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NANISMO DIPLOMATICO

Politica estera europea, avanti in ordine sparso

La Francia si precipita a Cuba, per inaugurare nuovi rapporti commerciali. La Germania si palesa in Russia per trattare un accordo sulla crisi ucraina. E nessuno parla a nome dell'Ue. Nemmeno Federica Mogherini, che chiede un intervento dell'Onu nella crisi degli emigranti del Mediterraneo, ma lo fa senza un chiaro mandato di Bruxelles.

Esteri 13_05_2015
Interessi nazionali: Merkel, Putin e Hollande

François Hollande era ieri all’Avana, primo presidente francese a recarsi in visita ufficiale nell’isola in  tutta la sua storia, e secondo leader europeo a compiere tale gesto dopo Felipe Gonzalez, che vi si era recato nel 1986. Dall’Avana - dove ha reso visita non solo al presidente in carica Raul Castro ma anche a suo fratello Fidel, fondatore del regime – Hollande ha lanciato un appello retorico ma politicamente assai gradito alla fine dell’embargo commerciale imposto a Cuba dagli Stati Uniti. Al momento l’embargo permane, malgrado il disgelo delle relazioni tra gli Usa e l’isola, ma in effetti ciò accade perché entrambe le parti sono d’accordo sul fatto che debba venir meno in modo graduale. Il suo annullamento immediato avrebbe infatti conseguenze catastrofiche sull’economia cubana, da oltre mezzo secolo tagliata fuori dai normali circuiti  del commercio mondiale.

Obiettivo della visita: assicurare alla Francia - a prescindere dall’Unione Europea - un posto di prima fila nel processo di reinserimento di Cuba nell’economia internazionale, e possibilmente il primo posto tra i Paesi europei, anche davanti alla Spagna pur avvantaggiata dalla sua prossimità culturale e storica con l’isola, che per superficie e per popolazione è lo Stato più importante dei Caraibi. 

Per parte sua nel medesimo spirito il cancelliere tedesco Angela Merkel domenica scorsa 10 maggio si è recata a Mosca (che peraltro dista da Berlino meno di due ore di volo) a deporre insieme a Putin una corona di fiori sulla tomba del Milite Ignoto sovietico. Il giorno prima non era stata presente nella capitale russa, e come lei tutti gli altri leader occidentali, alla grande sfilata commemorativa della resa della Germania nazista al termine della Seconda guerra mondiale. Con tale iniziativa ha però abilmente compensato la sua assenza alla sfilata. Nel corso della conferenza stampa dei due leader al termine dei colloqui che hanno fatto seguito alla cerimonia, Angela Merkel dopo aver evocato le difficoltà del momento (l’annessione russa della Crimea, per dirne una) ha aggiunto che “tuttavia la storia ci insegna che dobbiamo fare tutto il possibile per risolvere i conflitti anche più gravi pacificamente e con il dialogo”. Parole sacrosante, ma anche in questo caso detto in nome e per conto del proprio Paese, senza alcun riferimento all’Unione Europea.

In quegli stessi giorni Federica Mogherini, Alto Rappresentante dell’Ue per la politica estera, prendeva la parola davanti al Consiglio di Sicurezza per sollecitare il coinvolgimento dell’Onu nell’affrontare il problema dell’afflusso via mare verso l’Unione Europea di migranti irregolari dall’emisfero Sud in fuga dalla miseria e dal guerra. Difficile immaginare una situazione più imbarazzante della sua: da un lato infatti non aveva alcun preciso mandato dall’Ue, che nei giorni precedenti non era riuscita a giungere a un accordo sulla questione, e dall’altro la Gran Bretagna e la Francia, i due Paesi dell’Unione che sono anche membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, non sembravano affatto schierati al suo fianco. Ha così dato l’impressione, come vari osservatori hanno rilevato, di voler cercare fuori dell’Ue quei consensi che non stava trovando al suo interno. Inoltre pur avendo molto opportunamente sottolineato che si tratta di flussi migratori a lunga distanza, Mogherini ha poi fatto a nostro avviso l’errore di non tirarne le conseguenze. Invece di sollecitare perciò un impegno internazionale a intervenire lungo tutto l’arco di tali itinerari, si è concentrata a chiedere interventi di contrasto sull’ultima tappa, quella del passaggio via mare a partire dalle coste libiche, che per il loro carattere militare avrebbero suscitato subito riserve, come infatti è accaduto. Non sembra dunque che Federica Mogherini abbia trovato alle Nazioni Unite quei consensi che sperava di ottenere per presentarsi  con qualche freccia in più nel suo arco al Consiglio Europeo, convocato a Bruxelles per il prossimo lunedì 18 maggio, ove tale problema sarà appunto all’ordine del giorno.

Al di là dei casi specifici, o piuttosto alla loro luce, ciò che soprattutto emerge è l’inadeguatezza dell’Unione Europea in quanto attore di politica internazionale. L’Unione è un gigante demografico (peraltro in declino), un gigante economico ma un nano politico. I tre episodi qui citati, con Francia e Germania che vanno uno di qua e uno di là anche con dei loro motivi ma al di fuori di qualsiasi disegno strategico complessivo, e con la mesta Federica Mogherini impegnata in missioni impossibili, ne sono una spiacevole ma evidente conferma. Le vie d’uscita da questa palude non sono tecniche ma nemmeno politiche. L’Europa non si salva se non ritrova la propria anima. E quelli che adesso la governano non sono di certo capaci di ritrovarla.