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San Francesco al Fopponino, la chiesa del Concilio

Il Fopponino di Porta Vercellina era uno dei cinque cimiteri di Milano costruiti extra moenia. Nel 1961 Gio Ponti costruì una chiesa intitolata a  San Francesco d’Assisi nell’ambito del programma Ventidue chiese per ventidue Concili, un piano di edificazione di nuovi edifici religiosi che avrebbe interessato il territorio di Milano, voluto dall’allora arcivescovo Montini, poi divenuto beato Papa Paolo VI.

Cultura 22_07_2017

Il Fopponino di Porta Vercellina era uno dei cinque cimiteri di Milano costruiti extra moenia, ovvero fuori dalla cerchia delle mura spagnole della città,  durante la celeberrima e funesta peste di San Carlo. Sull’area un tempo occupata dalle foppe - le fosse in dialetto milanese- essendo stato soppresso il cimitero dalla nuova amministrazione unitaria italiana nel 1895, Gio Ponti costruì, a partire dal 1961, una chiesa intitolata a  San Francesco d’Assisi al Fopponino, dedicazione, quest’ultima, scelta per  mantenere viva la memoria del luogo.

Un precedente progetto, poi mai realizzato, era stato commissionato all’architetto Muzio. Ponti fu coinvolto successivamente, nell’ambito del programma Ventidue chiese per ventidue Concili, un piano di edificazione di nuovi edifici religiosi che avrebbe interessato il territorio di Milano, voluto dall’allora arcivescovo Montini, poi divenuto beato Papa Paolo VI, per due principali motivi: l’esigenza di dotare di nuove parrocchie la città cresciuta esponenzialmente a livello demografico  e, contemporaneamente, celebrare l’apertura del concilio ecumenico Vaticano II, il ventiduesimo della storia della Chiesa.

La prima pietra fu posta solennemente il 4 maggio 1961. L’allora sindaco di Assisi, presente alla cerimonia, portò in dono una pietra del monte Subasio per farla interrare nelle erigende fondamenta a significare lo stretto legame tra il tempio milanese e la città di San Francesco.

E francescano fu, in effetti, lo stile adottato da Ponti per le linee della sua architettura sacra, essenziale nelle forme e con una struttura decisamente slanciata verso l’alto.

La facciata è l’elemento più caratterizzante, una sorta di quinta teatrale che congiunge il corpo della chiesa con gli edifici adiacenti di uso parrocchiale. Il prospetto è mosso da otto fenditure, attraverso le quali s’intravvede il cielo, cui Ponti conferì la prediletta forma di diamante allungato verticalmente, utilizzata anche per i tre portali d’ingresso. Se le prime rimandano alle facciate a vento della tradizione romanica lombarda, i secondi si presentano come protiri moderni, sormontati, ciascuno, da un proprio timpano.

Lo spazio sacro si raggiunge salendo una scalinata dall’insolita balaustra inclinata all’infuori e si configura con una planimetria esagonale asimmetrica. La navata centrale è separata dalle due laterali da pilastri in cemento armato che si congiungono con le travi del tetto a capanna.

Nel 1975 Francesco Tabusso realizzò per il Fopponino la più grande pala d’altare del XX secolo. La tela è come la pagina di un libro aperto che raffigura la natura, senz’altro dominante. Un ruscello attraversa un bellissimo bosco nel quale, però, elementi vivificanti risultano essere le figure di Francesco e Santa Chiara. Otto trittici, lungo le pareti, traducono in immagini la Preghiera semplice recitata attraverso episodi della vita del Santo.

Gio Ponti volle isolare, all’interno, l’altare maggiore in modo che i fedeli potessero disporsi tutt’intorno. La sobrietà dello spazio che avrebbe dovuto parlare solo attraverso la purezza delle forme, nel tempo fu alleggerita dall’aggiunta di opere d’arte tra le quali uno stesso pannello in fero battuto con una via Crucis, firmato proprio dal grande architetto.