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San Tommaso risponde così agli interrogativi che avete

“È peccato essere noiosi?”, “Amare il vino?”, “Se mi distraggo quando prego, Dio smette di ascoltarmi?”. Sono alcune domande alle quali lo psicologo statunitense Kevin Vost - volto noto del network cattolico EWTN e autore di libri divulgativi - prova a rispondere come farebbe il Dottore Angelico nel volume "Tommaso d’Aquino in pochi minuti. Risposte per chi ha fretta alle domande fondamentali".

Cultura 10_11_2020

“È peccato essere noiosi?”, “È peccato amare il vino?”, “Se mi distraggo quando prego, Dio smette di ascoltarmi?”. Sono queste alcune domande alle quali lo psicologo statunitense Kevin Vost - volto noto del coraggioso network cattolico radiotelevisivo EWTN ed autore di molti libri divulgativi - prova a rispondere sulle orme della filosofia del Dottore Angelico nel volume Tommaso d’Aquino in pochi minuti. Risposte per chi ha fretta alle domande fondamentali, pubblicato da D’Ettoris editori a cura del Prof. Maurizio Brunetti (2020, pp. 288).

Nel cuore dell’uomo alberga un desiderio mai sopito di felicità che spesso s’illude d’appagarsi con l’onore, la fama, il potere, il benessere dell’anima e del corpo. Eppure nessun bene creato riesce di fatto a soddisfarlo; «lo testimonia la lunga lista di celebrità ricche e famose e di superstar dello sport la cui vita è stata stroncata da un suicidio o da un omicidio». La felicità, è infatti, per l’Aquinate, la beatitudine, il compimento in Dio, Bene increato, di tutte le potenzialità insite nella natura umana. Qui sulla terra tale felicità è il premio delle azioni virtuose.

Di qui l’apostolo del senso comune invita da un lato a riconoscere il vero bene dell’anima, dall’altro a «non fare mai i guastafeste, perché essere dei tutto-lavoro-e-mai-svago ci rende uomini e donne noiosi e persino peccatori, anche se solo ‘veniali’». Infatti, bisogna essere «nella giusta misura, spiritosi e diffondere buon umore». Perciò, secondo il Dottore Angelico, «chi impedisce il divertimento altrui e non si mostra mai piacevole» commette peccato.

Relativamente al rapporto tra volontà e libero arbitrio, parafrasandone la distinzione tommasiana, Vost spiega che «la volontà è la capacità di desiderare ciò che è veramente buono. L’esperienza ci insegna che è alla nostra portata desiderare il vero bene, ma non sempre lo perseguiamo». Diverso è il ruolo del libero arbitrio, in quanto «la nostra libera scelta non riguarda il fine o l’obiettivo: vogliamo la felicità. Ciò che scegliamo è il mezzo per raggiungere tale scopo. È attraverso la nostra capacità di scegliere o non scegliere tra diversi mezzi che esercitiamo il libero arbitrio e diventiamo attivi, agenti non determinati, padroni delle nostre azioni e degni di lode o biasimo». Di qui l’esigenza di impegnarsi nella pratica della virtù, ricordando che, per dirla con la chiarezza dell’Aquinate, «abiti virtuosi decadono o si perdono per mancanza di esercizio».

Per quanto riguarda il nemico per eccellenza della felicità umana, il peccato, Vost ricorda innanzitutto che «peccando, dichiariamo di amare principalmente noi stessi prima di tutto il resto» e che quindi, come scrive Tommaso, «l’amore disordinato di sé è la causa di tutti i peccati». Pertanto i peccati spirituali son più gravi di quelli carnali, l’orgoglio pesa più della lussuria. Mentre, tra le cause interne di peccato, «la peggiore è la malizia o "cattiva volontà", che è una scelta razionale, fredda, calcolata e intenzionale del male, non annebbiata né dall’ignoranza né dal fuoco della passione».

Relativamente al consumo di alcolici, l’indicazione di Tommaso raccontata da Vost è «di non andare oltre le quantità che provocano una leggera euforia, quella compatibile con una allegria gaia e scherzosa. Il tempo appropriato, il contesto e la situazione devono sempre essere valutati secondo quanto dice la Scrittura: “Allegria del cuore e gioia dell’anima è il vino bevuto a tempo e a misura. Amarezza dell’anima è il vino bevuto in quantità, con eccitazione e per sfida” (Sir 31, 28-29). La sobrietà è una virtù a braccetto con la temperanza. Ma le virtù sono il giusto mezzo tra il troppo e il troppo poco». Allo stesso modo, rispetto al troppo poco, Tommaso preannuncia che “se uno coscientemente si privasse del vino al punto di compromettere gravemente la salute, non sarebbe immune da colpa». La ragione che sostiene tale posizione è molto semplice: «Tutto ciò che Dio ha fatto è buono».

Questo vale a maggior ragione per la grazia donata dal Creatore, la quale «sorpassa la potenza di qualsiasi natura creata, anche quella degli angeli», nella misura in cui è, per dirla col Dottore Angelico, «una partecipazione della natura divina, che trascende ogni altra natura». A tal proposito occorre ricordare anche che «ogni atto meritorio causa un aumento di grazia e che il fine ultimo della grazia è la vita eterna». E sulla regina di ogni virtù, la carità, Tommaso scrive che «appartiene all’amore del prossimo non solo volere il suo bene ma anche adoperarsi per lui». In effetti, commenta Vost, «la carità è una virtù dinamica che agisce, lavora e fa fare cose buone, tutto attraverso il nostro amore per Dio».

Nella seconda parte dell’opera, sempre in formula di domanda e risposta, si affronta il tema cruciale dell’esistenza di Dio e si ripercorrono le ‘vie’ della ragione per riconoscerla a partire dalle realtà create; si specificano gli attributi del Creatore e si scrutano umilmente anche i misteri divini più insondabili.

Alla domanda: “Dio può fare in modo che il passato non sia stato?”, Vost replica che la risposta sarebbe senza dubbio affermativa se si considera la sua onnipotenza, eppure «la risposta alla domanda di Tommaso è no, dal momento che nell’onnipotenza di Dio non rientra ciò che implica contraddizione. Ora, che le cose passate non siano avvenute implica contraddizione. Dio è in grado di fare tutto ciò che non è contraddittorio, cioè, le cose che si potrebbero fare. Dio è verità e non può fare che un avvenimento realmente accaduto non accada».

Per quanto concerne i sacramenti, Vost spiega parafrasando il Dottore Angelico che, mediante essi, opera la passione di Cristo. Perciò «sono necessari alla salvezza, perché la natura umana donataci da Dio richiede che la nostra mente sia condotta alle realtà di ordine spirituale per mezzo di realtà corporee e materiali». Di qui, relativamente alla presenza reale di Cristo nell’Eucarestia, Vost rileva un paradosso significativo che può insinuarsi talvolta anche nell’animo di alcuni credenti: «Non è bizzarro che alcuni cristiani, pur credendo Dio capace di aver creato dal nulla tutto ciò che vediamo, non gli riconoscano il potere di essere realmente presente nel sacramento dell’Eucaristia?».

Nei brevi ‘riquadri del bue muto’, nei quali l’autore risponde a diverse curiosità così come vi risponderebbe Tommaso, Vost si domanda se Dio smetta di ascoltarci quando ci distraiamo durante la preghiera. E sempre con l’Aquinate replica che «la distrazione involontaria non toglie il frutto della preghiera», anzi «Dio apprezza il fatto che cerchiamo di pregare, anche quando le nostre menti errabonde si smarriscono!».