Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Luigi Maria Grignion di Montfort a cura di Ermes Dovico
MISTERO PROFONDO

San Giuseppe, il padre che per tutta la vita ha detto Gesù

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Di san Giuseppe il Vangelo non ci trasmette nessuna parola, ma ci parla dei suoi sogni, delle sue decisioni e azioni, compreso quel «lo chiamò Gesù». Dire quel nome ha significato accogliere il Figlio di Dio, servendo la sua missione di salvezza.

Ecclesia 19_03_2024

Di san Giuseppe il Nuovo Testamento non ci dice molto. Solo i due Vangeli che riferiscono qualcosa dell’infanzia di Gesù, cioè quello di Matteo e quello di Luca, ci dicono qualcosa di lui, meglio ancora, ci lasciano intuire qualcosa di lui, come ad esempio che Giuseppe era originario di Betlemme, da dove si trasferì, senza però dirci per quale motivo, per andare ad abitare a Nazaret e lì si fidanzò con Maria. Quel poco della vita di Giuseppe di cui i Vangeli riferiscono abbraccia il periodo che va dal suo fidanzamento ai primi anni di vita di Gesù fino al suo ritrovamento tra i Dottori del Tempio di Gerusalemme, poi cala il silenzio. San Matteo e San Luca ci parlano in maniera molto discreta dei suoi sogni, delle sue paure, delle sue azioni, delle sue decisioni, della sua fede. A pensarci bene non è poi così poco, come potrebbe sembrare.

Possibile però che di questo sant’uomo, a cui Dio Padre ha voluto affidare i suoi tesori più preziosi, cioè il suo Figlio unigenito e la Vergine Santissima, i Vangeli non riferiscano una sola parola uscita dalla sua bocca? Nulla lascia pensare che Giuseppe fosse muto, dunque di parole ne avrà ben dette, eppure nei Vangeli non ve n’è traccia. Possibile che le cose stiano proprio così? No, leggendo attentamente il Vangelo, in verità si trova una parola pronunciata da san Giuseppe, la più bella che ci sia. Andiamo a scoprirlo.

All’inizio del Vangelo di Matteo, Giuseppe ci viene subito presentato alle prese con la prima grande battaglia che si è trovato ad affrontare e che ha superato egregiamente. Di quale battaglia si tratta? Apparendo in sogno a Giuseppe che aveva deciso di ripudiare in segreto la sua promessa sposa, l’angelo del Signore rassicura Giuseppe con queste parole: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Quello che è chiesto a Giuseppe è un grande atto di fede, di fiducia in Dio: non deve temere perché quello che gli è chiesto di fare è un’opera di Dio. Deve prendere con sé senza timore il dono di Dio. Ma questo è proprio il cuore di ogni vocazione e vale non solo per Giuseppe ma anche per noi. Giuseppe però ha paura, non già perché dubita di Maria – gli faremmo un grande torto se pensassimo così – ma per un grande senso di piccolezza di fronte a un mistero così grande.

San Bernardo lo spiega benissimo: «La ragione per cui Giuseppe voleva lasciare Maria è la stessa per la quale Pietro voleva allontanare da sé il Signore dicendogli: "Allontanati da me, Signore, perché sono un uomo peccatore" (Lc 5,8); è anche la ragione per cui il centurione pregava Gesù di non andare a casa sua: "Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto" (Lc 7,6). Per questo, dunque, anche Giuseppe, reputandosi indegno peccatore, andava pensando di non poter condurre una vita comune con una donna di cui riconosceva con profondo timore la stupenda dignità e superiorità… anche Giuseppe ebbe spavento per la novità di una meraviglia così grande, per la profondità del mistero. Per questo decise di lasciare segretamente Maria».

A Giuseppe viene chiesto di entrare nel compimento della più grande opera di Dio, gli viene chiesto di prendere con sé Dio che si dona, che si lascia prendere nella nostra vita. Quell’invito a “prendere” con sé Maria e il bambino va dritto al cuore vergine di Giuseppe, così come quel medesimo invito risuonato una manciata di anni più tardi e continuamente attuale va dritto al cuore della Chiesa e di quanti ne sono figli: «Prendete e mangiate il mio Corpo, prendete e bevete il mio Sangue». Dopo Maria, da Giuseppe in poi, anche noi siamo invitati a non temere di prendere con noi, in noi, il Verbo di Dio totalmente donato per la Salvezza nostra e del mondo intero.

Giuseppe fece proprio così: «Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (Mt 1,24-25).

Eccoci al dunque! Giuseppe «lo chiamò Gesù». Certo, come discorso diretto non abbiamo nulla di san Giuseppe, però il Vangelo ci dice che egli chiamò Gesù il Figlio nato da Maria. Ecco quello che ha detto: con tutta la sua vita ha detto quel nome, per tutta la vita Giuseppe ha detto Gesù, ha custodito quel nome, proclamandolo silenziosamente e incessantemente.

Dire quel nome ha voluto dire accogliere Gesù con premurosa custodia, perché questo è Giuseppe, un padre che accoglie, che prende, che difende, che protegge. San Giuseppe ha preso con sé tutto il Verbo di Dio attraverso il silenzio del suo cuore, ha preso con sé Gesù attraverso il servizio di tutta la sua vita, di tutte le sue azioni, di tutto il suo lavoro di falegname, di tutti i suoi viaggi avanti e indietro, di tutti i sentimenti del suo cuore. San Giuseppe ha parlato, eccome se ha parlato, ha detto Gesù, ha accolto, con fede e amore, la grazia di lasciarsi prendere dall’amore ineffabile di Dio prendendo con sé il Figlio di Dio. Prendendo con sé Gesù, chiamando Gesù, Giuseppe è diventato un uomo rapito da Dio, totalmente afferrato dal dono di Dio, realmente donato a Dio che si dona.

* Sacerdote



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