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San Tommaso e l'omosessualità

Oggi, 28 gennaio il ddl Cirinnà inizia il suo iter di approvazione in Senato. Ed oggi  la Chiesa ricorda la figura di San Tommaso D’Aquino, Dottore della Chiesa. Che sarebbe senz'altro scandalizzato nel seguire il dibattito di questi giorni. Ecco infatti cosa scriveva il santo quasi 800 anni fa sulla "sodomia".

Famiglia 28_01_2016
San Tommaso d Aquino

Oggi, 28 gennaio il ddl Cirinnà inizia il suo iter di approvazione in Senato. Ed oggi  la Chiesa ricorda la figura di San Tommaso D’Aquino, Dottore della Chiesa. Che sarebbe senz'altro scandalizzato nel seguire il dibattito di questi giorni. Ecco infatti cosa scriveva il santo quasi 800 anni fa sulla "sodomia", quando il politicamente corretto non aveva ancora sostituito tale termine con quello più soft di “omosessualità” e quando a nessun cattolico sarebbe mai venuto in mente di discettare di diritti dei conviventi omosessuali.

Innanzitutto Tommaso considera la sodomia come un particolare peccato di lussuria. Quest’ultima viene da lui definita nella Summa come “l'uso irragionevole del piacere venereo” (II-II, q. 154, a. 1 c.). Il piacere sessuale deve essere ordinato all’interno del rapporto di coniugio verso i fini propri del rapporto sessuale, cioè la procreazione e l’amore. Non farlo o scavalcare la gerarchia di questi fini è un atto contro ragione e quindi malvagio.

La sodomia, dicevamo, è una particolare specie di lussuria, specie più grave di altri atti lussuriosi perché contro natura. Non solo è un atto irragionevole per i motivi prima indicati, ma “perché oltre ciò ripugna allo stesso ordine naturale e fisiologico dell'atto venereo proprio della specie umana: e questo si chiama peccato, o vizio contro natura”. Ad esempio, avere un rapporto sessuale con la propria moglie solo per il piacere dell’atto in sé è un atto lussurioso, ma non è atto contro natura. Avere un rapporto omosessuale è invece un atto sia lussurioso che contro natura. Vediamo perché.

Gli atti di lussuria contro natura per Tommaso sono: alcune pratiche quali ad esempio il sesso anale con donna, la masturbazione, la bestialità ed infine la sodomia, perché tutte queste condotte contraddicono i fini naturali della copula prima citati (Ibidem, a. 11 c.). Questo avviene non solo per l’intenzione di chi li pone in essere – come il marito che ha un rapporto con la moglie solo per ricercare piacere – ma a motivo del fatto che in tutti questi casi la copula è addirittura assente. È la modalità stessa presente in questi atti che elimina in radice la possibilità di soddisfare il fine procreativo e unitivo, ben prima dunque dell’intenzione di chi li pone in essere. Sono condotte che di loro – al di là dell’intenzione della persona – contraddicono la natura dell’atto sessuale, cioè i fini insiti nell’atto medesimo.

Il Santo oggi, senza tema di smentita, sarebbe giudicato omofobo e messo sulla graticola anche solo per il fatto di aver accostato l’omosessualità al bestialismo, seppur egli spieghi che la prima è meno grave del secondo. Il Doctor Communis poi trae alcune conseguenze di ordine morale e teologico dal suo argomentare e per farlo cita il Sant’Agostino delle Confessioni (III): “Perciò nei peccati contro natura, nei quali si viola codesto ordine, si fa ingiuria a Dio stesso, ordinatore della natura. Scrive quindi S. Agostino: ‘I peccati contro natura quali quelli dei Sodomiti, son sempre degni di detestazione e di castigo: e anche se fossero commessi da tutte le genti, queste sarebbero ree di uno stesso crimine di fronte alla legge di Dio, la quale non ammette che gli uomini si trattino in quel modo. Così infatti viene violato il vincolo di familiarità che deve esistere tra noi e Dio, profanando con la perversità della libidine la natura di cui egli è l'autore”. Quindi l’omosessualità è un peccato verso se stessi e verso gli altri  – non si rispetta la propria e altrui dignità – e verso Dio. Da notare l’argomentazione di Sant’Agostino: anche qualora il vizio di sodomia fosse diffuso ciò non giustificherebbe, in merito al suo oggetto, un declassamento da peccato mortale a peccatuccio veniale.

Nel Commento del libro del profeta Isaia, Tommaso torna sul tema della sodomia: “Ciò che è incompatibile in modo assoluto con il fine è del tutto contro natura e non può mai essere una buona cosa come il peccato di sodomia” (c. 4, l. 1).

Tale passaggio ci aiuta a capire meglio il pensiero della Chiesa sull’omosessualità. La riflessione che Tommaso conduce sul peccato di sodomia si inserisce in una riflessione più ampia sul senso del peccato mortale e veniale. In ambito morale, il primo contraddice la natura umana, cioè quel fascio di inclinazioni che ci orientano verso alcuni beni: la vita, la salute, la libertà, la conoscenza, la proprietà, la socialità, la trascendenza, etc. E così l’omicidio contraddice in modo radicale l’inclinazione alla vita, il furto quella della proprietà e così via. I rapporti omosessuali contraddicono in modo pieno sia l’inclinazione naturale che spinge un maschio ad essere attratto da una donna e viceversa e poi l’orientamento naturale inscritto nel rapporto sessuale teso alla procreazione e al fine unitivo. L’oggetto di un’azione morale – cioè il che cosa si fa - diventa grave proprio quando è incompatibile in tutto e per tutto con la natura umana. È un po’ come andare contro mano in autostrada: la direzione presa è proprio sbagliata, perché opposta al corretto senso di marcia. Ecco perché il Catechismo della Chiesa cattolica – citando la Dichiarazione Persona humana della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede – afferma che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati», proprio perché contraddicono l’ordo naturale, cioè l’orientamento naturale della persona umana e dunque sono essenzialmente atti malvagi. E, appuntiamo a margine, in ciò che per sua intima struttura è malvagio non si può trovare nulla di buono, nessun seme di giustizia.

Chi commette un peccato veniale – sempre in merito al solo oggetto - invece procede nella direzione giusta indicata dalla natura umana, ma non perfettamente, deviando di poco rispetto alla meta indicata dalla natura stessa. Si rispettano i Dieci comandamenti ma – prendendo a prestito le parole sempre del Catechismo – “non si osserva la misura prescritta dalla legge morale”. È come colpire il bersaglio con una freccia, ma non proprio nel suo centro, un poco “fuori misura”. Nel peccato mortale invece si scaglia la freccia in direzione opposta al bersaglio.

E dunque dato che l’omosessualità contraddice sia l’attrazione naturale tra uomo e donna e sia, nelle sua condotte, le finalità procreative ed unitive del rapporto sessuale, non può che dirsi un atto contro natura.

Ne siamo consci. Questi son discorsi lontani mille miglia da quelli che stanno avvenendo in queste ore nel Parlamento, ma sarebbero discorsi che – pur con tutta la misericordia dovuta e il necessario adattamento lessicale - non dovrebbero essere estranei in casa cattolica.