morte di Stato

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Il tribunale di Catania ha archiviato le accuse contro Astrazeneca e i sanitari che iniettarono il vaccino al marinaio Stefano Paternò, morto 12 ore dopo l'inoculo. Nessun colpevole, ma la sentenza, pur vergognosa, conferma che la morte avvenne per colpa del vaccino. 

Attualità 23_10_2023

Con l’archiviazione del gip del tribunale di Siracusa avvenuta nei giorni scorsi nei confronti dell’ad di Astrazeneca e dei sanitari che somministrarono il vaccino al marinaio Stefano Paternò, si conclude uno dei casi più eclatanti finora approdati davanti a un tribunale italiano per morti da vaccino. La vicenda fece scalpore: Paternò, che aveva 43 anni ed era militare di Marina, morì l’8 marzo 2021, appena 12 ore dopo la somministrazione del vaccino Astrazeneca per sindrome da distress respiratorio acuto.

Nel corso delle indagini venne appurato dalla stessa Procura che l’uomo aveva avuto il covid in forma asintomatica ed era pertanto un guarito. Ma la Procura riuscì ad accertare che la morte di Paternò avvenne proprio in conseguenza del vaccino tanto che la stessa pm scrisse che la sua morte a causa dell’inoculo si poteva sostenere con «ragionevole certezza».

Ma tutto questo non è stato sufficiente per arrivare alla condanna di un responsabile, tanto che poi è stato lo stesso pm a chiedere l’archiviazione del caso.

E questo era ampiamente previsto. Non lo poteva essere la casa produttrice, che pure ha potuto dimostrare di aver ottenuto una salvaguardia, da contratto, sulla quale lo Stato italiano si è assunta ogni tipo di responsabilità in capo al produttore e non lo possono essere i sanitari perché blindati da uno scudo penale che rappresenta una cornice invalicabile per la ricerca delle responsabilità. Quindi non può averla nemmeno lo Stato, che scaricando la responsabilità sui poveri cittadini, di fatto ha lasciato a loro l’onere della prova, la vita sul campo e il peso di doverlo dimostrare.

Ne consegue, volendo tirare le somme, che i danneggiati da vaccino che sono morti a causa dell’iniezione, firmando la liberatoria all’inoculo, estorta attraverso la perversa minaccia della perdita del lavoro e della vita sociale, è stata di fatto la loro condanna a morte.

Si tratta da un lato di una lettura vergognosa degli eventi perché con questa decisione si afferma sostanzialmente che il fatto è avvenuto, cioè la morte da vaccino, ma nessuno ne è responsabile. In questa fatalità strisciante sta tutta la sconfitta di una giustizia che ancora non vuole rischiare di andare a cozzare contro lo scoglio della violazione dei principi costituzionali, messa al riparo grazie allo stesso “diktat” del presidente Mattarella, il quale, nell’istituire la commissione bicamerale covid, aveva escluso proprio le indagini sulla correttezza costituzionale della vaccinazione di massa imposta dal raggio d’azione dell’indagine.

Ma se da un lato offende il dolore delle vittime, che si sono fidate di uno Stato che poi ha detto loro “arrangiatevi”, pagando lo scotto più alto, dall’altro ci indica che una verità c’è.

Di vaccino si muore e questo è scritto nero su bianco nel dispositivo del giudice. Quella che è stata per tempo la verità indicibile e il tabù di una campagna improntata alla violenza verbale e alla criminalizzazione dei dissidenti, appare ora, con il bollo di un tribunale italiano, una verità quasi candida, nella sua semplicità.

Di vaccino si muore e fortunatamente nel caso di Paternò questo si è potuto dimostrare, così, almeno - è una consolazione ma non un risarcimento - i suoi famigliari potranno almeno sperare nell’avvio di una pratica di indennizzo. Non restituirà il marinaio ai suoi cari, ma almeno potrà lenire seppur in modestissima misura, le sofferenze patite di veder partire dall’oggi al domani un papà di famiglia e marito che era sano come un pesce e che dal covid non avrebbe potuto temere nulla, dato che lo aveva già sconfitto senza saperlo.

Ma affermando questa verità, almeno si afferma un principio che da ora in avanti sarà sacrosanto. Conclusa la vicenda Paternò, restano sul campo migliaia di malori, invalidità e decessi collegati al vaccino sui quali ora non si potrà più fare finta di niente. Ora che un tribunale ha affermato che il vaccino uccide, potranno essere molti altri i tribunali che saranno costretti ad affermare questa semplice verità.

E nel conto delle cause che oggi sono pendenti in tribunale, potrebbe rappresentare uno tsunami perché di casi come quello di Paternò sono pieni gli studi legali. Non servirà magari a condannare nessuno, ma potrebbe mettere una parola definitiva sulla più vergognosa operazione di privazione della libertà e di inganno di massa che dai tempi della Seconda Guerra mondiale è stata fatta ai cittadini italiani.