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IL PERSONAGGIO

Padre Scalfi, il missionario "clandestino" che ci svelò la Russia

Padre Romano Scalfi sognava di diventare missionario in Russia. Non potrà mai realizzare il sogno, ma quando arriva a Milano, nell’ottobre 1957, fonda il Centro Studi Russia Cristiana, in anni in cui il nome “Russia” e tanto più la tradizione cristiana non potevano neanche essere nominate perché ufficialmente esisteva solo l’Unione Sovietica. Oggi padre Scalfi ha 92 anni: ecco la sua straordinaria avventura.

Ecclesia 16_04_2016
Padre Romano Scalfi

É la bellezza a salvare il mondo e ad aprire nuovi orizzonti per l’umanità. Ne è convinto Padre Romano Scalfi, nato il 12 ottobre 1923 a Tione, paese del Distretto della Val Giudicaria in Trentino, fondatore dell’Associazione milanese Russia Cristiana, secondo di cinque figli: Ezio, il maggiore, Pietro, Maria e Gino. Il padre è socialista e accompagna Cesare Battisti, irredentista, appassionato di marxismo nei comizi. La madre è invece una donna di profonda e semplice fede, che riuscirà a riportare alla Chiesa il marito. La morte di quest’ultimo nel 1940 lascia la famiglia in grandi ristrettezze. 

Di quel periodo Padre Romano ricorda un episodio che ha avuto un ruolo-chiave nella sua vita. «In quel tempo capitava spesso di non avere da mangiare. La mamma era sempre triste e nervosa e io non sapevo cosa fare per consolarla. Un giorno è passata da casa nostra una sua amica che ci ha rifornito la dispensa. L’umore della mamma è cambiato e io da quel momento ho avuto un’idea chiara, concreta della tenerezza di Dio, della sua Provvidenza. Poi sono successe tante cose. Mio fratello maggiore ha lasciato gli studi per mantenere la famiglia, mentre tutti noi d’estate facevamo i taglialegna per lo stesso motivo. Gli avvenimenti si susseguivano, ma avevo chiaro il mio obiettivo: diventare sacerdote, lavorare per Dio». 

Sì, padre Romano già a quattro anni ha sentito forte la vocazione, a 11 è entrato in seminario a Trento e nonostante al ginnasio venga rimproverato per insubordinazione, sarà sempre certo di voler diventare prete. È ordinato sacerdote nel 1948, sogna di diventare missionario in Russia dopo aver assistito a una Liturgia bizantina celebrata dai gesuiti del Russicum di Roma nel suo seminario. Dovrà però aspettare sino al 1951 per avere il permesso di andare a Roma per studiare la lingua russa e la teologia ortodossa. Termina gli studi nel 1954 e per tre anni resterà a Roma a collaborare alla rivista “Notiziario religioso russo”. Innamorato dell’unità fra i cristiani, basata sullo “scambievole amore”, dopo aver verificato l’impossibilità di svolgere il suo ministero in Unione Sovietica, si trasferisce a Milano, nell’ottobre 1957, dove fonda il Centro Studi Russia Cristiana, in anni in cui il nome “Russia” e tanto più la tradizione cristiana non potevano neanche essere nominate perché ufficialmente esisteva solo l’Unione Sovietica. 

In quel periodo sarà fondamentale l’incontro con il fondatore di Comunione e Liberazione don Luigi Giussani che lo invitò a parlare della Russia durante le riunioni settimanali nella sede milanese di Gioventù Studentesca. Giussani, che già ama la teologia ortodossa suggerisce a Scalfi l’idea fondamentale che la passione ecumenica per la Russia può fondarsi solo sull’unità della mia persona, della mia comunità in Cristo. E ancora, è quello il tempo in cui fa conoscenza con la signora Betty Ambiveri, di Seriate (Bergamo) che è fortemente interessata alla missione in Russia e nei Paesi comunisti, infatti, nel 1956 si era già occupata degli esuli ungheresi fuggiti dopo l’invasione. La Ambiveri metterà a disposizione la propri villa per le attività del Centro studi. 

«Arrivano per me anni di intenso lavoro in cui racconto gli orrori e i soprusi dei campi di lavoro, le persecuzioni ai danni dei cristiani, la profanazione dei luoghi di culto», spiega padre Scalfi. Pensiamo al monastero delle isole Solovky sul mar Bianco, oggi patrimonio dell’Unesco, centro di cultura fra i più preziosi di Russia, depredato nel 1923 dopo la Rivoluzione. Qui gli oppositori al regime sovietico venivano sottoposti a varie torture: stare con l’acqua gelata fino alla vita per estrarre la torba, almeno 12 metri cubi giornalieri a persona; dormire nelle tane gelate scavate a mani nude; essere freddati se si avvicinavano per un attimo al fuoco delle guardie per scaldarsi. 

