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EDITORIALE

Profughi siriani in Germania, la realtà nascosta

Giusta ammirazione per l'accoglienza mostrata da austriaci e tedeschi, ai siriani che erano da giorni bloccati in Ungheria.  Ma dietro le emozioni suscitate dalle immagini di questi giorni, stanno problemi che nessuno vuole affrontare, primo fra tutti come fermare questa "fabbrica di profughi" che è la guerra in Siria.

Editoriali 07_09_2015
Profughi Siria in Austria

È certamente una bella cosa vedere tanta gente, tanti volontari mobilitati in Germania e Austria per accogliere nel modo migliore i profughi siriani che erano stati per giorni bloccati in Ungheria. Ma devo ammettere che inni di Beethoven, applausi, cortei di auto per andarsi a prendere i profughi, commenti sul ritrovato spirito dell’Europa che vince contro i rigurgiti nazionalisti e xenofobi, mi lasciano anche qualche perplessità, soprattutto perché vengono accompagnati da una narrazione degli eventi che non corrisponde esattamente alla realtà. Ovvero: le buone Austria e soprattutto Germania hanno aperto le porte e i cuori a dei disperati maltrattati dalla cattiva Ungheria, e più in generale dai paesi dell’Est. E giù lodi sperticate ad Angela Merkel e al suo spirito umanitario capace di far cambiare strada alla politica europea, e giù altrettanti insulti e condanne per il presidente ungherese Viktor Orban.

Troppe cose stonano in tutto questo. Partiamo dall’Ungheria: il caos creatosi a Budapest, con blocco della stazione ferroviaria, contrariamente a quanto si è voluto raccontare non dipende dalla cattiva volontà del governo ungherese che, con Italia e Grecia, condivide l’onere di identificare gli immigrati in arrivo e valutarne la posizione. Peraltro nei primi 7 mesi del 2015 l’Ungheria ha accolto oltre 100mila immigrati, che su una popolazione globale di 10 milioni di persone, significa una percentuale molto più alta della maggior parte dei paesi europei che pure si sentono oggi in diritto di censurare Budapest.

Il caos dei giorni scorsi inoltre era provocato dalla combinazione tra la volontà dei migranti e il rispetto della Convenzione di Dublino che obbliga i paesi di prima accoglienza a esaminare le domande d’asilo. I profughi siriani infatti avevano ben chiaro che volevano andare in Germania e per questo rifiutavano di essere portati nei centri raccolta ungheresi per essere identificati. Essi sapevano infatti che questo sarebbe equivalso, nella migliore delle ipotesi, a restare in Ungheria. Chiedevano perciò di poter proseguire per la Germania senza essere identificati. Ma in base agli accordi europei il governo ungherese non poteva concederlo. E infatti solo la decisione di Germania e Austria di derogare alle regole europee ha sbloccato la situazione con l’apertura delle frontiere. I profughi l’hanno dunque avuta vinta e questo è senz’altro positivo per loro, ma anche per costringere la UE a rivedere questa assurda disposizione della Convenzione di Dublino.

Eppure anche riguardo ai profughi c’è qualcosa che non quadra completamente con la descrizione della “massa di disperati” che bussa alle nostre porte di ricchi insensibili. Guai a sottovalutare il dramma dei tanti siriani costretti a fuggire dalle proprie case a causa della guerra, e non si metta in discussione il diritto di desiderare un paese piuttosto che un altro. Ma l’assoluta determinazione nella pretesa di infrangere le regole europee fino ad averla vinta, fa nascere qualche domanda. Né si può tacere dello sconcerto che creano quelle immagini del treno di profughi bloccato in una stazione alle porte di Budapest, a cui polizia e volontari cercano di distribuire acqua e cibo. Invano, perché quelli li rifiutano e anche li buttano via. Si potrà anche dire che è una mossa estrema per forzare la via verso la Germania, ma resta il fatto che tali scene poco si conciliano con l’immagine di una folla di disperati bisognosi di tutto.

Infine la Germania, la “terra promessa”. Anche qui il mistero della comunicazione: come è possibile che nel giro di pochi giorni nella descrizione dei media il cancelliere tedesco passi da “vecchia strega” senza cuore, principale responsabile della crisi greca, capace perfino di far piangere una povera bambina immigrata, all’angelo Merkel, la protettrice di tutti gli immigrati, “madre Merkel” e via dicendo? È evidente che grazie ai media l’opinione pubblica è dominata dalle emozioni del momento. 

Nella fattispecie, la Merkel ha sicuramente dato prova di intelligenza politica assumendosi la responsabilità di derogare per motivi umanitari alle regole UE, ma ci si illude se si pensa che questo preluda a un radicale cambiamento di atteggiamento. Austria e Germania hanno già fatto sapere che la deroga alla Convenzione di Dublino è temporanea, il tempo di superare la crisi del fine settimana e si torna al vecchio regime, e anzi da Berlino è arrivato un forte richiamo a Italia, Grecia e Ungheria per velocizzare l’esame delle domande di asilo. Inoltre la Germania ha sì aperto le porte ai profughi siriani senza limite, ma nello stesso tempo ha sospeso l’esame delle domande di 75mila richiedenti asilo provenienti dai Balcani. Una sorta di scambio dunque. A cui vanno aggiunti altri calcoli del governo tedesco che però sarebbe ora lungo analizzare.

Resta il fatto che dietro le emozioni suscitate dalle immagini di questi giorni si nascondono considerazioni e problemi che nessuno sembra abbia voglia di affrontare direttamente. La più importante riguarda l’origine di questa ondata migratoria, ovvero la guerra in Siria e Iraq. È un po’ ipocrita commuoversi per i profughi dopo aver fatto nulla per fermare quella guerra, anzi dandogli un contributo decisivo. Ed è ipocrita ergersi a giudici morali se non ci si interroga seriamente su come farla finire. Anche perché i veri “disperati” sono quelli che sono ancora lì, che non hanno né soldi né mezzi per scappare, e che vivono ogni giorno sotto l’incubo delle bombe e delle bande di tagliagole. Mentre aiutiamo quanti sono riusciti a raggiungere l’Europa, pensiamo in fretta a come far cessare l’inferno per i loro connazionali meno fortunati.