Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
L'ANGELUS

Papa Francesco, l'unico ormai che parla di pace

Come Benedetto XV, un secolo fa, predicò contro "l'inutile strage" della Grande Guerra, Papa Francesco fa appello perché la guerra in Ucraina si fermi. Prima che diventi la grande guerra del nostro secolo. Pur distinguendo l'aggressore dall'aggredito, si rivolge anche a Zelensky perché torni a dialogare. 

Ecclesia 03_10_2022
Papa Francesco

Quello di ieri è stato un Angelus destinato ad entrare nella storia. Papa Francesco lo ha dedicato interamente alla situazione in Ucraina a termine della settimana che ha visto la dichiarazione unilaterale di annessione di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia alla Federazione Russa e, al tempo stesso, la riconquista ucraina di Lyman. L’aggressore è in grossa difficoltà dal punto di vista diplomatico e militare, ma questo non avvicina la pace. Non a caso, soffiano forti i venti di guerra nucleare se un pezzo da novanta come il leader ceceno Ramzan Kadyrov è arrivato a chiedere a Putin di utilizzare «bombe tattiche a bassa intensità». Di fronte ad un simile scenario si è alzato ieri in piazza San Pietro l’appello del Pontefice che ha nominato esplicitamente i destinatari: Putin, Zelensky e la comunità internazionale. Il Papa ha supplicato, prima di tutto, il presidente della Federazione Russa di «fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte». 

Impossibile accusarlo di un discorso simpatizzante verso gli aggressori: Bergoglio ha condannato «le tante distruzioni, che hanno lasciato senza casa molte persone e famiglie e minacciano con il freddo e la fame vasti territori” aggiungendo che “certe azioni non possono mai essere giustificate, mai». Da parte sua non c’è alcuna negazione dei crimini commessi dal momento che ha definito «angosciante» il fatto che «il mondo stia imparando la geografia dell’Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altre località,  diventate luoghi di sofferenze e paure indescrivibili». Tuttavia, Francesco ha mostrato ancora una volta di dare la priorità assoluta al raggiungimento di una soluzione del conflitto in corso mediante un’azione diplomatica concreta. È per questo che si è rivolto anche a Zelensky indirizzandogli un «fiducioso appello» affinché possa dimostrarsi «aperto a serie proposte di pace» in nome dell’«immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita». Dunque, il Papa non è ambiguo sulle responsabilità della guerra in corso e ribadisce che quella ai danni di Kiev è un’«aggressione» ma chiede al Presidente ucraino di lavorare per la pace. Sono parole importanti perché arrivano all’indomani di una dichiarazione video in cui Zelensky, commentando i referendum nelle regioni di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia, aveva detto di rifiutare qualsiasi negoziazione con la Russia finché al Cremlino ci sarà Vladimir Putin. 

Già durante l’incontro con i gesuiti in Kazakistan, Francesco aveva avvertito che è un errore «pensare che questa è una guerra tra Russia e Ucraina e basta» quando invece «questa è una guerra mondiale». La settimana appena conclusa, con lo scambio di accuse sull’esplosione del North Stream e la richiesta ucraina di procedure accelerate per l’ingresso nella Nato, ha dimostrato quanto questo scenario possa diventare drammaticamente reale. Per questo nell’Angelus di ieri, il Papa si è rivolto anche a «tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni» chiedendo loro «con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo». Un appello che riflette la preoccupazione papale per lo scoppio di un conflitto nucleare e che va di pari passo, però, con la sua posizione univoca anche sui referendum di annessione giudicati illegali ed illegittimi da Usa ed Ue. «Deploro vivamente – ha detto il Pontefice – la grave situazione creatasi negli ultimi giorni con ulteriori azioni contrarie ai principi del diritto internazionale» chiedendo soluzioni fondate sul rispetto «della sovranità e dell'integrità territoriale di ogni Paese, come pure dei diritti delle minoranze e delle legittime preoccupazioni». 

La voce del Papa non è probabilmente in totale sintonia con quella dell’Occidente, ma proprio quest’aspetto l’avvicina alla voce di un suo predecessore: quel Benedetto XV rimasto nella storia per la lettera ai capi dei popoli belligeranti con cui nel 1917 implorava la cessazione della Grande Guerra definita «inutile strage». Anche in quel caso, l’appello papale arrivava dopo ripetuti tentativi diplomatici andati a vuoto. Francesco, così come il suo predecessore di oltre cento anni fa, mira ad una «pace stabile e dignitosa» che per essere tale non deve avere né vinti né vincitori. Forse proprio per questo i potenti della Terra accolsero con irritazione l’appello di Benedetto XV. Vedremo prossimamente come Putin, Zelensky e gli altri protagonisti della vita internazionale chiamati in ballo ieri accoglieranno le parole di pace di Francesco.