«Dal 1960 comincio a fare i primi viaggi semiclandestini in Urss come “semplice turista”, vengo in contatto con la realtà sommersa della fede, incontro gente per la strada e nelle chiese; allora mi rendo conto che la propaganda e la violenza non hanno potuto scalzare fino in fondo la religione. E che bisogna aiutare questa Chiesa “del silenzio” a rinascere. Non ho mai vissuto in Russia, l’ho solo visitata regolarmente fino a che nel 1970, all’aeroporto di Mosca, un personaggio mi spiffera all’orecchio che: l’Urss è stanca di me. Da quel momento seguirò da lontano la vita dei credenti, mandando altre persone: studiosi, turisti, studenti, a stringere contatti e a scambiare informazioni». Così molti russi cominciano a sapere che in Occidente, ci sono dei cattolici che li sostengono e pregano per loro. Quando poi comincerà la serie delle emigrazioni politiche, nella sede di Seriate, Villa Ambiveri, darò ospitalità a diversi rifugiati russi in attesa del visto per emigrare negli Usa. Questo lavoro sott’acqua mi sembrava più incisivo rispetto a quello in superficie, più aggressivo e d’attacco». 

L’amore per la Russia cristiana comportava lo studio dei suoi tesori più preziosi: la Liturgia e l’icona. Così attorno a padre Scalfi nasce un coro di italiani che attraverso di lui si appassionano alla bellezza del canto liturgico bizantino slavo e lo seguono nelle celebrazioni che compie ovunque in Italia, per far conoscere un modo di pregare così diverso dal nostro e così profondo e totalizzante. In seguito nascerà anche una Scuola di iconografia con un atelier che formerà diverse generazioni di iconografi, le cui opere ormai sono presenti in diverse chiesa cattoliche. Il primo maestro di icone sarà padre Egon Sendler, un gesuita tedesco che vive a Meudon, presso Parigi; poi, dopo la caduta del comunismo, verranno maestri direttamente dalla Russia, tra cui anche il maggior iconografo vivente, padre Zenon Teodor. Quest’ultima attività ha permesso di instaurare rapporti di amicizia e reciproca stima con gli ortodossi.

«Dal 1993 ho voluto che l’ispirazione ecumenica di Russia Cristiana, fatta di amore e stima per l’ortodossia, si trasferisse in Russia per poter più concretamente aiutare la Chiesa a rialzarsi dalle rovine del comunismo. Su mio suggerimento è nata a Mosca la Biblioteca dello Spirito una libreria-bar-centro-culturale che fa da piattaforma per incontri tra cattolici e ortodossi in un clima di fiducia e sincerità». Attualmente questo luogo, va sottolineato, è uno dei centri culturali più rinomati e vivi della capitale. Gli ultimi viaggi impegnativi di padre Romano, finché ha potuto, sono stati proprio a Mosca e a Kiev, per incontrare varie personalità e anche gli ortodossi che collaborano alla Biblioteca. «Da quando ho compiuto gli 80 anni ho rallentato le conferenze e le liturgie in giro per l’Italia, ma non ho cessato l’attività, diventata più stanziale. Mi sono ritirato a Villa Ambiveri, ho scritto una storia della Chiesa cattolica per bambini in russo, e I testimoni dell’Agnello, una raccolta di vite di martiri associate a preghiere, per ogni giorno dell’anno. Inoltre continuo a tradurre e a dirigere con i miei collaboratori le varie attività del Centro, diventato ormai Fondazione Russia Cristiana». 

Ma soprattutto, padre Scafi è fedele alla celebrazione della Santa Messa (sono già più di 26 mila le Messe che ha celebrato) e alla paternità spirituale, infatti, riceve ogni giorno penitenti. Da quando compirà ad ottobre i 93 anni, pur continuando le sue attività fondamentali, si prepara ogni giorno al Grande Incontro, intanto però gode con vera gioia la bellezza delle semplici cose quotidiane, della natura: ha sempre vasi fioriti nella sua camera, ama il canto degli uccelli, va ogni giorno a dare il mangime ai pesci rossi nel parco della Villa, canta, non ha perso l’appetito. Quando non lavora, lo si trova sempre immerso nella preghiera, nella lettura del breviario, nelle letture spirituali. Segue appassionatamente la predicazione del Papa e tutti gli avvenimenti in campo ecclesiale. 

Con il passare degli anni, il suo stile si è fatto sempre più essenziale e limpido: le sue prediche non durano mai più di 8 minuti, ma sanno trasmettere uno sguardo “redento” sulla vita e le cose del mondo. Parla sempre di Cristo e dell’amore immenso che ha per noi, che precede ogni nostra richiesta. Per questo le sue messe domenicali sono seguite regolarmente da un centinaio di persone. Tra le preghiere che più ama e che consiglia ai penitenti, c’è la consacrazione di se stessi: «Nella memoria della purissima Vergine Maria, santissima e benedetta madre di Dio, gloriosa nostra Signora, assieme a tutti i santi affidiamo noi stessi, gli uni agli altri e tutta la nostra vita a Cristo Dio».