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IL CASO NORCIA

Renzi e le statuine del presepe

La polemica del premier con gli abitanti di Norcia: è meglio toglierseli di mezzo mandandoli al mare dove è bene che restino fino a quando i pianificatori “illuminati” avranno rimesso tutto a posto a modo loro. Renzi tratta gli sfollati non persone con legami in loco, ma statuine da rimettere in scena solo dopo che il presepe è stato risistemato.

Editoriali 01_11_2016

Oltre a quello di quest’anno sull’Appennino umbro-laziale-marchigiano, negli ultimi quarant’anni si sono registrati nel nostro Paese cinque gravi sismi: rispettivamente in Friuli nel 1976, in Irpinia e alta Basilicata nel 1981, in Umbria e Marche nel 1997-98, all’Aquila e dintorni nel 2009, in Emilia e in adiacenti aree della Lombardia (Mantovano) e del Veneto (Polesine) nel 2012. 

Se l’esperienza fatta in tali circostanze fosse poi stata analizzata attentamente e con spirito costruttivo disporremmo oggi di un patrimonio di modelli amministrativi, di procedure, di schemi operativi grazie ai quali gestire al meglio sia la fase dell’emergenza che quella successiva della ricostruzione. I fatti stanno invece dimostrando ancora una volta che niente di tutto questo è avvenuto, e che quindi ogni volta si ricomincia daccapo. 

Il caso che più di tutti si può prendere a modello è quello del Friuli. Lo stesso Renzi l’ha citato ad esempio, salvo poi fare tutto il contrario. In Friuli si distinse con chiarezza la fase dell’emergenza, affidata a un commissario straordinario del governo, l’on. Giuseppe Zamberletti, dalla fase della ricostruzione. Questa fu in capo alla Regione, in forza sia delle estese competenze derivati dalla sua autonomia speciale e sia da deleghe del governo nazionale, nonché ai Comuni, i quali si mossero non sostituendo ma in primo luogo sostenendo l’iniziativa delle persone e delle famiglie. 

Tutt’altra è invece la strada che il governo Renzi ha imboccato con la nomina lo scorso 9 settembre di Vasco Errani a “Commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nei territori dei Comuni delle Regioni di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dall’evento sismico del 24 agosto 2016”. Da un lato non solo l’emergenza ma anche l’intero processo di ricostruzione viene messo nelle mani di un Commissario del governo. Dall’altro però questo Commissario non ha dei veri poteri commissariali, ovvero dei poteri speciali propri, ma è sulla carta è una specie di super-prefetto, mentre nei fatti corre il rischio di diventare una mosca cocchiera.

Nel decreto si stabilisce che provvede “al coordinamento delle amministrazioni statali, anche in raccordo con i Presidenti delle Regioni e i Sindaci interessati, nonché con l’Autorità Nazionale Anticorruzione, alla definizione dei piani, dei programmi di intervento, delle risorse necessarie e delle procedure amministrative finalizzati alla ricostruzione degli edifici pubblici e privati, nonché delle infrastrutture nei territori colpiti dal sisma”. Ci sono insomma tutte le premesse per il rapido sviluppo di un groviglio burocratico senza fine, e quindi per inefficienza e sprechi. Se poi si procede nella lettura del decreto si scopre che, oltre ad avere dei poteri vaghi e nient’affatto commissariali, il povero commissario straordinario non solo non governa ma neanche regna: “in conformità alle rispettive attribuzioni, il Commissario straordinario e il Capo del Dipartimento della protezione civile”, si legge nel decreto “ (…) assicurano il necessario raccordo tra i rispettivi ambiti di coordinamento”.  Il che significa che già con questo decreto il Capo della Protezione civile era in pratica un pari grado del Commissario.

Ieri un decreto del Consiglio dei Ministri ha completato l’opera assegnando al Capo della Protezione civile il ruolo di tramite tra governo, Commissario del governo e “poteri sparsi sul territorio”. Dunque la trasformazione di Vasco Errani in mosca cocchiera è ormai cosa fatta. Grazie inoltre a questo processo la Protezione civile, un organismo a dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio fatto per gestire situazioni di emergenza, finirà per prendere in mano anche la ricostruzione. Peraltro in piena armonia con la sua cultura politica Renzi e i suoi imboccano ancora una volta la strada del centralismo tecnocratico.

Non è dunque un caso che abbiano tentato la carta del trasferimento in massa dei terremotati negli alberghi in riva al mare. Per chi ragiona così i terremotati, ossia in diretti interessati alla ricostruzione, sono una complicazione, anzi un disturbo. E’ perciò meglio toglierseli di mezzo mandandoli al mare dove è bene che restino fino a quando i pianificatori “illuminati” avranno rimesso tutto a posto (a modo loro).  E’ anche interessante l’idea che sottostà a tale pretesa: è l’idea che gli abitanti del posto siano come delle specie di figurine del presepe. Non persone con autentici legami, interessi proprietà e lavoro in loco, ma delle statuine da rimettere in scena solo dopo che il presepe è stato risistemato.

Adesso, ad esempio a Norcia, di fronte alla rivolta degli abitanti il governo fa il grande gesto di far rimontare delle tende. Sono però delle tende-dormitorio da 35-40 posti, che possono andar ben per un reparto militare o militarizzato ma non per delle famiglie. E’ un modo…renziano per fingere di dare retta alla gente creando nel medesimo tempo condizioni di invivibilità tali da costringere quanti più possibile a rassegnarsi all’esodo. Se lo si volesse, non sarebbe difficile dare in breve tempo una roulotte o una “casa mobile” a ogni famiglia che ne ha bisogno così da consentirle di restare il più vicino possibile alla casa crollata o danneggiata, alla sua azienda agricola, al luogo di lavoro in genere.

I tempi lunghi che il governo prospetta al riguardo sono commisurati alle potenzialità dell’industria italiana del settore. Se invece si allargasse la ricerca all’intero mercato dell’Unione Europea, 28 Paesi e 508 milioni di abitanti, non si faticherebbe affatto a reperire in fretta tutte le roulottes e le case mobili che occorrono.