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CRITICA AL PROGRESSISMO

Natura e storia, l’intuizione (a metà) di Galli della Loggia

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Ernesto Galli della Loggia sottolinea sul Corriere la necessità di recuperare le idee di natura e storia, che il progressismo vorrebbe cancellare. Una sottolineatura giusta, ma che va completata con il ritorno a uno sguardo metafisico.

Creato 05_09_2023

È certamente positivo e utile che Ernesto Galli della Loggia individui – come ha fatto nel suo editoriale sul Corriere della sera di domenica scorsa – la necessità di recuperare le idee di natura e di storia che il progressismo di oggi vuole invece caparbiamente annullare. In questo modo egli fa eco a tanti che da tempo segnalano lo stesso problema come uno dei principali e che però non godono della visibilità del Corriere. Leggendo l’editoriale si ha però l’impressione di un discorso bene avviato, egregiamente espresso, ma non condotto fino in fondo, pur nei limiti di un semplice fondo di quotidiano. In altre parole, viene da pensare che Galli della Loggia abbia colto il problema, ma non ne abbia approfondito tutta la portata.

La negazione della natura diventa automaticamente anche la negazione della storia. Se non esiste un mondo di essenze (per natura questo si intende) non può esistere nemmeno una storia, la quale o è storia di qualcosa/qualcuno o è solo tempo che passa. E a stabilire cosa sia quel qualcosa e quel qualcuno che ha una storia provvede appunto la natura, il “che cos’è” di quella cosa o di quel qualcuno. La storia ha una continuità e non è solo una successione di attimi perché c’è qualcosa/qualcuno che ha una storia e che quindi dà continuità a quegli attimi, che da irrelati diventano finalisticamente orientati e dotati di senso. Galli della Loggia non spiega in questo modo il nesso tra natura e storia. Ha il merito di ricordare che il progressismo è volto solo al futuro e quindi trascura il passato e la storia. Ma perché fa così? Perché rinnega la natura e nega la finalità ad essa legata. Il futuro viene depauperato della finalità e inteso come semplice novità, il progressismo è cronolatrico, proprio perché perde di vista che c’è qualcosa e qualcuno che diviene nella storia in vista di fini indicati dalla propria natura.

Così approfondita la questione, si comprende che la negazione della natura è iniziata molto e molto tempo fa. Illuminismo, liberalismo e socialismo ne sono stati grandi protagonisti. Galli della Loggia sostiene – in parte giustamente – che però questi filoni di pensiero proponevano all’uomo una felicità futura, mentre il progressismo di oggi non promette nulla se non un soggettivismo affidato al potere della scienza e alla tecnica. Questa di cui parla Galli della Loggia è la versione post-moderna del progressismo, che è però la maturazione coerente della versione moderna. Tra le due si può fare una distinzione di peso e di misura ma non una differenza sostanziale. Chi voglia riprendere il concetto di natura e di storia deve andare all’indietro fino ad oltre queste correnti per concentrarsi sul punto di inizio delle categorie moderne del pensare. Non si può desiderare il ripristino dell’idea di natura e continuare ad essere kantiani, tanto per fare un esempio tra i tanti. Nell’interessante articolo di Galli della Loggia mi sembra che manchi questa visione radicale del problema, non confinabile a ieri senza spingersi fino all’altro ieri.

E qui entra in gioco anche il concetto di “conservatorismo”. Galli della Logga sostiene – anche qui giustamente – che oggi i conservatori hanno la possibilità di recuperare il concetto di natura perché le persone si sentono private delle relazioni umane più semplici ed elementari, come la vita e la famiglia. Questo spiega – continua l’editorialista – perché il progressismo rimane un fenomeno elitario. L’esigenza espressa e la proposta fatta sono giuste, ma non possono venire realizzate se per conservatore si intende chi pensa di conservare il passato. Facciamo un esempio. Ipotizziamo di recuperare il concetto di natura vigente alle soglie della modernità, come quello, per esempio, del protestante olandese Ugo Grozio. Saremmo conservatori, certamente, ma non risolveremmo nulla, perché quel concetto di natura era già compromesso allora. Già Grozio, con la sua natura da seguire etsi Deus non daretur, poneva le basi della relativizzazione di quella nozione, aspetto resosi poi sempre più radicale fino ai giorni nostri. I conservatori dovrebbero andare più alla radice del problema, ma allora forse non dovrebbero più chiamarsi conservatori.

Andare più alla radice del problema – e qui tocchiamo un paio di punti che sono assenti dall’editoriale in parola – significa comprendere che per recuperare adeguatamente i concetti di natura e di storia, bisogna ritornare: 1) allo sguardo metafisico; 2) a vedere la natura in rapporto organico con la sopra-natura. Per questo, come dicevamo, Galli della Loggia forse non si è reso conto fino in fondo della valenza della problematica. Che l’uomo abbia una natura, vale a dire un’essenza che operativamente poi lo inclina a vivere in un certo modo, è frutto di uno sguardo metafisico, che la cultura occidentale ha rifiutato da molto tempo e non solo col progressismo di oggi, e di cui erano espressione egregia anche illuminismo, liberalismo e socialismo. Senza recuperare questo “sguardo”, natura e storia rimarranno dimenticate. E questo spiega un’altra cosa: il conservatorismo di oggi è prevalentemente politico e poco culturale, non ha forse nemmeno la vaga idea della posta in gioco.

Infine, il punto 2) elencato qui sopra. Si può parlare di natura solo se si ammette la sopra-natura. In caso contrario o la natura diventa essa stessa assoluta, il che sarebbe un grosso guaio, oppure la natura sparisce come il semplice livello di una “normalità” incapace di avere fondamento perché il fondamento viene sempre dal di sopra; e auto-fondarsi, per essa, è impossibile, perché nessuno si dà quello che non ha. Dato che oggi nemmeno la Chiesa crede più in questo, la proposta di Galli della Loggia, se condotta alle sue radicali ragioni, è piuttosto impegnativa. Non so quanto egli ne fosse consapevole.